La plastica nei suoli minaccia la sicurezza alimentare, la salute e l’ambiente
Fao, l'inquinamento da plastica è pervasivo anche nei nostri terreni agricoli, non solo in mare
[9 Dicembre 2021]
Da anni le immagini dei rifiuti di plastica spiaggiati sulle coste o che galleggiano in mare riempiono le pagine dei giornali e i social network, ma il nuovo rapporto “Assessment of agricultural plastics and their sustainability: a call for action” pubblicato dalla Fao suggerisce che «La terra che usiamo per coltivare il nostro cibo è contaminata da quantità molto maggiori di inquinamento da plastica, che rappresenta una minaccia ancora maggiore per la sicurezza alimentare, la salute delle persone e l’ambiente».
Si tratta del primo rapporto globale di questo tipo della FAO e contiene alcune cifre sorprendenti. Per esempio, secondo i dati raccolti dagli esperti dell’agenzia Onu, «Le catene del valore agricole utilizzano ogni anno 12,5 milioni di tonnellate di prodotti in plastica. Altre 37,3 milioni di tonnellate vengono utilizzate negli imballaggi alimentari. I settori della produzione agricola e dell’allevamento sono risultati essere i maggiori utilizzatori, rappresentando complessivamente 10,2 milioni di tonnellate all’anno, seguiti da pesca e acquacoltura con 2,1 milioni di tonnellate e silvicoltura con 0,2 milioni di tonnellate». Con quasi la metà dell’utilizzo globale, l’Asia è maggior utilizzatore di plastica nella produzione agricola e la Fao avverte che «In assenza di alternative praticabili, la domanda di plastica in agricoltura è destinata ad aumentare».
Secondo gli esperti del settore, «La domanda globale di film per serre, pacciamatura e insilati aumenterà del 50%, da 6,1 milioni di tonnellate nel 2018 a 9,5 milioni di tonnellate nel 2030». E la Fao fa notare che «Questi trend rendono essenziale bilanciare costi e benefici della plastica».
A preoccupare sempre di più sono le microplastiche, che potenzialmente possono avere effetti negativi sulla salute umana e «Sebbene ci siano lacune nei dati, non dovrebbero essere usate come una scusa per non agire», ammonisce la Fao.
Presentando il nuovo studio, la vicedirettrice generale della Fao, Maria Helena Semedo, ha detto che «Questo report serve come un forte appello per un’azione coordinata e decisiva per facilitare le buone pratiche di gestione e frenare l’utilizzo disastroso della plastica nei settori agricoli»
Dagli anni ’50 in poi, le plastiche sono diventate onnipresenti e oggi è difficile oggi immaginare la nostra vita senza plastica. La Fao ricorda che «In agricoltura, i prodotti in plastica aiutano notevolmente la produttività. I teli di pacciamatura, ad esempio, vengono utilizzati per coprire il terreno per ridurre la crescita delle erbe infestanti, la necessità di pesticidi, fertilizzanti e irrigazione; i film e le reti per tunnel e serre proteggono e stimolano la crescita delle piante, prolungano le stagioni delle colture e aumentano i raccolti; i rivestimenti su fertilizzanti, pesticidi e semi controllano il tasso di rilascio di sostanze chimiche o migliorano la germinazione; le protezioni per gli alberi proteggono le giovani piantine e alberelli dai danni degli animali e forniscono un microclima che migliora la crescita. Inoltre, i prodotti in plastica aiutano a ridurre le perdite e gli sprechi alimentari e a mantenere le qualità nutrizionali in una miriade di catene del valore, migliorando così la sicurezza alimentare e riducendo le emissioni di gas serra».
Ma è la stessa Fao a evidenziare che «Sfortunatamente, le stesse proprietà che rendono la plastica così utile creano problemi quando raggiungono la fine della loro vita prevista. La diversità dei polimeri e degli additivi miscelati nella plastica rende più difficile la loro selezione e il riciclaggio. Essendo di origine antropica, sono pochi i microrganismi in grado di degradare i polimeri, il che significa che una volta nell’ambiente possono frammentarsi e rimanervi per decenni. Dei circa 6,3 miliardi di tonnellate di plastica prodotta fino al 2015, quasi l’80% non è stato smaltito correttamente».
Come è ormai più che noto, una volta nell’ambiente naturale, la macro-plastica può causare danni in molti modi: i suoi effetti sulla fauna marina sono stati ben documentati, ma il report Fao sottolinea che «Tuttavia, man mano che queste plastiche iniziano a disintegrarsi e degradarsi, i loro impatti iniziano a esercitarsi a livello cellulare, interessando non solo i singoli organismi ma anche, potenzialmente, interi ecosistemi. Si ritiene che le microplastiche (plastiche di dimensioni inferiori a 5 mm) presentino rischi specifici per la salute degli animali, ma studi recenti hanno rilevato tracce di particelle di microplastiche nelle feci umane e nella placenta. Esistono anche prove della trasmissione da madre a feto di nanoplastiche molto più piccole nei ratti».
Mentre finora la maggior parte della ricerca scientifica sull’inquinamento da plastica si è interessata degli ecosistemi acquatici, in particolare degli impatti in mare, gli esperti della Fao hanno scoperto i suoli agricoli riceverebbero quantità molto maggiori di microplastiche: «Poiché il 93% delle attività agricole globali si svolge sulla terra, è evidente la necessità di ulteriori indagini in quest’area».
Sembra che l’assenza di valide alternative renda impossibile vietare la plastica e che non ci siano soluzioni per eliminare i loro svantaggi. Invece, il report Fao identifica diverse soluzioni basate sul modello 6R (Rifiuta, Riprogetta, Riduci, Riutilizza, Ricicla e Recupera) e dice che «prodotti della plastica agricola identificati come aventi un alto potenziale di danno ambientale che dovrebbero essere presi di mira in via prioritaria includono fertilizzanti rivestiti di polimeri non biodegradabili e film di pacciamatura» e raccomanda inoltre di «Sviluppare un codice di condotta volontario completo per coprire tutti gli aspetti della plastica lungo le catene del valore agroalimentare» e chiede maggiore ricerca scientifica, «Iin particolare sull’impatto sulla salute delle micro e nanoplastiche».
La Semedo ha concluso promettendo che «La Fao continuerà a svolgere un ruolo importante nell’affrontare la questione della plastica agricola in modo olistico nel contesto della sicurezza alimentare, della nutrizione, della sicurezza alimentare, della biodiversità e dell’agricoltura sostenibile».