Gran parte della plastica europea esportata in Vietnam finisce nella natura
Nonostante le rigide normative Ue sul riciclaggio della plastica, mancano i controlli sui rifiuti di plastica esportai dall’Ue
[26 Gennaio 2024]
Circa la metà dei rifiuti di plastica europei vengono esportati in diversi Paesi del Sud del mondo, compreso il Vietnam e, per seguire il percorso del riciclo della plastica europea, lo studio “Towards a Just Circular Economy Transition: the Case of European Plastic Waste Trade to Vietnam for Recycling”, pubblicato su Circular Economy and Sustainability da un team di ricercatori olandesi, britannici e vietnamiti, ha indagato su quanto avviene al Minh Khai Craft Village, il più grande centro di riciclaggio del Vietnam.
Il principale autore dello studio, Kaustubh Thapa Copernicus Institute of Sustainable Development dell’Universiteit Utrecht, racconta che «Abbiamo visto persone che cucinavano, mangiavano e vivevano all’interno dell’impianto di riciclaggio, circondate dai fumi nocivi della plastica che si scioglieva. I bambini giocano in questo ambiente soffocante».
Secondo lo studio, «Ogni giorno nei corsi d’acqua del villaggio vengono scaricati 7 milioni di litri di acque reflue tossiche. Sebbene questo commercio di rifiuti sia redditizio per alcuni, trasferire la responsabilità dei produttori nella gestione dei rifiuti a villaggi come questi provoca danni alle persone, alle comunità e all’ambiente».
La situazione venuta alla luce in Vietnam – simile a quella di altri Paesi del sud del mondo – evidenzia la necessità di concretizzare al più presto i negoziati Onu per un trattato internazionale sulla plastica e il nuovo studio mostra il sorprendente contrasto tra le politiche vietnamite ed europee e la realtà dei centri di riciclaggio nel Sud del mondo.
Secondo i dati dell’Ufficio statistico dell’Ue Eurostat aggiornati al 2022 sul commercio extra-Ue di rifiuti c’è stato un calo del 3% dell’export e del 5% l’import rispetto al 2022, ma si tratta ancora di 32,1 milioni di tonnellate esportate annualmente verso i Paesi extra-Ue, e di 18,7 milioni di tonnellate importate nello stesso arco di tempo.
Dopo che la Cina ha vietato l’importazione di rifiuti, il principale approdo per il turismo dei rifiuti europei è la Turchia, che nel 2022 assorbiva il 39% del totale annuo (12,4 mln ton). La seconda destinazione più grande è stata l’India, che ha ricevuto 3,5 milioni di tonnellate di rifiuti dall’Ue, seguita da Regno Unito (2,0 milioni di tonnellate), Svizzera (1,6 milioni), Norvegia (1,6 milioni), Egitto (1,6 milioni), Pakistan (1,2 milioni), Indonesia (1,1 milioni), Marocco e Stati Uniti (entrambi 0,8 milioni).
I rifiuti europei esportati sono soprattutto ferrosi (17,8 mln ton, 55%), con a seguire quelli cartacei (4,9 mln ton, 15%). Speculare l’andamento dell’import, dove svetta sempre il commercio dei metalli ferrosi (4,2 mln ton, 22%) e cartacei (2,4 mln ton, 13%). A cambiare però sono i Paesi di destinazione.
Secondo il Parlamento europeo fino al 30% delle spedizioni di rifiuti verso Paesi extraeuropei è di fatto illegale, per un giro d’affari da 9,5 miliardi di euro l’anno.
Thapa fa notare che «I consumatori europei si sforzano di differenziare per il riciclo , ma possiamo vedere chiaramente che i loro sforzi sono, per una percentuale considerevole, vani, Concentrarsi sull’aumento dei tassi di riciclaggio nell’Ue senza affrontare sistematicamente i danni umani e ambientali associati lungo l’intera catena del valore non è né etico, né circolare né sostenibile».
Ma i ricercatori non hanno perso la speranza e credono che l’esternalizzazione dei rifiuti di plastica per il riciclaggio sia possibile in modo sostenibile. Thapa conclude: «L’European Green New Deal, il suo Piano d’azione per l’economia circolare e i colloqui in corso alle Nazioni Unite su un Trattato globale sulla plastica giuridicamente vincolante non possono ignorare i nostri risultati. Poiché consumiamo sempre di più, e quindi generiamo più rifiuti, il commercio dei rifiuti per il riciclaggio deve essere affrontato a livello sistematico».