Ma il 98,10%, 80,15% e 86,34% della popolazione europea vive in aree che superano i livelli Oms rispettivamente per PM2,5, PM10 e NO2
Negli ultimi 20 anni la qualità dell’aria in Europa è migliorata significativamente
L’Italia continua a mostrare alcuni dei dati peggiori a livello europeo
[14 Marzo 2024]
Lo studio “Population exposure to multiple air pollutants and its compound episodes in Europe”, pubblicato su Nature Communications da un team internazionale di ricercatori guidato dall’Institut de Salut Global de Barcelona (ISGlobal) ha stimato le concentrazioni ambientali giornaliere di PM2,5, PM10, NO2 e O3 tra il 2003 e il 2019 sulla base di tecniche di apprendimento automatico, con l’obiettivo era valutare il verificarsi di giorni che superano le linee guida 2021 dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per uno o più inquinanti (unclean air days).
Il team di ricerca ha analizzato i livelli di inquinamento in più di 1.400 regioni in 35 Paesi europei, dove vivono 543 milioni di persone. I risultati dimostrano che «I livelli complessivi di particolato sospeso (PM2,5 e PM10) e di biossido di azoto (NO2) sono diminuiti nella maggior parte dell’Europa . In particolare, i livelli di PM10 sono diminuiti maggiormente durante il periodo di studio, seguiti da NO2 e PM2,5 , con diminuzioni annuali rispettivamente del 2,72%, 2,45% e 1,72%. Al contrario, i livelli di O3 sono aumentati annualmente dello 0,58% nell’Europa meridionale, portando ad un aumento di quasi 4 volte dei giorni di unclean air days».
Lo studio ha anche esaminato il numero di giorni in cui sono stati superati contemporaneamente i limiti per due o più inquinanti (compound unclean air day) e il risultato non è confortante: «Nonostante i miglioramenti complessivi, durante il periodo di studio l’86,3% della popolazione europea ha comunque sperimentato almeno un unclean air days all’anno, con PM2,5 – NO2 e PM2,5 – O3 che emergono come le combinazioni di composti più comuni».
I risultati evidenziano «Miglioramenti significativi nella qualità dell’aria in Europa seguiti dalla diminuzione di PM10 e NO2, mentre i livelli di PM2,5 e O3 non hanno seguito un trend positivo simile, con conseguente aumento del numero di persone esposte a livelli di aria impura».
Secondo il principale autore dello studio, Zhao-Yue Chen di ISGlobal, «Sono necessari sforzi mirati per affrontare i livelli di PM2,5 e O3 e i relativi unclean air days, soprattutto nel contesto delle minacce in rapido aumento derivanti dai cambiamenti climatici in Europa».
Uno degli autori dello studio, Carlos Pérez García-Pando del Barcelona Supercomputing Center e dell’, ICREA, sottolinea che «La nostra stima coerente dell’esposizione della popolazione a eventi composti di inquinamento atmosferico fornisce una solida base per la ricerca futura e lo sviluppo di politiche per affrontare la gestione della qualità dell’aria e le preoccupazioni sulla salute pubblica in tutta Europa».
Il team di ricercatori ha sviluppato machine learning models per stimare ad elevata risoluzione le concentrazioni giornaliere dei principali inquinanti atmosferici e all’ISGlobal dicono che «Questo approccio basato sui dati crea un quadro completo della qualità dell’aria quotidiana per il continente europeo, andando oltre le stazioni di monitoraggio scarsamente distribuite. I modelli raccolgono dati da più fonti, comprese stime degli aerosol basate su satellite, dati atmosferici e climatici esistenti e informazioni sull’uso del territorio».
Analizzando queste stime sull’inquinamento atmosferico, il team ha calcolato il numero medio annuo di giorni in cui viene superato il limite giornaliero dell’Oms per uno o più inquinanti atmosferici e ne è venuto fuori che «Nonostante i miglioramenti della qualità dell’aria, il 98,10%, 80,15% e 86,34% della popolazione europea vive in aree che superano i livelli annuali raccomandati dall’Oms rispettivamente per PM2,5, PM10 e NO2». Risultati che corrispondono alle stime dell’European Environment Agency (EEA) per 27 Paesi dell’Ue realizzati utilizzando solo i dati provenienti dalle centraline urbane. Lo Studio fa notare che «Inoltre, nessun Paese ha rispettato lo standard annuale di ozono (O3) durante l’alta stagione dal 2003 al 2019. Considerando l’esposizione a breve termine, oltre il 90,16% e l’82,55% della popolazione europea viveva in aree con almeno 4 giorni in più rispetto al valore giornaliero previsto dalle line guida Oms per PM2,5 e O3 nel 2019, mentre le cifre per NO2 e PM10 erano 55,05% e 26,25%».
