Parlamento europeo e Ucraina: embargo subito contro il nucleare russo

Ma Orban metterà il veto e la von der Leyen frena. Mentre Rosatom assicura che il nucleare non è politico e che opera in maniera trasparente

[6 Febbraio 2023]

Con 489 voti favorevoli, 36 contrari e 49 astensioni, il Parlamento europeo ha adottato una raccomandazione  che esorta i leader dell’Unione europea e dei Paesi Ue a dar prova di unità di fronte alla guerra della Russia contro l’Ucraina, e li invita ad «Adottare quanto prima il decimo pacchetto di sanzioni nei confronti della Russia e a presentare proposte per l’ulteriore sviluppo delle sanzioni, includendo nuovi settori e persone».

Secondo gli eurodeputati, «L’elenco delle persone oggetto di sanzioni dovrebbe essere ampliato per includere le società russe ancora presenti sui mercati dell’Ue, come Lukoil e Rosatom, e dovrebbero essere introdotte sanzioni per i funzionari coinvolti in un’ampia gamma di attività illegali come le deportazioni forzate, la detenzione illegale di attivisti civili e membri dell’opposizione politica russa, e i “referendum” illegali a Lugansk, Kherson, Zaporizhzhia e Donetsk».

Infine, il Parlamento europeo ribadisce la sua richiesta di «Un embargo immediato e totale sulle importazioni di combustibili fossili e uranio dalla Russia nonché la completa dismissione dei gasdotti Nord Stream 1 e 2».

Il probleama è che il nucleare e la tecnologia nucleare russi sono vitali anche per il funzionamento altre vetuste centrali nucleari dell’Europa dell’Est. Il e il primo ministro ungherese Viktor Orban ha subito fatto sapere che il suo Paese porrà il veto a qualsiasi piano dell’unione di 27 membri per sanzioni che influiscano sull’energia nucleare. L’Ungheria ha in programma di costruire  due nuovi reattori russi nella sua attuale centrale nucleare di Paks, che è alimentata da combustibile nucleare russo.

In una conferenza stampa con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in vista del vertice di Kiev  di oggi, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen non ha menzionato alcuna inclusione dell’energia nucleare nel regime di sanzioni, ma ha evidenziato che «Il price cap sul greggio costa già alla Russia circa 160 milioni di euro al giorno. Introdurremo, con i nostri partner del G7, un ulteriore price cap sui prodotti petroliferi russi ed entro il 24 febbraio, esattamente un anno dall’invasione iniziato, puntiamo ad avere il decimo pacchetto di sanzioni».

In risposta al voto del Parlamento europeo, Rosatom ha dichiarato: «Nello svolgimento delle nostre attività, anche sui mercati internazionali, abbiamo sempre ritenuto che l’energia nucleare dovrebbe rimanere al di fuori della politica. Rosatom opera in modo trasparente in tutto il mondo nell’interesse di suoi clienti e partner, e con il rigoroso rispetto della legislazione internazionale e nazionale». Sul fatto che il nucleare non sia politico ci sarebbe molto da dire – come insegna la storia fatta di tragioci episodi e incidenti – ma che Rosatom e le altre imprese nucleari operino in maniera trasparente è una balla nella quale non crede nemmeno Rosatom.

Ma agli europarlamentari ha fatto subito sponda il Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale dell’Ucraina che ha introdotto sanzioni contro l’industria nucleare russa. Il presidente ucraino Vladomir Zelensky ha rivelato che l’elenco delle compagnie russe soggette alle restrizioni comprende l’agenzia nucleare Rosatom, la società che gestisce la centrale nucleare di Zaporozhya (ZNPP), la più grande centrale nucleare d’Europa occupata dai russi.

Zelensky ha accusato: «Le truppe russe bombardano le centrali nucleari in Ucraina e le usano come copertura per gli attacchi. Queste sono ragioni sufficienti per sottoporre l’industria nucleare russa a sanzioni globali».  Ieri il presidente ucraino ha emesso un decreto che ha inserito nella lista nera un totale di 200 entità russe per un periodo di 50 anni.

La centrale nucleare Zaporozhya è sotto controllo russo dalla primavera del 2022 e si trova nella regione di Zaporozhye che, secondo Mosca, è entrata formalmente a far parte della Russia nell’autunno 2022, insieme ad altri tre ex territori ucraini le Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk e la regione di Cherson, dopo un referendum non riconosciuto dalla comunità internazionale e disertato da gramn parte della popolazione chiamata al voto.  Nell’ultimo anno, la centrale nucleare di Zaporozhya è stata ripetutamente sottoposta a bombardamenti di artiglieria e attacchi di droni e Mosca e Kiev si scambiano accuse su chi ne sia il colpevole.