Risolto il paradosso dei cinghiali radioattivi

Non solo Chernobyl: è l’effetto tardivo dei test nucleari degli anni ’60 sui tartufi dei cervi

[1 Settembre 2023]

La catastrofe nucleare di Chernobyl del 1986 ha avuto un forte impatto sull’ecosistema forestale dell’Europa centrale. Dopo il disastro nucleare nell’allora Ucraina sovietica, il consumo di funghi venne scoraggiato a causa dell’elevata contaminazione radioattiva e per alcuni anni anche la carne degli animali selvatici era gravemente contaminata. Ma, mentre l’esposizione di cervi e caprioli, come previsto, è diminuita nel tempo, i livelli di radioattività della carne di cinghiale sono cambiati in modo sorprendentemente lento e si misurano ancora superamenti significativi dei valori limite.

Finora quello che è stato chamato il “paradosso del cinghiale” era rimasto un mistero irrisolto, ma il nuovo studio “Disproportionately High Contributions of 60 Year Old Weapons-137Cs Explain the Persistence of Radioactive Contamination in Bavarian Wild Boars”, pubblicato su Environmental Science & Technology  da un team di ricercatori tedeschi della Leibniz Universität Hannover e austriaci del TU Wien ha trovato una spiegazione grazie a mirazioni approfondite: si tratta addirittura di un effetto tardivo dei test sulle armi nucleari di gli anni ’60.

L’autore senio dello studio, Georg Steinhauser del TU Wien spiega che «Il cesio-137, con un tempo di dimezzamento di circa 30 anni, è decisivo per la radioattività dei campioni. Quindi dopo 30 anni, metà del materiale si è decomposto da solo».

Tuttavia, l’esposizione alle radiazioni del cibo diminuisce normalmente molto più velocemente e dopo Chernobyl il cesio è stato disperso, lisciviato dall’acqua, legato ai minerali o forse sepolto in profondità nel terreno in modo che piante e animali non lo consumino nelle stesse quantità di subito dopo l’esplosione del reattore nucleare. »Pertanto – spiegano ancora i ricercatori –  dopo il periodo di dimezzamento, la maggior parte dei campioni alimentari non presenta semplicemente la metà dell’attività originaria, ma una quantità significativamente inferiore».

Invece, con la carne di cinghiale le cose sono andate diversamente e l’esposizione alle radiazioni è rimasta quasi costante, diminuendo molto più lentamente di quanto ci si aspetterebbe dal decadimento radioattivo naturale del solo cesio, un risultato che dal punto di vista fisico, a prima vista sembra del tutto assurdo. Ancora oggi, in tutta Europa, vengono trovati campioni di carne di cinghiale non idonei al consumo perché la loro esposizione alle radiazioni supera notevolmente il valore limite consentito.

Steinhauser, trasferitosi nel 2022 dalla Leibniz Universität Hannover alla TU di Vienna, e il suo team sono riusciti a risolvere questo enigma: con nuove misurazioni più precise che volevano determinare non solo la quantità ma anche l’origine della radioattività.

Un altro autore dello studio, Bin Feng dell’ Institut für Anorganische Chemie della Leibniz Universität Hannover e del RIGA Center Atominstitut del TU Wien, sottolinea che «Questo è possibile perché diverse fonti di isotopi radioattivi hanno ciascuna un’impronta fisica diversa. Ad esempio, non viene rilasciato solo il cesio-137, ma anche il cesio-135, un isotopo del cesio con un’emivita significativamente più lunga».

Il rapporto di miscelazione dei due tipi di cesio non è sempre lo stesso:  quello  della catastrofe nucleare di Chernobyl è diverso da quello dei test delle armi nucleari degli anni ’60. Quindi, misurando questo rapporto si possono ottenere informazioni sull’origine del materiale radioattivo. Ma il problema è che è molto difficile quantificare con precisione il cesio-135. Steinhauser  fa notare: «Poiché ha un tempo di dimezzamento così lungo e decade solo raramente, semplicemente non può essere rilevato con dispositivi di misurazione delle radiazioni. Se deve lavorare con metodi di spettrometria di massa e impegnarsi molto per distinguerlo con precisione dagli altri atomi. Ora ci siamo riusciti».

E così che i ricercatori hanno scoperto che «Mentre circa il 90% del cesio-137 nell’Europa centrale proviene da Chernobyl, la percentuale nei campioni di cinghiali è molto più bassa. Invece, gran parte del cesio presente nella carne di cinghiale può essere ricondotto ai test sulle armi nucleari: fino al 68% in alcuni campioni.

Al TU Wien dicono che «Il motivo risiede nelle preferenze alimentari molto particolari dei cinghiali: a loro piace particolarmente scavare i tartufi dei cervi dal terreno e il cesio radioattivo si accumula in questi funghi sotterranei solo con molto ritardo». Steinhause conferma: «Il cesio migra molto lentamente attraverso il suolo, a volte solo circa un millimetro all’anno. I tartufi dei cervi, che si trovano a una profondità di 20-40 centimetri, stanno assorbendo solo ora il cesio rilasciato a Chernobyl. Il cesio derivante dai vecchi test sulle armi nucleari, invece, è arrivato lì molto tempo fa».

Ciò si traduce in una complessa interazione di effetti diversi: sia il cesio dei test sulle armi nucleari che il cesio di Chernobyl si diffondono nel terreno, quindi i tartufi vengono raggiunti da due diversi “fronti di cesio” che migrano gradualmente attraverso il terreno. D’altra parte, il cesio decade nel corso degli anni». Steinhauser  fa notare che «Se si sommano tutti questi effetti, si spiega perché la radioattività dei tartufi dei cervi – e successivamente dei cinghiali – rimane relativamente costante in termini di grandezza».

I ricercatori avvertono che «Non c’è quindi da aspettarsi che nei prossimi anni la contaminazione della carne di cinghiale diminuisca in modo significativo, perché solo ora parte del cesio di Chernobyl viene immagazzinato nei tartufi».

Steinhauser conclude: «Il nostro lavoro mostra quanto possano essere complicate le relazioni negli ecosistemi naturali, ma anche che è possibile trovare risposte a questi enigmi se si misura con sufficiente precisione».