Bagnoli, dopo un quarto di secolo per le bonifiche risiamo all’anno zero
Dal Tribunale di Napoli 6 condanne per disastro ambientale e truffa. Ora la partita è in mano a Invitalia
[6 Febbraio 2018]
La storia del quartiere Bagnoli di Napoli come sito industriale inizia nel 1904, con la legge per l’industrializzazione della città che spalancò la porta alla siderurgia, attività poi spentasi nel corso dei decenni. Esattamente novant’anni dopo, nel 1994, arrivò dal Cipe la prima delibera che ordinava la bonifica e il risanamento ambientale dell’area; a occuparsene avrebbe dovuto essere dapprima l’acciaieria Ilva, poi la società di scopo Bagnoli Spa, infine la società di trasformazione urbana a partecipazione pubblica Bagnolifutura. Ma le bonifiche attendono ancora: nel frattempo, ieri il Tribunale di Napoli ha concluso il processo (di primo grado) per la mancata bonifica dell’area di Bagnoli e dell’ex Italsider – che dal 2000 è un Sin, Sito d’interesse nazionale – con sei condanne per la mancata bonifica dell’area, con disastro ambientale e truffa come principali reati contestati.
«Ancora una volta – commenta Michele Buonomo, presidente di Legambiente Campania – la magistratura deve sostituirsi alla politica. Assistiamo a un copione che in Campania si ripete ogni qualvolta si parla di bonifiche di siti contaminati. Ieri le discariche dell’ecomafia, oggi Bagnoli, ma con un unico comune denominatore: la bonifica nella nostra regione è una lontana chimera dove corruttela, sprechi e inquinamento la fanno da padrone. La sentenza di oggi rappresenta l’epilogo di un’annosa vicenda che vede ancora ferite mai rimarginate su quel territorio, bonifiche mai realizzate e partite con grande ritardo».
Oggi a Bagnoli la palla delle bonifiche è in mano a Invitalia – l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, di proprietà del ministero dell’Economia –, che su incarico del Governo è il soggetto attuatore del programma di bonifica e rilancio dell’ex area industriale. “Il 2018 sarà l’anno delle bonifiche”, titolava l’Agenzia lo scorso dicembre al termine dell’ultima riunione della Cabina di regia, con l’amministratore delegato Domenico Arcuri a dettagliare: «Inizieremo l’attività di bonifica della rimozione integrale dell’eternit e dell’amianto sotto la superficie del sito di Bagnoli e questa sarà la prima attività di bonifica a terra che concluderemo, auspicabilmente, nel 2018. La rimozione dell’eternit e dell’amianto darà il via alla vera grande bonifica su Bagnoli, la stessa che aspettiamo da 25 anni». Paradossalmente, la sentenza di ieri potrebbe dare nuova energia all’iter, in quanto il Tribunale di Napoli ha revocato il sequestro finora vigente su alcune aree di Bagnoli: «Il dissequestro è benvenuto – ha spiegato infatti Arcuri all’Ansa – perché consente al proprietario dell’area, che in funzione di una norma è Invitalia, di poterla gestire pienamente. Prima dell’estate credo si possa iniziare lavori di progettazione della bonifica».
Sul quando le bonifiche a Bagnoli potranno però dirsi definitivamente concluse, visti i pregressi, dopo 24 anni sembra ancora troppo presto per pronunciarsi. Per questo il quartiere di Napoli è ormai uno dei simboli più tragici di un dramma – quello delle mancate bonifiche – che ammorba l’Italia in lungo e in largo. Gli ultimi dati disponibili documentano come le aree Sin occupino 2.200 chilometri quadrati di territorio italiano, e come per l’80% siano ancora in attesa di bonifiche; secondo Confindustria, concludere l’opera costerebbe sì 10 miliardi di euro, ma ne garantirebbe 5 di ritorni fiscali per lo Stato, oltre a creare 200mila posti di lavoro e a migliorare in modo determinante la qualità (e salubrità) delle aree Sin.
«Quella di Bagnoli – conclude Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente – è una delle vicende italiane più gravi per quanto riguarda i ritardi nell’attuazione delle opere di bonifica e i risanamenti ambientali del nostro Paese. È tempo per l’Italia di voltare pagina: non possiamo più permetterci questo sperpero di denaro pubblico e l’incremento dei rischi per la salute dei cittadini derivante da un inquinamento protratto da false operazioni di bonifica».