Le emissioni di protossido di azoto sono una crescente minaccia per il clima
Ricerca internazionale con la partecipazione del Cnr: le emissioni di N2O stanno crescendo a ritmi sostenuti, con il rischio di compromettere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi
[2 Novembre 2020]
Secondo lo studio, “A comprehensive quantification of global nitrous oxide sources and sinks”, pubblicato recentemente su Nature da un folto team di scienziati coordinato dalla Auburn University, «Il crescente utilizzo di fertilizzanti azotati in agricoltura ha provocato, negli ultimi decenni, un’impennata della concentrazione atmosferica di protossido di azoto (N2O)».
Lo studio, il cui obiettivo era quello di quantificare in modo completo ed esaustivo tutte le fonti naturali ed artificiali di N2O su scala planetaria e realizzato sotto l’egida del Global Carbon Project e della International Nitrogen Initiative, che ha coinvolto scienziati di 14 Paesi e 48 Istituti di ricerca, tra cui l’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismar), ricorda che l’N2o è il terzo gas serra di lunga durata più importante dopo l’anidride carbonica (CO2) e il metano (CH4), che contribuisce alla riduzione dell’ozono stratosferico e i ricercatori avvertono che «Se il trend dovesse proseguire a ritmi così sostenuti, l’aumento della temperatura media globale potrebbe sforare ben oltre la soglia dei 2° C stabilita dagli accordi di Parigi 2015».
Angela Landolfi, la ricercatrice del Cnr-Ismar co-autrice dello studio, sottolinea che «Il protossido di azoto è un importante gas serra e la sua presenza in atmosfera, dove può resistere oltre 100 anni senza degradare, contribuisce per il 7% al riscaldamento globale causato dall’uomo. Il nostro studio ha evidenziato che, negli ultimi decenni, il protossido di azoto è aumentato del 20% rispetto ai livelli preindustriali. La ragione principale dell’aumento è il crescente utilizzo di fertilizzanti azotati nella produzione alimentare in tutto il mondo».
La Landolfi, specialista della modellistica numerica dei cicli biogeochimici, ha contrbuito allo studio pubblicato su Nature fornendo le stime sulle fonti di protossido di azoto rilasciate dall’oceano e spiega che «Finora, le emissioni di N2O dall’oceano hanno rappresentato una grande incertezza. Con l’ausilio di un nuovo modello del sistema terrestre globale (Esm), in uso presso il nostro Istituto, siamo stati in grado di stimare meglio le emissioni da parte dell’oceano, individuando con maggiore precisione i fattori che ne influenzano la produzione e le emissioni».
I tassi di crescita più elevati per le emissioni di N2O provengono da Asia orientale, Asia meridionale, Africa e Sud America e in particolare da Brasile, Cina e India, Paesi emergenti nei quali la produzione alimentare agricola e i capi di bestiame sono aumentati notevolmente. Lo studio ha rilevato che le emissioni dei fertilizzanti sintetici dominano le emissioni in Cina, India e Stati Uniti, mentre le emissioni derivanti dall’applicazione di letame di bestiame come fertilizzante dominano le emissioni in Africa e Sud America. Il principale autore dello studio, Hanqin Tian dell’ Auburn University e direttore dell’International center for climate change research, ha fatto notare che «Il motore principale dell’aumento del protossido di azoto atmosferico proviene dall’agricoltura e la crescente domanda di alimenti e mangimi per animali aumenterà ulteriormente le emissioni globali di protossido di azoto. C’è un conflitto tra il modo in cui nutriamo le persone e la stabilizzazione del clima. I dati hanno evidenziato che la spinta principale dell’aumento del N2O atmosferico proviene dall’agricoltura e stimiamo che aumenterà ulteriormente a causa della crescente domanda di alimenti e mangimi per animali».
Il co-leader dello studio Josep “Pep” Canadell, scienziato cao po del Climate Science Center at the Australia-based Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation e direttore esecutivo del Global Carbon Project, è d’accordo che la ricerca è significativa e che pone un problema urgente: «Questa nuova analisi richiede un ripensamento su vasta scala del modo in cui utilizziamo e abusiamo di fertilizzanti azotati a livello globale e ci esorta ad adottare pratiche più sostenibili nel modo in cui produciamo cibo, inclusa la riduzione dello spreco alimentare. Questi risultati sottolineano l’urgenza e le opportunità di mitigare le emissioni di protossido di azoto in tutto il mondo per evitare il peggiore degli impatti climatici».
Francesco Tubiello, uno statistico della Fao ricorda che «Molte delle azioni per migliorare l’efficienza dell’uso dell’azoto e migliorare la produttività delle colture e del bestiame, ora necessarie per iniziare a ridurle, sono necessarie anche per realizzare un’agricoltura sostenibile e produttiva nell’ambito dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per gli Obiettivi di sviluppo sostenibile».
Ma un altro autore dello studio, Wilfried Winiwarter, dell’International Institute of Applied Systems Analysis austriaco ed ex direttore dell’International Nitrogen Initiative e del suo centro europeo, evidenzia che «Tuttavia, esistono opportunità per ridurre le emissioni di protossido di azoto. L’Europa è l’unica regione al mondo che ha ridotto con successo le emissioni di protossido di azoto negli ultimi due decenni. Le politiche industriali e agricole per ridurre i gas serra e l’inquinamento atmosferico e per ottimizzare l’efficienza nell’uso dei fertilizzanti si sono dimostrate efficaci. Tuttavia, saranno necessari ulteriori sforzi, in Europa come a livello globale».
Una co-leader dello studio, Rona Thompson, del NILU – Norsk institutt for luftforskning, aggiunge che «Questo studio dimostra che ora abbiamo una comprensione completa del bilancio del protossido di azoto, compresi gli impatti climatici. Siamo in grado di valutare e quantificare le misure per ridurre le emissioni di protossido di azoto e molte di queste misure miglioreranno anche la qualità dell’acqua e dell’aria, a vantaggio sia della salute umana che degli ecosistemi».
La Landolfi conclude: «Le attuali emissioni di CO2, N2O e altri gas serra stanno portando al continuo riscaldamento globale. Limitare le emissioni di N2O è di grande importanza per raggiungere gli obiettivi dell’accordo sul clima di Parigi, tuttavia, questo deve essere necessariamente accompagnato alla riduzione delle emissioni di CO2, che appare ancora più urgente».