Le plastiche biodegradabili non risolveranno la crisi della plastica in Cina

Greenpeace East Asia: in Cina troppi impianti che producono bioplastiche e pochi che gestiscono il loro smaltimento

[23 Dicembre 2020]

Secondo il nuovo rapporto “Biodegradable plastics: Breaking Down the Facts – composition and enviromental impact” di Greenpeace East Asia, «L’aumento della produzione di plastica biodegradabile non risolverà la crisi dell’inquinamento da plastica in Cina. Se la corsa alla produzione di plastica biodegradabile continua, l’industria dell’e-commerce cinese è sulla buona strada per produrre circa 5 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica biodegradabili all’anno entro il 2025».

L’ufficio postale di Stato della Cina prevede che il tasso di crescita dovuto alle consegne di prodotti acquistati online raggiunga il 27,6% all’anno. Sulla base di indagini a svolkte sul campo nel 2019 da Greenpeace  East Asia, il 9,05% degli imballaggi per le consegne online è realizzato in plastica. Secondo la direttova “Guiding Opinions on Coordinating the Promotion of Green Packaging in the Express Industry” del 2017 del governo cinese, «Il 50% della plastica utilizzata nella consegna online deve essere biodegradabile entro il 2020». La direttiva “Opinions of the National Development and Reform Commission and the Ministry of Ecological Environment on Further Strengthening the Treatment of Plastic Pollution” del 2020 richiede la completa eliminazione della plastica non degradabile nelle consegne online entro il 2025. Il calcolo fatto da Greenpeace East Asia non presume alcuna riduzione dell’uso complessivo della plastica e che le plastiche convenzionali utilizzate nella consegna online siano sostituite da plastiche biodegradabili.

Molly Zhongnan Jia, ricercatrice di Greenpeace East Asia, sottolinea che «Passare da un tipo di plastica a un altro non può risolvere la crisi dell’inquinamento da plastica che stiamo affrontando. Molte plastiche biodegradabili richiedono condizioni di temperatura e umidità specifiche per decomporsi, che non si trovano in natura. In assenza di strutture di compostaggio controllate, la maggior parte delle plastiche biodegradabili finisce nelle discariche o, peggio, nei fiumi e nell’oceano. Il termine “plastica biodegradabile” può essere fuorviante. La maggior parte delle plastiche biodegradabili si degradano solo  entro sei mesi in impianti di compostaggio controllato a temperature fino a 50 gradi Celsius e condizioni di umidità gestite con cura».  In Cina ci sono pochi impianti del genere  e, secondo lo studio “Degradation of Biodegradable/Degradable Plastics in Municipal Solid-Waste Landfill”  pubblicato nel 2014 sul Polish Journal of Environmental Studies da Dana Adamcová e Magdalena Vaverková  cdella Mendel University di Brno, nelle discariche tradizionali le plastiche biodegradabili possono rimanere intatte per molto più di 6 mesi.

Greenpeace East Asia ricorda che «L’industria cinese delle materie plastiche biodegradabili ha visto una crescita esplosiva negli ultimi anni, guidata da una legislazione progettata per ridurre il volume dei rifiuti di plastica. Nel gennaio 2020, il governo cinese ha vietato diversi tipi di plastica monouso, cin efficacia nelle principali città entro la fine del 2020 e a livello nazionale entro il 2025. In particolare, le “plastiche degradabili” sono esentate dal divieto della plastica monouso. A partire da quest’anno, 36 aziende hanno pianificato o costruito nuovi impianti di produzione di plastica biodegradabile in Cina, con una capacità di produzione aggiuntiva di oltre 4,4 milioni di tonnellate, un aumento di 7 volte in meno di 12 mesi».

Per la Jia, «Questa “corsa ai biodegradabili” deve finire. Dobbiamo esaminare con cautela l’effetto e i potenziali rischi dell’integrazione di questi materiali e assicurarci di investire in soluzioni che riducano effettivamente i rifiuti di plastica. I sistemi di imballaggio riutilizzabili e una riduzione dell’utilizzo generale della plastica sono strategie molto più promettenti per tenere la plastica fuori dalle discariche e dall’ambiente».

Per questo, Greenpeace East Asia esorta le imprese e i governi dell’Asia orientale a «Creare piani d’azione chiari per ridurre l’uso complessivo della plastica, dare priorità allo sviluppo di sistemi di imballaggio riutilizzabili e garantire che i produttori siano finanziariamente responsabili dei rifiuti che creano attraverso schemi di extended producer responsibility (EPR)».