Marea nera di 467 Km2 nel Golfo del Messico

La Pemex smentisce gli ambientalisti ma gli scienziati dell’Unam confermano

[24 Luglio 2023]

Uno sversamento petrolifero prodottosi il 12 luglio nella Sonda de Campeche, nel Golfo del Messico avrebbe o provocato una marea nera di 467 chilometri quadrati che si è spostata in direzione est-nordest e che, alla fine, potrebbe colpire le coste degli stati messicani di Veracruz o Tamaulipas o gli Stati Uniti.

L’allarme era stato lanciato f da un gruppo di associazioni ambientaliste quando la marea nera, secondo le immagini satellitari interpretate dal geografo Guillermo Tamburini, aveva già raggiunto i  400 chilometri Km2 e che secondo Tamburini avrebbe potuto raggiungere i 1.000 Km2.

Le associazioni ambientaliste – Alianza Mexicana contra el Fracking, CartoCrítica, Centro de Derechos Humanos de los pueblos del Sur de Veracruz “Bety Cariño” A.C., Centro de Investigación y Capacitación Rural, Centro Mexicano de Derecho Ambiental, Comité Ecológico Integral, Conexiones Climáticas, CORASON defensa del territorio Huasteca Totonacapan, Encuentro Ciudadano Lagunero, #EsGasFósil, GDL en Bici Movilidad Sustentable A.C., Greenpeace México A.C., Iniciativa Climática de México (ICM), Leave it in the Ground Initiative, Nuestro Futuro A.C., Observatorio de Sismicidad Inducida, Observatorio Mexicano de Emisiones de Metano, Observatorio Petrolero Sur de Argentina, Organización Familia Pasta de Conchos, Padres por el Futuro Monterrey, Planeteando, Prodefensa del Nazas AC, Comarca Lagunera, Durango y Coahuila,  Programa de Movilidad Urbana Sustentable COINCIDE/ITESO – hanno denunciato che l’incidente è avvenuto pochi giorni dopo che nella stessa zona, il 7 luglio, era scoppiato un incendio sulla piattaforma Nohoch-Alfa che estrae gas e che appartiene alla compagnia statale Petróleos Mexicanos (Pemex). Nell’incidente sono morti 2 operai, 8 sono stati feriti e uno è disperso.

La Pemex ha contrattaccato cercando di smentire gli articoli che riprendevano le accuse degli ambientalisti e ha precisato che «La rete di condotte dei giacimenti di Ek Balam ha concluso la sua vita utile di 30 anni, pertanto, preventivamente, si procederà al passaggio ad una nuova rete. Queste azioni elimineranno definitivamente la possibilità di perdite di petrolio. I due punti di perdita nella condotta  erano piccole fessure lunghe 7 cm per 1 mm di larghezza e un poro di 1,2 cm di diametro. Data la piccolezza delle fessure, il volume di idrocarburi fuoriuscito è stato minimo. Questa fuoriuscita è stata immediatamente segnalata all’Agencia de Seguridad, Energía y Ambiente (ASEA) e alla  Secretaría de Marina (SEMAR) e le riparazioni sono state effettuate, quindi sono completamente sotto controllo. La maggior parte del volume sversato è stata immediatamente recuperata e l’iridescenza è stata dispersa.  L’area della marea nera di 400 km2 pubblicata su alcuni media è una stima in malafede, che per essere vera si sarebbe dovuto sversare più di un milione e mezzo di barili di petrolio.  La verità è che il volume riportato dagli specialisti di Petróleos Mexicanos era di 58 m3 (365 barili di petrolio), che ha interessato un’area stimata di 0,06 km2 dove lo spessore del film d’olio è stimato in un millimetro. Petróleos Mexicanos invita questi media che disinformano l’opinione pubblica a comportarsi in modo etico e ad aderire alla verità».

Ma gli ambientalisti non ci stanno a farsi bacchettare da Pemex e hanno risposto che «Le nostre argomentazioni si basano su dati e immagini che abbiamo reso pubblici per qualsiasi mezzo di comunicazione e persona; Allo stesso modo, invitiamo l’azienda statale a rendere pubblici i dati, le segnalazioni e ogni forma di prova con cui sostengono che si sia trattato di uno sversamento di modesta entità. Tuttavia, nella spiegazione offerta dalla società permangono le seguenti incongruenze: Si dice che la perdita è stata riparata, tuttavia, a partire dal 17 luglio, la fonte dello sversamento è rimasta nella sua posizione per 12 giorni, consentendo di ipotizzare che lo sversamento continui. Sebbene PEMEX abbia notificato ad ASEA la fuoriuscita, il pubblico in generale non è stato informato e ha scelto di minimizzare. Quale processo ha seguito questa agenzia per valutare l’impatto della fuoriuscita? Chiediamo la pubblicazione del rapporto di valutazione e delle misure correttive che sono state attuate sulla base di esso».

