Grossi rischi per l’oceano se ci verrà scaricato il mix di contaminanti presente nei serbatoi di Fukushima Daiichi

Studio avverte che nelle acque stoccate nei depositi non c’è solo trizio, ma anche isotopi pericolosi per l’ambiente e la vita marina

[7 Agosto 2020]

Dopo quasi 10 anni dal devastante terremoto/tsunami che ha innescato il disastro nucleare di Fukushima Daiichi e provocato un rilascio di radioattività senza precedenti nell’oceano, i livelli di radioattività in mare sono  scesi a livelli di sicurezza, meno che nelle acque di fronte al cadavere radioattivo della centrale nucleare.  Il nuovo studio “Opening the floodgates at Fukushima”, pubblicato su Science da Ken Buesseler della Woods Hole Oceanographic Institution, ha infatti scoperto che il pesce e i  frutti di mare pescati al largo di Fukushima rientrano nei limiti di legge del Giappone e che son solo in un’area limitata esiste ancora una contaminazione radioattiva della fauna e flora terrestre. Ma lo stesso studio avverte che esiste un nuovo pericolo e viene dall’area della centrale nucleare, dai grandi serbatoi – in continua crescita –  dove sono stoccate le reflue contaminate.

Buesseler, un chimico marino, spiega che «Negli ultimi 9 anni e più, abbiamo visto come i livelli di cesio radioattivo sono diminuiti nell’acqua di mare e nella vita marina nel Pacifico. Ma ci sono ancora alcuni contaminanti radioattivi in ​​quei serbatoi ai quali dobbiamo pensare, alcuni dei quali non erano stati visti in così grandi quantità nel 2011, ma soprattutto, non agiscono tutti allo stesso modo nell’oceano».

Dal 2011 Buesseler studia la diffusione delle radiazioni da Fukushima nel Pacifico e, nel giugno dello stesso anno, ha guidato un team di scienziati nella prima crociera di ricerca internazionale per studiare dove finivano il cesio 134 e 137, due isotopi radioattivi del cesio prodotti nei reattori, portati dalla potente Corrente di Kuroshio. al largo delle coste del Giappone. Buesseler ha anche organizzato una rete di citizen science negli Usa e in Canada che ha contribuito a monitorare l’arrivo e gli spostamenti di materiale radioattivo sulla costa del Pacifico del Nord America.

Ora, però, è molto più preoccupato per gli oltre 1.000 serbatoi che circondano la centrale nucleare e che vengono riempiti con le acque di falda e raffreddamento che sono state contaminate dal contatto con i reattori e altre strutture di contenimento. Sofisticati processi di bonifica sono stati in grado di rimuovere molti isotopi radioattivi e i lavori per deviare lo scorrimento delle acque sotterranee intorno ai reattori hanno notevolmente ridotto la quantità di acqua contaminata raccolta fino a meno di 200 tonnellate al giorno, ma diverse stime prevedono che presto i serbatoi e lo spazio non basteranno più e il governo giapponese ha già ipotizzato di scaricare l’acqua trattata nell’oceano per liberare spazio per stoccare altre acque reflue contaminate.

Uno degli isotopi radioattivi che resta ai livelli più alti nell’acqua trattata nei serbatoi,  e che verrebbe rilasciato, è il trizio, un isotopo dell’idrogeno che è quasi impossibile rimuovere, poiché diventa parte della molecola dell’acqua stessa. Tuttavia, il trizio ha un’emivita relativamente breve, non viene assorbito facilmente dalla vita marina o dai sedimenti del fondo marino e produce particelle beta, che non sono dannose per i tessuti viventi come altre forme di radiazioni. Ma solo nel 2018 si è scoperto che nelle acque reflue trattate rimangono anche isotopi come carbonio-14, cobalto-60 e stronzio-90 e che questi e gli altri isotopi rimasti impiegano tutti molto più tempo del trizio per decadere e hanno contaminano i sedimenti del fondo marino e gli organismi marini.

Buesseler  conclude: «L’attuale attenzione posta sul trizio nei serbatoi delle acque reflue ignora la presenza di altri isotopi radioattivi nelle acque reflue. E’ un problema difficile, ma risolvibile. Il primo passo è quello di ripulire quei contaminanti radioattivi aggiuntivi che rimangono nei serbatoi e quindi fare piani basati su ciò che rimane. Qualsiasi opzione che implichi rilasci oceanici richiederebbe team indipendenti che tengano traccia di tutti i potenziali contaminanti nell’acqua di mare, sul fondo marino e nella vita marina. La salute dell’oceano e il sostentamento di innumerevoli persone dipendono dal fatto che tutto ciò venga fatto bene».