L’aumento della resistenza agli antibiotici potrebbe essere collegato all’inquinamento atmosferico
I vantaggi del controllo dell'inquinamento atmosferico potrebbero essere duplici
[9 Agosto 2023]
Secondo lo studio “Association between particulate matter (PM)2·5 air pollution and clinical antibiotic resistance: a global analysis”, pubblicato su The Lancet Planetary Health da un team di ricercatori sino-britannico delle universoità di Zhejiang e di Cambridge «Ridurre i livelli di inquinamento atmosferico dannoso potrebbe aiutare a ridurre la resistenza agli antibiotici».
Si tratta della prima analisi globale approfondita dei possibili collegamenti tra inquinamento atmosferico e resistenza agli antibiotici e i risultati evidenziano che «Il controllo dell’inquinamento atmosferico potrebbe ridurre notevolmente i decessi e i costi economici derivanti da infezioni resistenti agli antibiotici».
Secondo i ricercatori cinesi e britannici, «L’analisi indica che l’aumento dell’inquinamento atmosferico è potenzialmente collegato a un rischio più elevato di resistenza agli antibiotici in tutte le regioni del mondo» e «La relazione tra i due si è rafforzata nel tempo, con aumenti dei livelli di inquinamento atmosferico che coincidono con maggiori aumenti della resistenza agli antibiotici negli anni più recenti».
Il team di scienziati ricorda che «Sebbene l’aria sia riconosciuta come un percorso diretto e un vettore chiave per la diffusione della resistenza agli antibiotici, esistono dati quantitativi limitati sui diversi percorsi con i quali geni resistenti agli antibiotici vengono trasportati attraverso l’inquinamento atmosferico. Alcuni potenziali percorsi includono ospedali, fattorie e impianti di trattamento delle acque reflue che emettono e diffondono particelle resistenti agli antibiotici attraverso l’aria e attraverso le distanze».
L’autore principale dello studio Hong Chen, del College of Environmental and Resource Sciences dell’università di Zhejiang, ha sottolineato che «La resistenza agli antibiotici e l’inquinamento atmosferico sono ciascuno a pieno titolo tra le maggiori minacce alla salute globale. Fino ad ora non avevamo un quadro chiaro dei possibili collegamenti tra i due, ma questo lavoro suggerisce che i vantaggi del controllo dell’inquinamento atmosferico potrebbero essere duplici: non solo ridurrà gli effetti dannosi della scarsa qualità dell’aria, ma potrebbe svolgere anche un ruolo importante nella lotta all’aumento e alla diffusione di batteri resistenti agli antibiotici
L’abuso e l’uso eccessivo di antibiotici sono i principali motori della resistenza agli antibiotici, ma le prove suggeriscono che anche l’inquinamento atmosferico contribuisce alla diffusione di batteri resistenti agli antibiotici e geni della resistenza. Tuttavia, fino ad ora, c’erano dati limitati su quanta influenza l’inquinamento atmosferico da PM2.5 – particelle 30 volte più piccole della larghezza di un capello umano – ha sulla resistenza agli antibiotici a livello globale. Le fonti di PM2.5 includono i processi industriali, il trasporto su strada e la combustione domestica di carbone e legna. Recenti scoperte indicano che nel mondo 7,3 miliardi di persone sono direttamente esposte a livelli medi annuali non sicuri di PM2,5 e l’80% che vive in Paesi a basso e medio reddito.
Per capire se il PM2.5 è un fattore chiave della resistenza globale agli antibiotici, gli autori dello studio hanno realizzato un vasto dataset utilizzando i dati per 116 Paesi che vanno dal 2000 al 2018 de spiegano che «In totale, sono stati inclusi nell’analisi i dati su oltre 11,5 milioni di test unici, coprendo 9 patogeni batterici e 43 tipi di antibiotici. I dati sull’uso di antibiotici, i servizi igienico-sanitari, l’economia, la spesa sanitaria, la popolazione, l’istruzione, il clima e l’inquinamento atmosferico sono stati utilizzati per studiare l’influenza di questi fattori sui livelli di resistenza agli antibiotici».