Le associazioni ambientaliste approfittano della risposta di Pemex per fsre alcune domende: «Quali istanze sono responsabili di questo incidente e quali sanzioni avranno? Quali nuovi rischi rappresentano gli impatti climatici per le infrastrutture petrolifere, in particolare per quelle che hanno superato la loro vita utile? Trattandosi di un oleodotto che ha terminato la sua vita utile, in quante altre condutture e piattaforme possiamo aspettarci che si verifichino simili situazioni di perdite e sversamenti sia in mare che a terra? Al di là del recupero del greggio e della riparazione delle infrastrutture, quali sono le misure di bonifica proposte per le comunità colpite e per l’area colpita dallo sversamento?».

Le associazioni ricordano che «Infine, la nostra motivazione come organizzazioni della società civile è quella di mettere in guardia sugli impatti e sui rischi dell’attività estrattiva di fossili che riguardano tutti i cittadini nel contesto della crisi climatica globale. Non ci sarà mai malafede nell’allertare su disastri e pericoli la cui responsabilità di allerta e attenzione spetta alle autorità. D’altra parte, è preoccupante che, nonostante l’evidenza, le informazioni siano nascoste e si insista a normalizzare incidenti e disastri che hanno implicazioni importanti per la salute delle persone e dell’ambiente. Invitiamo Pemex, ASEA e le autorità competenti ad aprire canali per conoscere non solo gli incidenti, ma anche il modo in cui i loro impatti saranno affrontati, promuovendo un confronto basato su prove e dati, grazie alla tecnologia».

Sulle contro-accuse di Pemex è poi piovuto un parere scientifico difficile da far passare per una ricostruzione interessata degli ambientalisti: gli scienziati dell’Instituto de Geografía (IGg) e del Laboratorio Nacional de Observación de la Tierra (Lanot) dell’Universidad Nacional Autónoma de México (UNAM) hanno «Seguito, attraverso immagini radar, le due perdite registrate nei giacimenti petroliferi di Ek Balam, attraverso le quali hanno stimato che entro il 12 luglio la fuoriuscita di idrocarburi ha raggiunto un’area di 467 chilometri quadrati».

Che è poi quel che dicevano gli ambientalisti e smentiva indignata Pemex.

All’UNAM raccontano che «Dopo la diffusione delle informazioni sull’accaduto – comunicate il 6 luglio all’ Agencia de Seguridad, Energía y Ambiente (ASEA) e alla Secretaría de Marina (SEMAR) – gli studenti universitari hanno analizzato l’evento con l’ausilio di immagini radar, al fine di tracciare l’estensione delle aree colpite». Il 22 luglio, Gabriela Gómez Rodríguez dell’IGg, ha spiegato che «Questo tipo di immagini  rileva essenzialmente la trama degli oggetti ed è possibile discriminare la chiazza di petrolio dal resto dell’oceano sulla superficie del mare, grazie alla differenza di densità e del modello delle onde».

I campi petroliferi e gasieri di Ek Balam fanno parte del Complesso Cantarell, a 80 chilometri a nord-ovest di Ciudad del Carmen, nel Campeche. Per questo sono state elaborate immagini dell’area per determinare la posizione geografica del contorno della chiazza di petrolio e stimare la copertura della sua area.

Lo studio si basa sull’analisi delle mappe dell’Environmental Baseline Atlas of the Gulf of Mexico e

L’Instituto de Ciencias del Mar y Limnología, così come l’Instituto de Ciencias de la Atmósfera y Cambio Climático dell’UNAM hanno gruppi di ricerca sulle dinamiche oceaniche dell’area e fanno parte del Consorcio de Investigación del Golfo de México (CIGOM).

La Gómez Rodríguez conclude che «Sulla base di quanto sopra, è stato stimato che, il 12 luglio, la fuoriuscita di petrolio a Ek Balam ha raggiunto un’area di 467 chilometri quadrati. Esistono vari modelli di correnti marine con i quali è possibile stimare dove arriverà la chiazza. Probabilmente si dirigerà verso est-nordest e alla fine approderà sulle coste del Golfo, a Veracruz, Tamaulipas o negli Stati Uniti».

Una smentita più autorevole di quanto asserito aggressivamente da Pemex non poteva esserci.