La lunga strada dell’Italia verso la riduzione dell’inquinamento atmosferico al 2030
Enea: rispettando i target europei risparmieremmo 33 miliardi di euro e soprattutto la metà delle morti, rispetto al 2010
[12 Settembre 2022]
Nel briefing Health impacts of air pollution in Europe, l’Agenzia europea dell’ambiente (Eea) delinea un’Italia che ancora soffoca nell’inquinamento atmosferico, nonostante i progressi comunque conseguiti nel corso degli anni.
Nel solo 2019 si parla di 49.900 morti premature da Pm2.5; 10.640 da NO2 e 3.170 per O3. Guardando ai numeri assoluti, dopo la Germania siamo i peggiori in Europa per morti premature da PM.25 e O3, e i peggiori in assoluto per quelle da NO2.
Dati che, per rispettare i target europei al 2030 introiettati dall’attuale Programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico, dovranno ridursi drasticamente. Uno sforzo significativo, ma che sarà ripagato da miglioramenti – economici e soprattutto nella qualità di vita – ancora più ampi.
Uno studio appena pubblicato da Enea sulla rivista Atmosphere stima infatti amplissimi benefici in termini di salute (-50% di decessi rispetto al 2010) ed economici (33 miliardi di euro risparmiati rispetto allo stesso anno).
Lo studio ha valutato l’efficacia delle politiche e delle misure per la qualità dell’aria, introdotte dall’attuale Programma nazionale: entro il 2030 il nostro Paese potrà centrare gli obiettivi di riduzione delle emissioni stabiliti dall’Unione europea per biossido di zolfo (-80% contro un target Ue del 71%), ossidi di azoto (-70%, target Ue 65%), PM2.5 (-42%, target Ue 40%), Composti Organici Volatili Non Metanici (-50% target Ue 46%) e ammoniaca (-17% target Ue 16%).
«Per raggiungere questi obiettivi, il nostro Paese dovrà agire su più fronti, con un mix di interventi che comprendono la decarbonizzazione della produzione di energia, l’efficienza energetica nel residenziale, la diffusione della mobilità elettrica e l’adozione di nuove pratiche agricole per la riduzione delle emissioni di azoto», spiega Ilaria D’Elia, ricercatrice Enea e co-autrice dello studio.
Secondo l’analisi svolta dal team dell’Agenzia, al 2030 la riduzione delle emissioni di biossido di zolfo sarà trainata da alcuni comparti, in particolare quello marittimo (-89% rispetto ai valori del 2010) e della produzione di energia (-59%). È previsto un forte calo anche per le emissioni degli ossidi di azoto, soprattutto nel settore del trasporto su strada (-74%) e della generazione elettrica (-46%). Sul fronte del PM2.5, il settore che fornirà il maggiore contributo in termini di abbattimento delle emissioni di particolato ultrafine è il settore civile (-46%) che continuerà a mantenere il primato per tali emissioni al 2030. L’ammoniaca rimane l’inquinante con le riduzioni più basse (-9% rispetto ai valori del 2010), un risultato ottenuto soprattutto grazie al minore impiego di fertilizzanti a base di urea nel settore agricolo e delle emissioni zootecniche.
Sul fronte della salute pubblica, l’adozione di politiche e misure di qualità dell’aria, con interventi nei settori energetico, civile, agricolo e della mobilità, potrebbe portare ad una drastica riduzione della mortalità causata da patologie aggravate o sviluppate per effetto dell’inquinamento dell’aria. In particolare, il calo delle concentrazioni di biossido di azoto potrebbe portare a una riduzione della mortalità rispetto al 2010 del 93% (793 casi rispetto agli 11.769 stimati nel 2010), a seguire il PM2.5 con il 41% di decessi in meno (34.666 casi rispetto ai 58.867 del 2010) e l’ozono (O3) con il 36% di morti evitate (1.725 casi rispetto 2.692 del 2010).
«È interessante il dato per il PM2.5: secondo le nostre simulazioni, al 2030 i decessi dovrebbero scendere a 4,43 casi ogni 10 mila abitanti rispetto ai 7,25 del 2010 e la riduzione più significativa, a livello regionale, si verificherebbe soprattutto nella Pianura Padana e nelle aree urbane di Firenze, Roma e Napoli», conclude D’Elia.
Sul fronte economico, invece, come già accennato la studio Enea ha quantificato in circa 33 miliardi di euro il risparmio complessivo per l’Italia, pari al 2% del Pil 2010, anno di riferimento dello studio. A guidare la classifica è la Lombardia con 13,6 miliardi di euro risparmiati, a seguire Lazio (4,4 miliardi), Veneto (3,2 miliardi) ed Emilia-Romagna (2,9 miliardi).