E le notizie non sono per niente buone per l’Italia, nonostante negli ultimi decenni la qualità dell’aria sia migliorata significativamente anche nel nostro Paese: «Durante il periodo di studio, i livelli di PM2,55 e PM10 erano più alti nel nord Italia e nell’Europa orientale, mentre i livelli di PM10 erano più alti nell’Europa meridionale. Livelli elevati di NO2 sono stati osservati principalmente nel nord Italia e in alcune aree dell’Europa occidentale, come nel sud del Regno Unito, in Belgio e nei Paesi Bassi. Allo stesso modo, l’O3 è aumentato dello 0,58% nell’Europa meridionale, mentre è diminuito o ha mostrato un andamento non significativo nel resto del continente». Le riduzioni più significative di PM2,5 e PM10 sono state osservate nell’Europa centrale, mentre per NO2 sono state riscontrate nelle aree prevalentemente urbane dell’Europa occidentale.
Il tempo medio di esposizione e la popolazione esposta alle concentrazioni di PM2,5 e O3 nell’aria sono molto più elevati rispetto a quello degli altri due inquinanti e per il team di ricerca, «Questo evidenzia l’urgenza di un maggiore controllo di questi inquinanti e l’importanza di affrontare il trend crescente e l’impatto dell’esposizione all’O3».
LO3 troposferico o troposferico si trova negli strati inferiori dell’atmosfera ed è considerato un inquinante secondario perché non viene emesso direttamente nell’atmosfera, ma è formato da alcuni precursori – come i composti organici volatili (COV), il monossido di carbonio (CO) e ossidi di azoto (NOx) – che vengono prodotti nei processi di combustione, soprattutto da trasporti e industria. In alte concentrazioni, l’ozono può danneggiare la salute umana, la vegetazione e gli ecosistemi.
L’autore senior dello studio, Joan Ballester Claramunt dell’ISGlobal, evidenzia che «La gestione dell’ozono rappresenta una sfida complessa a causa del suo percorso di formazione secondaria. Le strategie convenzionali di controllo dell’inquinamento atmosferico, che si concentrano sulla riduzione delle emissioni di inquinanti primari, potrebbero non essere sufficienti per mitigare efficacemente i superamenti di O3 e gli unclean air day associati. Tuttavia, affrontare il cambiamento climatico, che influenza la formazione di ozono attraverso l’aumento della luce solare e l’aumento delle temperature, è fondamentale per la gestione dell’ozono a lungo termine e la protezione della salute pubblica».
Nonostante i miglioramenti nell’inquinamento atmosferico, il team di ricerca avverte che «Tra il 2012 e il 2019, oltre l’86% degli europei ha vissuto almeno un giorno all’anno con eventi di inquinamento atmosferico compositi, in cui più inquinanti hanno superato contemporaneamente i limiti dell’Oms. Tra questi giorni compositi, il contributo dei giorni composti PM2,5 -O3 è aumentato dal 4,43% nel 2004 al 35,23% nel 2019, diventando il secondo tipo più comune in Europa, indicando un trend preoccupante. Si verificano principalmente alle latitudini più basse durante le stagioni calde e sono probabilmente legate ai cambiamenti climatici e alla complessa interazione tra PM2,5 e O3». .
Le temperature più calde e la luce solare più forte in estate aumentano la formazione di O3 attraverso reazioni chimiche. Successivamente, livelli più elevati di O3 accelereranno l’ossidazione dei composti organici nell’aria. Questo processo di ossidazione porta alla condensazione di alcuni composti ossidati, formando nuove particelle PM2,5 . Inoltre, il cambiamento climatico aumenta la probabilità di incendi, che aumentano ulteriormente i livelli di O3 e PM2,5.
Ballester Claramunt conclude: «Questa complessa interazione crea un circolo vizioso, evidenziando l’urgente necessità di affrontare contemporaneamente il cambiamento climatico e l’inquinamento atmosferico».