Fishing for Litter: in rete contro un mare di plastica. I primi dati del progetto nell’Adriatico (VIDEO)
Pescatori e ambientalisti uniti in un progetto sperimentale per il recupero dei rifiuti dai fondali marini
[7 Agosto 2018]
23 giorni di raccolta dei rifiuti recuperati accidentalmente dai pescatori, 45 imbarcazioni coinvolte, 12 volontari, 210 conferimenti, 7.198 rifiuti recuperati dai fondali marini, per 1.000 chili, pari a 105 sacchi. Sono alcuni dei numeri del primo dei 6 mesi di sperimentazione del progetto “Fishing for Litter – In rete contro un mare di plastica” – , che ha l’obiettivo di censire i rifiuti raccolti durante le attività di pesca dai fondali marini – una iniziativa che fino al 20 dicembre vede coinvolti 12 volontari di Legambiente Delta del Po e 45 imbarcazioni della cooperativa della Piccola Grande Pesca di Porto Garibaldi (Ferrara) Clara spa, Capitaneria di porto di Porto Garibaldi e Comune di Comacchio, con il supporto di Bio-On.
A Legambiente ricordano che «Il problema del marine litter è globale e quanto mai grave. Per ogni minuto che passa, l’equivalente di un camion di rifiuti finisce nei mari e negli oceani del mondo. Quello che resta visibile agli occhi, quindi sulle spiagge e sulla superficie del mare, è pari solo al 15% della mole di rifiuti che giacciono sul fondo del mare. Senza contare i danni economici che il fenomeno del marine litter provoca al comparto produttivo del settore pesca. Secondo uno studio commissionato dall’Unione Europea, l’impatto economico per la pesca è stimato intorno ai 61,7 milioni di euro all’anno, risultando il secondo settore più danneggiato dai rifiuti marini dopo quello del turismo. Un dato che potrebbe subire un calo solo attraverso la prevenzione del rifiuto, la raccolta, il riciclo e la sperimentazione di nuovi materiali«.
Dal monitoraggio effettuato dai volontari a Porto Garibaldi e dal Dossier “Risultati analiticidel primo mese di sperimentazione dal 27 giugno al 27 luglio 2018” è emerso che «L’82% dei rifiuti proviene dalle attività produttive di pesca e acquacoltura, mentre il 15% dalla cattiva gestione dei rifiuti urbani. Giulio Kerschbaumer, direttore di Legambiente Emilia-Romagnaspiega che «Grazie al supporto di Bio-On abbiamo potuto attivare a Porto Garibaldi una sperimentazione per studiare i rifiuti raccolti accidentalmente in mare dai pescherecci locali. Il dato allarmante sono i 1.000 kg di rifiuti riportati a terra in un solo mese di sperimentazione, dei quali il 95% è composto da plastiche, e quasi l’80% da calze per mitilicoltura. Il problema di questa specifica tipologia di rifiuto è evidenziato anche dagli studi effettuati nell’ambito del progetto DeFish Gear, condotto sul marine litter presente nel Mare Adriatico: le reti per mitilicoltura sono al settimo posto della top 20 degli oggetti rinvenuti sulle spiagge, e sono il terzo rifiuto più abbondante registrato nei monitoraggi effettuati sul fondale marino». Ogni anno finiscono nei mari di tutto il mondo circa 8 milioni di tonnellate di plastica; pezzi giganti come intere barche; frammenti di pochi centimetri che vengono mangiati dagli uccelli e dai pesci; particelle microscopiche che entrano nella catena alimentare, compresa quella dell’uomo. È un problema enorme, non solo per l’ambiente marino, le cui conseguenze non sono state ancora comprese fino in fondo e su cui è necessaria maggiore consapevolezza».
Marco Astorri, Presidente e CEO di Bio-on, evidenzia: «Ancora una volta riceviamo dati di monitoraggio che ci confermano il precario stato di salute dei nostri mari il messaggio è forte e chiaro: si rende necessario ed urgente un rapido e drastico cambio di paradigma nelle nostre abitudini: dai consumi alla gestione dei rifiuti, fino ai processi produttivi. Dobbiamo pensare a modelli alternativi e sostenibili che assicurino un futuro a questo pianeta. Ringrazio Legambiente e Goletta Verde per il lavoro di fondamentale importanza che stanno svolgendo. La sensibilizzazione di tutti gli attori della filiera rimane il primo passo per poter veramente fare un passo in avanti ed iniziare ad uscire da un modello basato su risorse petrolifere che crea instabilità e non da futuro alle prossime generazioni».
Stefania Di Vito, dell’ufficio scientifico di Legambiente, aggiunge: «E’ fondamentale definire al più presto delle modalità tecnico-operative condivise a livello nazionale –che favoriscano il recupero ed il conferimento dei rifiuti accidentalmente pescati da parte degli operatori del mare. Al momento in Italia, l’assenza di norme e procedure specifiche impedisce che questo tipo di attività si svolga regolarmente. L’esperienza di Porto Garibaldi è un tassello importante per favorire questo percorso e ampliare le conoscenze sulla problematica. Ci auguriamo che il fishing for litter, previsto nel programma di misure dell’Italia nell’ambito della direttiva europea Marine Strategy, possa partire quanto prima anche nel nostro Paese con benefici per l’intero ecosistema marino oltre che per i pescatori, spesso penalizzati dalla stessa presenza dei rifiuti in mare». Lorenzo Frattini, presidente di Legambiente Emilia Romagna, conclude: «Il nostro progetto sperimentale è l’esempio di come la sinergia tra istituzioni locali, ambientalisti e pescatori consenta di mettere in campo azioni per aumentare la conoscenza su natura e quantità dei rifiuti presenti in mare, e di sviluppare un sistema per la loro corretta gestione e smaltimento. Inoltre, all’enorme dispersione delle calze da mitilicoltura in tutta la zona dell’alto Adriatico – che mettono a rischio anche l’ecosistema del mare diventando trappole per i più piccoli organismi marini – si deve presto trovare una soluzione mediante gestioni virtuose degli impianti di allevamento e di tutta la filiera, e attraverso la ricerca di materiali alternativi e compostabili».