Microalghe per rilevare i metalli nell’acqua
Studio italiano: un test ottico e biosensori per quantificare la presenza di rame nelle acque del fiume Sarno
[24 Aprile 2024]
Lo studio “Multi-scale fractal Fourier Ptychographic microscopy to assess the dose-dependent impact of copper pollution on living diatoms”, pubblicato su Scientific Reports da un team di ricercatori dell’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti “Eduardo Caianiello” del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isasi), in collaborazione con la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli (Szn), hao messo a punto un test ottico per il rilevamento della dose di rame dispersa in campioni d’acqua isolati dal fiume Sarno in Campania.
I ricercatori italiani evidenziano che il metodo ottico sviluppato è di tipo funzionale, perché non si limita a identificare la presenza del metallo ma riesce a quantificarne gli effetti sulle diatomee, le microalghe che sono state impiegate come biosensori, presenti sia in acque dolci che salate. Per ottenere questo risultato è stata utilizzata una tecnica di microscopia innovativa detta Fourier Ptychography che, sfruttando una sorgente di luce led, riesce a mappare migliaia di microalghe in una singola immagine con risoluzione sub-micrometrica».
Vittorio Bianco, autore principale dello studio insieme a Lisa Miccio e Daniele Pirone (tutti del Cnr-Isasi), spiega che «Per esaminare adeguatamente le immagini prodotte, che presentano informazioni su diverse scale di ingrandimento, abbiamo per la prima volta utilizzato elementi di geometria frattale, un modello matematico che descrive efficacemente la complessità di oggetti naturali e ben si adatta all’analisi di queste immagini. Abbiamo così notato che anche dosi basse di rame (a partire da 5 micromolare) possono indurre uno stress nelle diatomee, cambiandone la forma, mentre dosi alte possono causarne la fuoriuscita del citoplasma e determinarne la morte».
La presenza di grandi concentrazioni di metalli pesanti come il rame è solitamente un indicatore dell’impatto antropico, soprattutto nelle aree altamente urbanizzate e industrializzate, dove questi metalli possono confluire negli ambienti acquatici. L’accumulo di questi metalli nelle microalghe è un problema grave per il possibile trasferimento agli organismi che se ne cibano e anche all’uomo, attraverso la catena alimentare.
Un altro autore dello studio, il tecnologo della SZN Angela Sardo, evidenzia che «Al fine di individuare strategie di biorisanamento efficaci e su larga scala, è importante conoscere la capacità di rimozione di inquinanti da parte delle specie viventi, ma anche gli effetti tossici che questi inquinanti possono avere su di esse in relazione alle quantità assunte. Ad esempio, il rame è un elemento chimico essenziale per la crescita delle microalghe, ma può essere fortemente dannoso in dosi elevate».
Pietro Ferraro, dirigente di ricerca del Cnr-Isasi, conclude: «In futuro, questo test potrà essere utilizzato per valutare rapidamente i livelli di inquinamento da metalli pesanti anche in aree marine dove, ad esempio, vengono effettuate attività estrattive in profondità, oppure in zone acquatiche ad alta industrializzazione».