Lo scandalo infinito della depurazione in Sicilia
Le audizioni in Commissione Ecomafie di Guardia di Finanza e dei Noe delineano una situazione gravissima
[25 Ottobre 2019]
Ieri la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (Commissione Ecomafie) ha audito, nell’ambito dell’inchiesta sulla depurazione delle acque reflue, il comandante regionale della Guardia di finanza Sicilia Riccardo Rapanotti e i comandanti dei Carabinieri del Noe di Catania Michele Cannizzaro e di Palermo Nunzio Sapuppo.
Rapanotti ha riferito alla Commissione Ecomafie riguardo a una serie di indagini sulla depurazione delle acque in Sicilia realizzate dalla Guardia di finanza in Sicilia e tra le operazioni realizzate ha citato il sequestro preventivo, da parte del nucleo di Siracusa, dell’impianto di depurazione di Priolo Gargallo, dove entro febbraio 2020 dovranno essere portati a compimento interventi di adeguamento dell’impianto alla normativa. Il gruppo Enna della Guardia di finanza ha segnalato all’autorità giudiziaria 9 persone che «attraverso artifici e raggiri si sono procurati un ingiusto profitto omettendo di vigilare sulla realizzazione di un impianto di depurazione nell’area dell’ex Consorzio Asi di Enna: impianto formalmente ultimato e collaudato, ma mai entrato in funzione».
Rapanotti ha riferito che «Un’indagine del nucleo di Caltanissetta insieme al comando dei Carabinieri Noe di Palermo ha evidenziato l’illecita gestione del servizio idrico effettuata con la connivenza di funzionari pubblici e manager della società Acque di Caltanissetta Spa che hanno omesso la manutenzione degli impianti pur avendo a disposizione fondi pubblici dedicati» e ha anche fornito informazioni su un’indagine svolta dal gruppo di Gela nel comune di Butera, « dove seppure sia presente un impianto di depurazione, i reflui vengono convogliati in un canalone adiacente» e «Da quasi quattro anni si attende l’allaccio dell’elettricità ed è stato quantificato un danno erariale alla Regione Siciliana di 4,6 milioni di euro».
Secondo Cannizzaro, «La situazione della depurazione nella Sicilia orientale è drammatica, con province dove si arriva al 95% di impianti con l’autorizzazione scaduta». Anche Cannizzaro ha citato alcune operazioni: «Il sequestro dell’impianto di depurazione di Nizza di Sicilia a seguito della revoca dell’autorizzazione allo scarico, e il sequestro a Catania nel 2018 di 250 metri cubi di fanghi di depurazione stoccati in maniera impropria, in una situazione di carenza di siti di smaltimento. L’area è stata dissequestrata un mese fa e i fanghi, secondo quanto riferito, sono stati gestiti correttamente».
Sapuppo ha spiegato che «Dalle indagini condotte dal Noe Palermo, sono emerse negli ultimi anni violazioni connesse soprattutto alla mancata corretta gestione degli impianti» e ha evidenziato che «I depuratori, una volta affidati alla gestione di un amministratore giudiziario, hanno cominciato a funzionare in maniera efficiente, rispettando i limiti normativi». In oltre ha inoltre riferito alla Commissione Ecomafie di «problemi nello smaltimento dei fanghi di depurazione, in passato conferiti nelle discariche che oggi non riescono più ad accoglierli per mancanza di spazio o chiusura dei siti».
Sapuppo ha portato all’attenzione della Commissione anche le irregolarità presenti nella formazione delle tariffe di depurazione e ha dichiarato che «La legge n. 68/2015 sugli ecoreati ha facilitato gli interventi di contrasto in casi di malfunzionamenti di depuratori, attraverso la contestazione del reato di inquinamento ambientale».
Dopo queste audizioni che delineano una situazione gravissima, il presidente della Commissione Ecomafie, Stefano Vignaroli. Ha concluso: «Le informazioni fornite oggi in audizione alla Commissione delineano un quadro drammatico. Nonostante sia circondata dal mare e basi su di esso una fetta importante della propria economia, la Sicilia continua a essere gravemente inadempiente sul fronte della depurazione. Gli impianti che dovrebbero ripulire le acque sono in molti casi macchine per inquinare, e non mancano situazioni in cui i finanziamenti pubblici erogati per risolvere il problema non sono stati usati per questo scopo e sono anzi finiti illecitamente nelle tasche di privati. Una situazione inaccettabile su cui la Commissione sta indagando in profondità e con estrema attenzione».