Sversamento di petrolio impianto Cova di Viggiano: altri due rinvii a giudizio

Legambiente: «Un altro passo verso la verità, in nome del popolo inquinato»

[10 Febbraio 2022]

Il Presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani e il presidente di Legambiente Basilicata Antonio Lanorte esprimono soddisfazione per il rinvio a giudizio, disposto dal GUP del Tribunale di Potenza, dei due ex responsabili del Centro Olio Val d’Agri dell’Eni accusati di disastro ambientale per lo sversamento di petrolio dal Centro Oli COVA di Viggiano, scoperto all’inizio del 2017.

Legambiente, parte civile nel processo che comincerà a giugno, ricorda che «Avevamo presentato un esposto penale nel 2017 alla Procura di Potenza, chiedendo di far luce sui fatti e facendo appello alla legge 68/2015 sugli ecoreati visto il grave rischio di contaminazione di suolo e sottosuolo, compreso il reticolo idrografico. Anche grazie a quell’esposto è partita un’inchiesta con l’arresto dell’allora responsabile dell’impianto, Enrico Trovato. Giustamente ora il capo di imputazione di disastro ambientale è stato esteso anche agli ex direttori del sito dell’Eni a Viggiano, Ruggero Gheller ed Andrea Palma, responsabili dell’impianto prima di Trovato. Pertanto, sebbene il reato sia stato introdotto nel 2015 con la legge 68 sugli ecoreati, quindi in epoca successiva al periodo in cui i due imputati hanno avuto responsabilità sull’impianto (tra il 2011 e il 2014), gli effetti della loro presunta mala gestione si sarebbero avuti anche successivamente».

A fine novembre 2021 era stata la Regione Basilicata, sulla base dei pareri di ARPAB e ISPRA, a comunicare che «Gli effetti dello sversamento del Centro Oli Val d’Agri sono ancora evidenti con i terreni adiacenti impregnati di petrolio, quel petrolio fuoriuscito nel 2017. Da questo non si può procedere alla bonifica delle acque sottostanti fino a quando l’area non sarà messa completamente in sicurezza da Eni».

Poi a Eni era stato chiesto di presentare entro 30 giorni un nuovo progetto di messa in sicurezza operativa per ripulire definitivamente il suolo dal petrolio. Solo successivamente Eni potrà presentare una nuova analisi dei rischi sanitari e ambientali propedeutica alla definitiva approvazione del piano di bonifica dell’area.

Il 24 novembre 2021, in un’intervista al TGR Basilicata, l’assessore regionale all’ambiente Gianni Rosa (Fratelli d’Italia)  aveva evidenziato la gravità della situazione: «Non è possibile fare la bonifica perchè fare la bonifica significa depurare le acque, però se da una parte depuri le acque e dall’altro lato le acque continuano ad essere inquinate dal petrolio che esce dal terreno evidentemente risulterebbe un’azione inutile».

Il 2 novembre scorso l’ufficio prevenzione e controllo ambientale della Regione aveva attestato la presenza nell’aria di sorgenti di contaminazione ancora attive e la Regione aveva spiegato che nei terreni è ancora presente il 15% del petrolio sversato nel 2017 e Rosa aveva aggiunto: «Abbiamo chiesto ad Eni il nuovo piano di messa in sicurezza, loro dovranno fare queste attività perchè il petrolio è ancora presente nel sottosuolo e questo non ci soddisfa».