Business circolari e design più smart possono ridurre l’impatto ambientale e climatico dei nostri abiti

Come affrontare il problema delle microplastiche provenienti dal lavaggio dei prodotti tessili

[10 Febbraio 2022]

Dopo il cibo, l’alloggio e la mobilità, abiti e tessuti sono la tipologia di consumo che ha il maggiore impatto sull’ambiente e sul clima in Europa. In vista della prevista strategia dell’Unione europea, l’European Environment Agency (AEA) ha pubblicato oggi due briefing che esaminano le misure per ridurre questi impatti, compresi l’uso delle risorse, le emissioni di gas serra e l’inquinamento da microplastiche.

Il primo briefing EEA, “Textiles and the environment: The role of design in Europe’s circular economy“,  fornisce stime aggiornate su gli impatti del ciclo di vita dei prodotti tessili sull’ambiente e sul clima e dimostra che «Rispetto ad altre categorie di consumo, i tessili hanno causato nel 2020 la terza maggiore pressione sull’utilizzo dell’acqua e del suolo e la quinta maggiore usull’tilizzo di materie prime ed emissioni di gas serra».

In media, nell’Unione europea, il consumo di prodotti tessili ha richiesto 9 m£ di acqua pro capite, 400 m2 di suolo, 391 kg di materie prime e ha causato un’impronta di carbonio di circa 270 kg. La stragrande maggioranza dell’utilizzo delle risorse e delle emissioni è avvenuta al di fuori dell’Europa.

Il briefing esamina anche come i modelli di business e il design circolari possono ridurre gli impatti negativi della produzione e del consumo di tessuti mantenendo il valore dei tessuti, allungandone i cicli di vita e aumentando l’utilizzo di materiali riciclati, ma avverete che «Questo richiede innovazione tecnica, sociale e aziendale, supportata da politiche, formazione e cambiamenti nel comportamento dei consumatori».

L’EEA evidenzia che «Un aspetto fondamentale per aumentare la circolarità dei prodotti tessili è il loro design. Il design circolare, come un’attenta selezione dei materiali, un look senza tempo o la multifunzionalità degli indumenti,  può consentire un uso e un riutilizzo più a lungo dei prodotti, prolungando il ciclo di vita dei tessuti». Secondo il briefing, «Anche l’ottimizzazione dell’uso delle risorse e la riduzione delle emissioni nella fase di produzione attenuerebbe gli impatti negativi, così come una migliore raccolta, riutilizzo e riciclaggio dei tessili scartati».

I l’abbigliamento e i tessuti sono una delle principali fonti di inquinamento da microplastica, soprattutto attraverso le acque di scarico delle lavatrici, ma anche durante la loro produzione, l’usura e lo smaltimento degli indumenti a fine vita.  L’atro Briefing dell’EEA “Microplastics from textiles: towards a circular economy for textiles in Europe” esamina proprio questo tipo di inquinamento, evidenziando tre misure di prevenzione essenziali: design e produzione sostenibili, controllo delle emissioni durante l’utilizzo e miglioramento del trattamento di fine vita.

Secondo questo briefing EEA, «L’inquinamento potrebbe essere ridotto, ad esempio, utilizzando processi di produzione alternativi e il prelavaggio degli indumenti nei siti di produzione con un adeguato filtraggio delle acque reflue. Altre misure promettenti che potrebbero essere introdotte o ampliate includono l’integrazione di filtri nelle lavatrici domestiche, lo sviluppo di detersivi più delicati e, in generale, una migliore cura dei capi. Infine, la raccolta dei rifiuti tessili, il trattamento e la gestione delle acque reflue ridurrebbero ulteriormente le perdite nell’ambiente».

Entrambi i briefing riassumono relazioni tecniche più dettagliate dell’European Topic Centre on Waste and Materials in a Green Economy (ETC/WMGE) dell’EEA.