I risultati della campagna Mayday SOS Plastica spiegati da Arpat
Microfibre e microplastiche, preoccupante la frequenza di ingestione delle specie marine
L'89% delle specie ingurgita microfibre, anche se la maggior parte sono per fortuna di origine naturale
[18 Agosto 2020]
Sono preoccupanti le statistiche sulla frequenza di ingestione delle microfibre e delle microplastiche da parte delle specie marine nel Tirreno. Lo studio è di Greenpeace, che lo ha lanciato durante la campgna Mayday SOS Plastica, ed è stato ripreso oggi dall’Arpat.
In totale sono state estratte circa 2.000 microfibre dagli organismi, misurando una frequenza di ingestione del 89% e una media di 7,1±5,2 per singolo individuo. Mentre la frequenza generale di ingestione delle microplastiche negli organismi campionati nel 2019 risulta del 35%, ovvero leggermente superiore a quella già osservata durante la precedente campagna effettuata nel 2017 (30%) e a quella riferita agli organismi del Mar Adriatico (27%).
L’attività si è svolta dal 18 maggio all’8 giugno 2019 nel Tirreno Centrale e precisamente lungo le coste della Toscana, Lazio, Campania e Sardegna, includendo anche isole dell’Arcipelago Toscano (Elba, Giglio, Pianosa, Capraia) e Ponziano (Ventotene), aree prominenti le foci dei fiumi (Foce dell’Ombrone, del Tevere e del Sarno) e aree marine protette come quella di Tavolara-Punta Coda Cavallo (isola di Tavolara, Molara e Molarotto).
Alla campagna di Greenpeace, della scorsa estate, hanno partecipato l’Università Politecnica delle Marche (UNIVPM) insieme al Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’Istituto per lo studio degli Impatti Antropici e Sostenibilità in Ambiente Marino di Genova (CNR-IAS). Ora è disponibile il report nel quale vengono presentati i risultati relativi alla determinazione delle microplastiche (MPs) e delle microfibre (MFs) in pesci e organismi invertebrati campionati durante il tour.
In totale sono stati analizzati 308 organismi di cui 208 pesci appartenenti a 23 specie diverse e 100 invertebrati appartenenti a 3 specie. Le specie sono state scelte per il loro valore commerciale ed ecologico e il numero di individui per ognuna è stato definito secondo le disponibilità.
La caratterizzazione polimerica ha tuttavia confermato la predominanza di una origine naturale di queste particelle, cosa peraltro che conferma un altro studio da noi pubblicato (ovvero che oltre il 92% sono naturali) e che quindi non possono essere considerate microplastiche (per definizione sono costituite da solo materiale di origine sintetica).
Le analisi effettuate su un sub-campione di 287 MF hanno rilevato che l’82,6% di queste erano di origine naturale, a base di cellulosa; il rimanente 17,4% di microfibre sintetiche era costituito per il 90% da poliestere, mentre il 10% era di natura semi-sintetica (viscosa).
L’analisi di pesci, rappresentativi di diversi habitat, ha permesso di evidenziare che le specie demersali (es. gallinella, scorfano, pagello fragolino, razza), che hanno una stretta relazione con l’ambiente di fondo dove si alimentano, presentano frequenze di ingestione delle microplastiche maggiori (75-100%) rispetto alle specie pelagiche, in quasi tutti i siti indagati. Questo risultato conferma come i sedimenti e in generale tutta la colonna d’acqua (non solo lo strato superficiale) possano rappresentare un comparto importante di accumulo della plastica e microplastica immessa in mare.
Per quanto riguarda il monitoraggio delle microplastiche in mare, ricordiamo che si tratta di un’attività svolta dalle Agenzie ambientali che compongono il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, nell’ambito delle attività svolte per la Strategia Marina dell’Unione Europea e per quanto riguarda la Toscana, i Programmi di monitoraggio sono iniziati nel 2015 ed hanno cadenza triennale.