Recupero di vapori di benzina durante il rifornimento: la direttiva è efficace
Valutazione positiva della Commissione europea
[13 Marzo 2017]
La direttiva Cov-II è efficace, efficiente, coerente e pertinente. Ed è stata generalmente ben applicata dagli Stati membri.
Questo è quanto emerge dalla relazione della Commissione Ue al Parlamento e al Consiglio relativa alla fase II del recupero di vapori di benzina durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio.
Il deposito della benzina e la sua distribuzione sono una delle fonti di emissione nell’atmosfera di composti organici volatili (Cov), ovvero i precursori dell’ozono troposferico, un gas a effetto serra che causa problemi di salute e danni alla vegetazione (riducendo di conseguenza la resa delle colture). Per questo, la direttiva Cov-II cerca di assicurare il recupero dei vapori nocivi di benzina che altrimenti sarebbero emessi nell’atmosfera durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio.
Nel corso degli anni la direttiva ha contribuito efficacemente alla riduzione delle emissioni di Cov. Infatti, oggi le attività che rientrano nell’ambito di applicazione contribuiscono soltanto per lo 0,7% a tutte le emissioni di origine antropica di Cov nell’Ue. Le attività a cui si riferisce la direttiva sono quelle delle stazioni di servizio nuove, o che sono state oggetto di una ristrutturazione completa, con un flusso annuo di oltre 500 m3 di benzina e delle stazioni di servizio con un flusso annuo superiore a 100 m3 ubicate in zone abitative. Per queste stazioni la direttiva impone che siano installati sistemi di fase II per il recupero dei vapori di benzina, mentre per le grandi stazioni di servizio (con un flusso annuo superiore a 3 000 m3 ) impone l’istallazione entro il 2018.
La valutazione della Commissione ha inoltre messo in rilevo l’efficienza della direttiva. I dati disponibili suggeriscono che i costi sono ampiamente proporzionati ai benefici, in particolare se si tiene conto dei benefici supplementari non monetizzati e degli introiti generati dalla rivendita della benzina recuperata. I risparmi derivanti da una riduzione degli effetti nocivi sulla salute e sull’ambiente sono stati stimati tra 92 e 270 milioni di euro, mentre i benefici finanziari stimati derivanti dalla vendita della benzina recuperata a 77 milioni di euro. I costi annuali per il capitale e la manutenzione sono stati stimati a 199 milioni di euro e quelli amministrativi e di conformità a 13 milioni di euro. Va tuttavia rilevato che, data la quantità limitata di dati disponibili, non è stato possibile realizzare una solida analisi costi-benefici.
La direttiva mantiene tutta la sua pertinenza come mezzo per contrastare le minacce per l’ambiente e la salute, garantendo una “rete di sicurezza” della protezione ambientale, anche in vista di significativi impegni a livello internazionale. Essa rimane pertinente anche alla luce degli obiettivi in materia di qualità dell’aria stabiliti nel programma di azione per l’ambiente e nel pacchetto aria pulita.
Secondo la direttiva le apparecchiature per il recupero di vapori di benzina devono essere certificate dal fabbricante in conformità alle pertinenti norme tecniche e avere la capacità di catturare almeno l’85% dei vapori di benzina. La loro efficienza deve essere testata almeno una volta all’anno o una volta ogni tre anni se la stazione di servizio è munita di dispositivi di controllo automatico.
Le stazioni di servizio dotate di sistemi per il recupero di vapori di benzina, inoltre, devono informarne i consumatori esponendo sul distributore di benzina, o nelle sue vicinanze, un cartello, un adesivo o qualsiasi altra forma di notifica.
A tale proposito, alcuni portatori di interesse, però, hanno sostenuto che tale obbligo di notifica non consente di influenzare la scelta dei consumatori nel modo auspicato, in quanto tale scelta sarebbe dettata dal prezzo e dalla convenienza più che da preoccupazioni di ordine ambientale. La valutazione ha concluso tuttavia che anche in questo caso una modifica della legislazione risulterebbe più onerosa della semplificazione.
Dal punto di vista del recepimento, la direttiva è stata recepita nel diritto nazionale da tutti gli Stati membri, anche se in alcuni casi in ritardo. Tanto che nel marzo 2012 sono state avviate procedure d’infrazione (poi chiuse l’anno dopo) nei confronti di 11 Stati membri fra cui anche l’Italia.
Il 72% di tutte le stazioni di servizio dell’Ue è attualmente dotato di sistemi di fase II. Ma la situazione varia molto da uno Stato membro all’altro: se è vero che 15 Stati membri hanno raggiunto o superato la media del 72%, è altrettanto vero che altri Stati membri evidenziano un ritardo.
Le risposte dei portatori di interesse alla consultazione indicano che la maggior parte degli Stati membri ha incontrato pochi (o nulli) problemi tecnici o interpretativi nell’attuazione della direttiva. Ciò si spiega in parte con il fatto che molti Stati disponevano già di una legislazione in questo ambito. Sono stati sì menzionati alcuni aspetti puntuali, quali la mancanza di chiarezza riguardo al significato di “ristrutturazione completa”, che sono però in via di definizione grazie alle discussioni e lo scambio di esperienze con gli Stati.