Il deposito nazionale serve ed è urgente per le scorie a media e bassa attività. Per quelle ad alta lavorare a livello Ue per individuare un deposito geologico idoneo e il più possibile sicuro

Il pasticcio all’italiana delle autocandidature per il deposito nazionale delle scorie nucleari

Legambiente: fondamentale attenersi al percorso scientifico individuato fino ad ora

[15 Dicembre 2023]

Ieri il ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE) ha pubblicato l’elenco delle aree presenti nella proposta di Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAI), che individua le zone dove realizzare in Italia il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e il Parco Tecnologico per  permettere lo stoccaggio  in via definitiva dei rifiuti radioattivi di bassa e media attività.

Ma la nota del ministero e successive dichiarazioni del ministro Gilberto Pichetto Fratin specificano che «Gli enti territoriali le cui aree non sono presenti nella proposta di CNAI, nonché il Ministero della difesa per le strutture militari interessate, possono entro trenta giorni dalla pubblicazione della Carta, presentare la propria autocandidatura a ospitare il Deposito nazionale e il Parco tecnologico e chiedere al MASE e alla Sogin di avviare una rivalutazione del territorio stesso, al fine di verificarne l’eventuale idoneità. Possono inoltre  presentare la propria autocandidatura, entro lo stesso termine, anche gli enti territoriali le cui aree sono presenti nella proposta di CNAI».

Secondo Legambiente, «Sulla questione aree idonee ad ospitare il Deposito nazionale delle scorie nucleari, ancora una volta si è fatto il solito pasticcio all’italiana. E’ assurdo prevedere la possibilità di autocandidature anche da parte dei Comuni non compresi nella Cnai».

Il Cigno verde giudica «Totalmente sbagliata e controproducente la possibilità di questo tipo di autocandidatura, perché lascia prevedere un percorso poco rigoroso e poco attento alla sicurezza dei cittadini, e che finirà per allungare inevitabilmente i tempi per l’individuazione del Deposito, che invece rappresenta una vera urgenza per la sicurezza di tutto il Paese».

Legambiente ricorda che «Per individuare un sito in Italia dove questo deposito possa comportare i minori rischi possibili, il decreto legislativo 31 del 2010 prevedeva una procedura di selezione sulla base di criteri di esclusione fissati dalle Autorità di controllo nazionali ed internazionali, e sulla base di questa normativa Sogin ha definito, attraverso la stesura della CNAPI, 67 aree ritenute “potenzialmente idonee” sulle quali erano state presentate le osservazioni di Legambiente, dei cittadini e dei vari enti locali nel corso di un lungo, seppur tortuoso, percorso partecipativo.  Al termine di questa fase di ascolto e di osservazioni, è stata definita quindi la CNAI, in cui sono rimaste 51 aree ritenute idonee per ospitare il deposito unico nazionale. Dalla data di pubblicazione della CNAI, sono partiti infine 30 giorni per permettere ai Comuni con aree dichiarate “idonee” di autocandidarsi per la realizzazione del deposito».

L’associazione ambientalista evidenzia che «E’ qui che arriva il solito pasticcio all’Italia: gli enti territoriali le cui aree ritenute non idonee fino ad oggi (che non rientrano nella proposta di CNAI quindi), possano presentare la propria autocandidatura a ospitare il Deposito nazionale e il Parco tecnologico entro trenta giorni dalla pubblicazione della Carta e chiedere al MASE e alla Sogin di avviare una rivalutazione del territorio stesso, al fine di verificarne l’eventuale idoneità».

Il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani si chiede: «Ma perché mai i territori di questi Comuni, se prima non soddisfacevano gli stringenti requisiti richiesti in fase di valutazione, ora invece potrebbero essere ritenuti “idonei” ad ospitare il Deposito nazionale delle scorie nucleari? Si è imboccato un incomprensibile “percorso parallelo” a quello seguito finora, solo per dare modo ai Comuni scartati di ritornare in pista con proprie autocandidature. E’ noto, ad esempio, che il Sindaco del Comune di Trino, in Piemonte, fin dall’inizio non abbia mai nascosto il suo interesse ad avere sul proprio territorio il Deposito Nazionale, nonostante sono ben sei i criteri di esclusione che avevano determinato la sua esclusione. Per quale motivo ora potrebbe, invece, proporsi ufficialmente per essere scelto?»

E Ciafani rivolge un appello a Pichetto Fratin: «Il deposito serve, è urgente, si è perso fin già troppo tempo, e va fatto per ospitare i rifiuti a bassa e media attività. Per quelli ad alta attività, visto la trascurabile quantità prodotta fortunatamente in Italia nella sua breve storia nucleare, si deve lavorare a livello comunitario, come previsto dalla direttiva Ue, per individuare un deposito geologico idoneo e il più possibile sicuro, che ospiti quei rifiuti più radioattivi, prodotti prevalentemente da quei Paesi che negli ultimi settant’anni hanno prodotto ingenti quantità di questa tipologia di rifiuti, senza mai trovare una soluzione con cui poter chiudere il circolo, ormai vizioso, intrapreso».

Andrea Minutolo, responsabile scientifico nazionale di Legambiente, conclude: «E’ fondamentale attenersi rigorosamente al percorso messo in campo con la Carta nazionale, evitando fughe in avanti che non hanno senso e che comprometterebbero la credibilità di quanto fatto finora, esponendo ulteriormente il Paese a lungaggine dei tempi e a rischi inutili. Il Deposito Unico per i materiali radioattivi nasce dal fatto che l’Italia, pur non utilizzando più le centrali atomiche, ha accumulato ingenti quantità di questi materiali, prodotti nel secolo scorso e ancora oggi con lo smantellamento e la bonifica dei siti nucleari, e altre, in minor quantità, che vengono prodotte tuttora per scopi medici o industriali. Ci sono ancora rifiuti radioattivi attualmente stoccati e dislocati su tutto il territorio nazionale in decine di siti assolutamente inidonei, con gravi e ingiustificati rischi per tutti».

E anche sulla Cnai “certificata” arrivano le prime critiche e distinguo che fanno presagire un cammino localmente molto accidentato per il deposito nazionale. L’eurodeputata dei Verdi europei Rosa D’Amato ha commentato: «Come da premesse, ecco spuntare ben 14 aree tra la Basilicata e la Puglia, quasi un terzo del totale. Stranamente, nessun sito “idoneo” è stato trovato in Lombardia o in Veneto, tanto per citare due regioni care a Matteo Salvini, il ministro che vorrebbe riportare le centrali nucleari in Italia. Vista la sua passione per l’atomo, mi chiedo perché Salvini non proponga le regioni dove la Lega governa. I cittadini lucani e pugliesi pagano già un prezzo altissimo in termini di salute e ambiente. Non abbiamo certo bisogno delle scorie. Lo scorso marzo avevo presentato al ministero una serie di dettagliate osservazioni sulla prima bozza della Cnapi. In quell’occasione, avevo fatto notare che le aree pugliesi e lucane inserite sono state classificate come A2, cioè “buon”, senza aver considerato i vincoli paesaggistici, storici e idrogeologici. E senza considerare l’effetto cumulato su un territorio vessato dall’inquinamento di Tempa Rossa e dell’ex Ilva, solo per citare due casi. Queste aree, semmai, hanno una vocazione agricola e turistica che va promossa, e non azzoppata. Noi ci batteremo al fianco dei cittadini fino all’ultimo per impedire un ulteriore scempio al nostro territorio».