Italia che pedala, l’A Bi CI della ciclabilità: 20 città performance europee, ma le metropoli arrancano
Bolzano, Pesaro, Ferrara e Treviso capitali della bici. Il bike sharing nel paniere Istat
[29 Aprile 2015]
Alla vigilia di VeloLove, il festival nazionale dei ciclisti urbani, che tra maggio e giugno propone tanti appuntamenti ed eventi per biciclettari metropolitani è stato presentato l’A Bi Ci della ciclabilità, dal quale emerge che «Gli italiani sono prontissimi a pedalare appena si creano le condizioni per farlo. Nonostante la sensazione diffusa che l’Italia che si sposta in bici arranchi in coda al gruppo delle nazioni settentrionali della Ue, 20 comuni capoluogo vantano performance di ciclabilità di livello europeo: a Pesaro, Bolzano, Ferrara e Treviso almeno un quarto della popolazione si sposta a pedali. In altre cinque città il 20% degli spostamenti è soddisfatto dalle bici e in 11 la percentuale di ciclisti è superiore alla soglia del 10%. Accanto a grandi aree urbane, da Bari a Torino, dove la mobilità non motorizzata fatica ad affermarsi, in tante realtà il numero dei frequent bikers è in costante crescita grazie all’azione dell’amministrazione locale o spontaneamente».
Il confronto tra Italia che pedala e resto dell’Ue a volte è sorprendente: Anche se è vero che l’Italia nel complesso esce male ed è innegabile la distanza che separa le nostre grandi città (Torino, Roma e Bari ad esempio) da alcuni grandi centri urbani europei (come Amsterdam, Berlino, Copenaghen) – dicono a Legambiente e Rete Mobilità Nuova nel loro rapporto- è assai significativo che Bolzano, Pesaro e Ferrara compaiano nella classifica delle 20 città europee che hanno la maggior percentuale di spostamenti in bici sul totale degli spostamenti».
In testa alla classifica Pesaro e Bolzano dove monta in sella quotidianamente quasi il 30% degli abitanti, poi Ferrara (27%) e Treviso (25%). «Risultati frutto di un preciso progetto delle amministrazioni locali teso a favorire la mobilità nuova all’interno del centro abitato e il passaggio da un uso quasi esclusivamente ricreativo della bicicletta a un utilizzo per i movimenti casa-scuola e casa-lavoro – dicono gli ambientalisti e i ciclisti – . In ognuno dei quattro comuni, si è partiti dalle esigenze di mobilità dei cittadini e lavorato su un’infrastrutturazione leggera (con la messa in sicurezza dello spostamento non motorizzato, ottenuta anche attraverso una moderazione in alcune zone a 30 o a 20 kmh della velocità dei veicoli a motore) e su una comunicazione che fa diventare il cittadino che si muove con le proprie gambe il principale protagonista di una città smart».
L’A Bi Ci della Ciclabilità rivela che in molte città è in corso un bici boom e l’uso delle due ruote nei giorni feriali stia raggiungendo livelli interessanti: «Almeno un quinto degli abitanti di Ravenna, Rimini, Piacenza, Sondrio e Venezia-Mestre preferisce ormai stabilmente questo stile di mobilità e anche a Pordenone, Biella, Pavia, Reggio Emilia, Novara, Padova, Pisa, Cremona la percentuale di domanda di mobilità soddisfatta dalle bici è estremamente positiva».
Anchei dati Istat sulla qualità dell’ambiente urbano segnalano l’affermarsi di nuove tendenze: «Continua la crescita del car sharing, attivo nel 2013 in 22 città, con circa 1.000 veicoli (il 23% elettrici) e oltre 25 mila abbonati (+36% in un biennio). I servizi di bike sharing sono attivi in 58 città (10 in più in un biennio) con oltre 1.000 punti di prelievo (+42%) e quasi 10 mila biciclette (+62%). Bike sharing e car sharing, in virtù della loro diffusione, compaiono tra le new entry del paniere di riferimento Istat per la rilevazione dei prezzi al consumo».
