Solo a causa del Pm2.5, nel nostro Paese muoiono 47mila persone l’anno
Mal’aria, l’84% delle città italiane rischia di essere fuorilegge per inquinamento
Legambiente evidenzia criticità e soluzioni in vista degli obiettivi Ue al 2030: «Impattare efficacemente su riscaldamento degli edifici, industria, agricoltura, zootecnia e mobilità»
[8 Febbraio 2024]
Nonostante una timida riduzione dell’inquinamento atmosferico nel 2023, guidata soprattutto da condizioni meteorologiche “favorevoli” anziché dall’azione politica, nel nostro Paese la cattiva qualità dell’aria continua a mietere decine di migliaia di vittime.
L’Agenzia europea dell’ambiente documenta che l’Italia ha il record europeo di morti premature dovute all’inquinamento atmosferico, con ben 46.800 decessi all’anno da PM2.5, altri 11.300 da NO2 e 5,100 da O3.
A scendere nel dettaglio territoriale è l’ultimo rapporto Mal’Aria di città elaborato da Legambiente, prendendo in esame i dati del 2023 nei capoluoghi di provincia, sia per quanto riguarda i livelli delle polveri sottili (PM10, PM2.5) che del biossido di azoto (NO2).
«I loro livelli attuali – spiegano dal Cigno verde – sono stabili ormai da diversi anni, in linea con la normativa attuale, ma restano distanti dai limiti normativi che verranno approvati a breve dall’Ue, previsti per il 2030 e soprattutto dai valori suggeriti dall’Organizzazione mondiale della sanità».
In sintesi, ad oggi 18 città sulle 98 monitorate hanno superato gli attuali limiti normativi per gli sforamenti di Pm10 (35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo): le città peggiori in classifica risultano Frosinone, Torino, Treviso, Mantova, Padova e Venezia.
Prendendo però in esame i valori proposti dalla nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria a partire da 2030 (20 µg/mc per il Pm10, 10 µg/mc per il Pm2.5 e 20 µg/mc per l’NO2), ad oggi il 50% delle città risulterebbe fuorilegge per l’NO2, il 69% per il Pm10 e l’84% per il Pm2.5.
«Ancora una volta l’obiettivo di avere un’aria pulita nei centri urbani italiani rimane un miraggio, come dimostra la fotografia scattata dal nostro rapporto Mal’aria di città – spiega il dg di Legambiente, Giorgio Zampetti – Serve quindi un cambiamento radicale, attuando misure strutturali ed integrate, capaci di impattare efficacemente sulle diverse fonti di smog, dal riscaldamento degli edifici, dall’industria all’agricoltura e la zootecnia fino alla mobilità, dove le misure di riduzione del traffico e dell’inquinamento possono ben conciliarsi con una maggiore sicurezza per pedoni e ciclisti, come dimostra l’importante intervento della città a 30km/h di Bologna».
Le sorti della salute dei cittadini saranno determinate nel trilogo europeo, ovvero l’ultima fase del processo di revisione della Direttiva Ue sulla qualità dell’aria, prevista entro febbraio 2024. Considerando la situazione critica del nostro Paese, Legambiente sottolinea quanto sia importante che il Governo Meloni non ostacoli ulteriormente questo percorso, evitando deroghe e clausole che possano giustificare ritardi nel raggiungimento degli obiettivi.
È anzi necessario mettere in campo un pacchetto di azioni puntuali per affrontare le principali fonti dell’inquinamento atmosferico, che Legambiente declina in alcuni capisaldi:
Muoversi in libertà e sicurezza per le città. Servono investimenti massicci nel Tpl, incentivi all’uso del trasporto pubblico, mobilità elettrica condivisa anche nelle periferie, implementare Ztl, Lez (Low emission zone) e Zez (Zero emission zone), elettrificazione anche dei veicoli merci digitalizzare i servizi pubblici, promuovere l’home working, ampliare reti ciclo-pedonali e ridisegnare lo spazio urbano
Riscaldarsi bene e meglio. Bisogna vietare progressivamente le caldaie e generatori di calore a biomassa nei territori più inquinati; negli altri invece supportare l’installazione di tecnologie a emissioni “quasi zero”, con sistemi di filtrazione integrati o esterni, o soluzioni ibride.
Occuparsi anche delle campagne. In aree rurali con agricoltura e allevamento intensivo, le emissioni agricole possono superare quelle industriali o urbane. Occorre dunque vigilare sul rispetto dei regolamenti per lo spandimento e rapido interramento dei liquami, e promuovere investimenti agricoli verso pratiche che riducano le emissioni ammoniacali, come la copertura delle vasche di liquami e la creazione di sistemi di trattamento, soprattutto per la produzione di biometano.
Monitorare per la tutela della salute. È inoltre necessario cambiare anche la strategia di monitoraggio sinora impiegata, aumentando il numero di centraline di monitoraggio in modo da garantire una copertura di tutte le principali aree urbane del Paese.