Le uova di Pasqua costano di più per colpa del cambiamento climatico in Africa occidentale

Nell’Africa occidentale meridionale caldo umido pericoloso: circa 4° C in più

[21 Marzo 2024]

Secondo il nuovo studio  “Dangerous humid heat in southern West Africa about 4°C hotter due to climate change”, pubblicato sul sito del Grantham Institute for Climate Change da un team di ricercatori della World Weather Attribution, «La zona costiera meridionale dell’Africa occidentale – chiamata anche zona della Guinea – ha sperimentato un caldo anomalo all’inizio della stagione nel febbraio 2024. Una combinazione di temperature elevate e aria relativamente umida ha portato a valori medi dell’indice di calore dell’area di circa 50° C, che è classificato come nel livello di “pericolo” associato ad un alto rischio di crampi da calore e colpi  di calore. A livello locale i valori hanno raggiunto addirittura il livello di “pericolo estremo”, associato
ad un elevato rischio di colpo di calore, con valori fino a 60°C».

Le ondate di caldo umido sono particolarmente pericolose e, mentre in Ghana e Nigeria le organizzazioni meteorologiche hanno emesso allarmi, i media e le organizzazioni governative nella zona della Guinea hanno segnalato pochi impatti legati al caldo. Ma lo studio conferma che «A febbraio, l’Africa occidentale è stata colpita da un’ondata di caldo insolitamente intensa all’inizio della stagione, con temperature normalmente non osservate fino a marzo o aprile. Il caldo più intenso si è verificato dall’11 al 15 febbraio con temperature superiori a 40° C».

Il caldo estremo si è verificato durante la finale della Coppa d’Africa di calcio in Costa d’Avorio e, a causa delle condizioni calde e umide, durante le partite sono state attuate diverse “pause di raffreddamento” in modo che i giocatori potessero reidratarsi.

Scienziati di Nigeria, Burkina Faso, Svizzera, Svezia, Sud Africa, Paesi Bassi, Germania, Regno Unito e Stati Uniti hanno collaborato per valutare se e in che misura il cambiamento climatico indotto dall’uomo ha modificato la probabilità e l’intensità di questa ondata di caldo umido di febbraio. Per valutare l’umidità, che aumenta l’impatto del calore sul corpo umano, il team ha analizzato l’indice di calore, che tiene conto sia delle temperature massime giornaliere che dell’umidità relativa. L’evento è stato definito come «L’indice di calore medio annuale (luglio-giugno) massimo di 5 giorni in una regione vicino alla costa meridionale dell’Africa occidentale».

Il team di ricerca World Weather Attribution, sottolinea che «Nell’area studiata sono disponibili dati molto limitati sull’impatto. Ciò non significa che non ci siano stati impatti ma suggerisce una consapevolezza limitata sui rischi del caldo. Per ridurre la morbilità e la mortalità legate al caldo nell’Africa meridionale occidentale, c’è urgente bisogno di migliorare il monitoraggio e la ricerca sugli impatti e sui rischi associati alle ondate di caldo. Un’urbanizzazione rapida e non pianificata, con circa la metà dei residenti urbani che vivono in media in alloggi informali, rende una parte considerevole della popolazione della regione altamente esposta e vulnerabile al caldo estremo. La diffusa carenza energetica e l’accesso limitato all’acqua, ai servizi igienico-sanitari (WaSH) e ai servizi sanitari aggravano ulteriormente i rischi per la salute legati al caldo poiché agli individui vengono lasciate opzioni molto limitate per le strategie di coping individuali, come l’aria condizionata».

Con temperature medie globali di 2° C superiori ai livelli preindustriali, si prevede che il caldo umido osservato quest’anno sarà di circa altri 1,2° C – 3,4° C più caldo e da 3 a 10 volte più probabile, il che significa che gli eventi di caldo estremo si verificheranno circa una volta ogni due anni.

I ricercatori fanno notare che «Nonostante i dati e le ricerche limitate, negli ultimi anni si è registrata una maggiore consapevolezza dei rischi legati al caldo da parte dei servizi meteorologici nazionali (ad esempio Nigeria) e delle autorità cittadine (ad esempio Freetown, Sierra Leone). Sono necessari ulteriori miglioramenti e investimenti, come l’estensione degli avvisi di caldo alle giornate calde al di fuori della stagione tipicamente calda. Questo è particolarmente urgente in quanto il pianeta continua a riscaldarsi, causando stagioni calde e prolungate. Tuttavia, nei Paesi analizzati, molti non sembrano aver effettuato una pianificazione per affrontare gli estremi di caldo».