Le fonti dei dati includevano database dell’Organizzazione mondiale della sanità, dell’European environment agency e della Banca mondiale e i ricercatori ribadiscono che «I risultati indicano che la resistenza agli antibiotici aumenta insieme al PM2,5, con ogni aumento dell’1% dell’inquinamento atmosferico associato a un aumento della resistenza agli antibiotici compreso tra lo 0,5 e l’1,9%, a seconda dell’agente patogeno. L’associazione si è rafforzata nel tempo, con cambiamenti nei livelli di PM2,5 che hanno portato a maggiori aumenti della resistenza agli antibiotici negli anni più recenti».
I livelli più alti di resistenza agli antibiotici sono in Nord Africa, Medio Oriente e Asia meridionale, mentre i livelli in Europa e Nord America sono bassi. Data la loro popolazione che supera il miliardo, lo studio ritiene che «La Cina e l’India siano i Paesi in cui i cambiamenti nel PM2.5 hanno il maggiore impatto sul numero di morti premature dovute alla resistenza agli antibiotici».
Lo studio indica che «Nel 2018 la resistenza agli antibiotici derivante dall’inquinamento atmosferico era collegata a circa 480.000 morti premature. Questo ha comportato costi economici aggiuntivi per 395 miliardi di dollari». Inmoltre, «Il PM2,5 è uno dei fattori principali che guidano la resistenza agli antibiotici, rappresentando l’11% delle variazioni dei livelli medi di resistenza in tutto il mondo. In confronto, la spesa sanitaria rappresenta il 10% delle variazioni, mentre i servizi dell’acqua potabile rappresentano il 3%. Il Nord Africa e l’Asia occidentale sono le regioni in cui il PM2.5 ha il maggiore impatto sulla resistenza agli antibiotici, dove rappresenta il 19% delle variazioni dei livelli di resistenza».
I possibili scenari futuri modellati nello studio indicano che, se non ci saranno modifiche alle attuali politiche sull’inquinamento atmosferico, «Entro il 2050, i livelli di resistenza agli antibiotici in tutto il mondo potrebbero aumentare del 17%. Il bilancio annuale delle vittime premature legate alla resistenza agli antibiotici salirebbe a circa 840.000, con gli incrementi maggiori nell’Africa sub-sahariana».
In altri scenari, come l’aumento della spesa sanitaria, il controllo dell’inquinamento atmosferico, il miglioramento dell’acqua potabile e la riduzione dell’uso di antibiotici, il livello di resistenza agli antibiotici potrebbe essere notevolmente ridotto. I ricercatori fanno un esempio: «L’attuazione di una politica – raccomandata dall’Organizzazione mondiale della sanità di limitare il PM2,5 a 5 μg/m3 nell’atmosfera, potrebbe ridurre la resistenza globale agli antibiotici del 17% entro il 2050. Questa politica potrebbe portare a una riduzione del 23% dei decessi prematuri (630.000 decessi in meno) legati alla resistenza agli antibiotici e portano a un risparmio economico annuo di 640 miliardi di dollari».
Gli autori riconoscono comunque che il loro studio ha alcuni limiti: «La mancanza di dati in alcuni Paesi, in particolare quelli a basso e medio reddito, che sono i più colpiti dalla resistenza agli antibiotici, può influenzare l’analisi complessiva. Anche il confronto dei risultati tra Paesi dovrebbe essere fatto con cautela, a causa delle differenze nei rischi relativi e nella disponibilità di test. Un obiettivo chiave della ricerca futura dovrebbe essere lo studio del meccanismo alla base di come gli inquinanti atmosferici e altri fattori influenzano la resistenza agli antibiotici e le possibili interazioni tra diversi fattori».