Tavolo tecnico - normativo su qualità dell’aria e sulla depurazione colmare i cronici ritardi
Qualità dell’aria: nuova procedura di infrazione Ue contro l’Italia
Legambiente: Italia sempre più in ritardo su qualità dell'aria e depurazione.
[14 Marzo 2024]
La Commissione europea ha proceduto all’invio di una lettera di costituzione in mora ex art. 260 TFUE all’Italia (INFR(2014)2147) «Per la persistente mancata esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell’Ue del 10 novembre 2020 (causa C-644/18)».
Nella sentenza la Corte di giustizia ha constatato che l’Italia non aveva ottemperato ai suoi obblighi ai sensi della direttiva sulla qualità dell’aria ambiente (direttiva 2008/50/CE). La Commissione Ue ricorda al governo Meloni che «L’European Green Deal, che mira all’obiettivo “inquinamento zero”, richiede la piena attuazione delle norme in materia di qualità dell’aria per proteggere efficacemente la salute umana e salvaguardare l’ambiente naturale. La direttiva sulla qualità dell’aria ambiente obbliga gli Stati membri a mantenere al di sotto di determinati livelli le concentrazioni di inquinanti specifici nell’aria, come il particolato PM10. Quando sono superati tali valori massimi, gli Stati membri sono tenuti ad adottare misure per ridurre quanto più possibile la durata del periodo di superamento dei limiti. Sebbene dalla data della sentenza l’Italia abbia adottato alcune misure, nel 2022 si registravano ancora superamenti dei valori limite giornalieri in 24 zone di qualità dell’aria, mentre una zona segnalava superamenti dei valori limite annuali».
Per questo, la Commissione Ue ha proceduto all’invio di una lettera di costituzione in mora all’Italia, che «Dispone ora di 2 mesi per rispondere e rimediare alle carenze segnalate dalla Commissione. In assenza di una risposta soddisfacente, la Commissione potrà decidere di deferire l’Italia alla Corte, con la richiesta di irrogare sanzioni pecuniarie».
Il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti ha commentato: «L’apertura della procedura di infrazione avviata oggi dalla commissione Ue nei confronti dell’Italia è un chiaro campanello d’allarme di quanto poco stia facendo il nostro Paese sul fronte della qualità dell’aria. In particolare, l’emergenza smog è ormai sempre più cronica a partire dalla pianura padana che rappresenta una delle aree più vulnerabili del Paese. Quello che chiediamo è che la qualità dell’aria torni ad essere davvero un tema prioritario nell’agenda politica. Per questo chiediamo l’istituzione immediata di un tavolo tecnico ma anche normativo a livello nazionale, che coinvolga Governo, Regioni e amministrazioni locali, dando avvio ad interventi rapidi e strutturati sul lungo periodo non più rimandabili, incentivando la mobilità sostenibile, a partire dal trasporto pubblico e da quello su ferro, e al tempo stesso lavorando su rigenerazione urbana e riscaldamento domestico, come prevede la direttiva case green, sull’agricoltura e la zootecnica che dovranno avere un’impronta più sostenibile. Solo così potremmo avere aree urbane più vivibili e sostenibili contrastando al tempo stesso la crisi climatica, tutelando la salute dei cittadini ed evitando una possibile multa europea».
Per Legambiente l’Italia deve lavorare sul tema maladepurazione, visto che la Commissione europea ha deciso di deferire il nostro Paese alla Corte di giustizia Ue anche per non aver rispettato pienamente gli obblighi di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane previsti dalla direttiva Ue. Per Zampetti si tratta di «Una brutta notizia per l’Italia che si conferma indietro su un’altra questione cruciale del Paese. Un’emergenza cronica da affrontare e che Legambiente denuncia da anni con Goletta Verde. Alla struttura commissariale unica sulla depurazione già esistente chiediamo di essere efficace ed efficiente ad affrontare il problema».
Legambiente ricorda che ad oggi pesano sull’Italia 4 procedure di infrazione per la mancata conformità alla Direttiva Acque Reflue (91/271/CEE); l’ultima (2017/2181) è sfociata nell’attuale deferimento, le prime tre sono già sfociate in sentenza di condanna e in particolare la prima, risalente al 2004, è giunta fino alla sanzione pecuniaria. Dal punto di vista economico, il nostro l’Italia ha già pagato sanzioni pecuniarie per oltre 142 milioni di euro.