E il caldo estremo in Africa occidentale si ripercuote anche sui nostri consumi e sulle nostre tasche. Come da notare oggi BBC News,  «Secondo i ricercatori, il cambiamento climatico è una delle ragioni principali per cui il tuo uovo di Pasqua di cioccolato potrebbe costare di più quest’anno. La maggior parte del cioccolato è prodotto con cacao coltivato nell’Africa occidentale, ma un’ondata di caldo umido ha distrutto i raccolti e ridotto massicciamente i raccolti».  Questa settimana, a carenza di cacao derivante dall’ondata di caldo ha fatto salire i prezzi salire a quasi 8.500 dollari la tonnellata.

Gli alberi di cacao sono particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici: crescono solo in una stretta fascia di circa 20 gradi di latitudine attorno all’Equatore e la maggior parte della produzione globale è concentrata nell’Africa occidentale.

Uno degli autori dello studio Izadine Pinto, dell’Università di Città del Capo e dell’ Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), conferma: «Ci sono stati rapporti da parte di agricoltori della Costa d’Avorio secondo cui il caldo ha indebolito il raccolto di cacao. Le alte temperature hanno aumentato il tasso di evaporazione, lasciando i raccolti senza umidità sufficiente».

Un altro autore dello studio, Ben Clarke, esperto di condizioni meteorologiche estreme del Grantham Institute dell’Imperial College. sottolinea che  El Niño ha esacerbato questi cambiamenti, ma «Il cambiamento climatico portato dall’uso di combustibili fossili sta moltiplicando sempre più questa sfida naturale in molte regioni. Alimenta condizioni più estreme, devasta i raccolti e fa aumentare i costi del cibo per tutti».

Sia la Costa d’Avorio che il Ghana sono stati colpiti da un doppio disastro meteorologico estremo: nel dicembre 2023 hanno subito piogge intense, che nell’Africa occidentale sono state più del doppio della media trentennale. Le condizioni umide hanno favorito un’infezione fungina  – la malattia del baccello nero – che fa marcire le fave di cacao sugli alberi. E i due eventi estremi hanno avuto un unico risultato: il prezzo del cacao è più che triplicato rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso ed è raddoppiato solo negli ultimi 3 mesi. I produttori di cioccolato in genere acquistano i chicchi con mesi di anticipo, ma l’impennata dei prezzi sta ora iniziando a influenzare i prezzi nei negozi.

Si stima che nella zona del cacao dell’Africa occidentale vi siano circa 2 milioni di piccoli coltivatori che fanno affidamento su questa coltura ad alta intensità di manodopera per la maggior parte del loro reddito.

Amber Sawyer, analista del think tank Energy and Climate Intelligence Unit, ha detto a BBC News che «I Paesi ricchi come il Regno Unito possono fornire supporto finanziario e tecnico ai Paesi in via di sviluppo per aiutare i loro agricoltori ad affrontare meglio le condizioni meteorologiche estreme. Ma  con l’aggravarsi del cambiamento climatico, sarà senza dubbio necessario un maggiore sostegno per proteggere i loro mezzi di sussistenza e mantenere il flusso di semi di cacao in arrivo nel Regno Unito».

E’ quel pensano anche i ricercatori di World Weather Attribution che concludono: «Sono necessari ingenti investimenti in Africa per rafforzare la resilienza al caldo pericoloso. L’ONU ha stimato che il costo dell’adattamento per i Paesi in via di sviluppo sarà compreso tra 215 e 387 miliardi di dollari l’anno in questo decennio. Ma i Paesi ricchi non hanno ancora mantenuto le promesse fatte per aiutare i paesi in via di sviluppo a diventare più resilienti ai crescenti rischi del cambiamento climatico. Inoltre, questi impegni sono drasticamente inferiori ai finanziamenti necessari: nel 2021 la comunità globale ha speso solo 21 miliardi di dollari per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad adattarsi ai cambiamenti climatici».