La sottosegretaria all’ambiente Silvia Velo ha detto che «Dai dati della ricerca A Bi Ci della Ciclabilità emerge chiaramente un aumento dell’uso della bicicletta come vero e proprio mezzo di trasporto nelle città italiane E’ del tutto evidente, quindi, l’esigenza delle Amministrazioni Locali e dello stesso Ministero dell’Ambiente di promuovere a livello locale e nazionale la diffusione della mobilità ciclistica, sia per ridurre le emissioni di gas inquinanti nell’atmosfera, sia per sostenere una vero e proprio cambiamento delle abitudini spostamento dei cittadini. Siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione culturale: alcuni Paesi Europei l’hanno colta diversi anni fa, sta all’Italia, adesso, sfruttare le opportunità che un mezzo come la bicicletta, a zero emissioni e senza costi di carburante, può offrire».
L’A Bi Ci della Ciclabilità è stato realizzato attraverso un questionario inviato a tutti i Comuni capoluogo di provincia. I numeri raccolti sono dunque tutti autocertificati dai Comuni. In primo luogo è stato chiesto di indicare il modal share del proprio territorio, ossia il tipo di veicolo (auto, moto/scooter, trasporto pubblico, bici, piedi) utilizzato dagli abitanti per gli spostamenti sistematici all’interno del centro urbano. Questo è probabilmente il miglior indicatore per determinare la qualità della mobilità su scala urbana e l’elemento che consente a Legambiente di dare giudizi positivi sui Comuni citati. E’ anche, purtroppo, il parametro su cui i Comuni hanno fornito il minor numero di informazioni: solo 50 città capoluogo (sulle 104 interpellate) hanno dati aggiornati e confrontabili tra loro. Un altro indice è relativo ai “metri equivalenti” di percorsi ciclabili. Reggio Emilia registra il valore più alto con 39,03 m_eq/100 ab, mentre sei città (Caltanissetta, Enna, Isernia, Potenza, Reggio Calabria, Siracusa) non segnalano nessun tipo di infrastruttura dedicata alla ciclabilità. La media, per i capoluoghi italiani esaminati, è di 7,04 m_eq/100 ab di infrastrutture ciclabili. Troppo poco. L’estensione media delle isole pedonali presenti nei comuni italiani rimane invariata rispetto agli scorsi anni attestandosi a 0,36 m2 per abitante. Ma l’estensione dei percorsi ciclabili e, più in generale, di tutte le misure infrastrutturali a supporto della ciclabilità forniscono solo una prima indicazione di tipo quantitativo che non può “misurare” altre caratteristiche come il grado di sicurezza, la funzionalità e la distribuzione all’interno della città.
Ecco perché è utile una lettura parallela dell’indicatore del modal share in bici e dei metri equivalenti di ciclabili. Non sempre, infatti, questi due elementi viaggiano in parallelo e l’assenza di simmetria tra il parametro relativo allo stile di mobilità preferito dagli abitanti e quello relativo alla dotazione infrastrutturale porta a fare due considerazioni. La prima sulla qualità di ciò che viene realizzato: non basta fare le ciclabili o introdurre servizi di bike sharing, bisogna farli bene. La seconda più ampia: non bastano le ciclabili a fare i ciclisti, chiunque voglia rendere una città pedalabile dovrà prima tutto agire sull’intera mobilità. Perché ciclisti, pedoni e trasporto pubblico crescono dove si rovesciano le gerarchie, dove cioè andare in auto diventa l’opzione meno facilitata e dove c’è garanzia di sicurezza per l’utenza vulnerabile.
Il responsabile aree urbane di Legambiente, Alberto Fiorillo, conclude: «Il cambiamento degli stili di mobilità, più che dalla crisi economica, è probabilmente favorito dalla crisi del vecchio modo di muoversi all’interno delle aree urbane. C’è una forte insofferenza rispetto a una quotidianità fatta spesso di ingorghi, stress, tempo perso, smog e così chi pedala prende sempre più spazio. Purtroppo non c’è possibilità (mancano informazioni statistiche dettagliate) per fare un paragone con la situazione di 5 o 10 anni fa. Ma è evidente che ritrovare oggi ben 17 città italiane con una mobilità ciclabile che soddisfa tra il 15 e il 30% della domanda di trasporto testimonia che il ciclismo urbano non è più un fenomeno di nicchia e che la strada aperta da questi Comuni virtuosi concentrati nel nord del Paese può essere positivamente copiata nel resto d’Italia».