Microplastiche nella neve fresca dell’Antartide
Ricerca neozelandese: intorno alle basi scientifiche antartiche, concentrazioni di microplastiche simili a quelle trovate nei detriti dei ghiacciai italiani
[16 Giugno 2022]
La maggior parte delle persone pensa all’Antartide come un luogo relativamente incontaminato, ma il nuovo studio “First evidence of microplastics in Antarctic snow”, pubblicato recentemente su The Cryosphere da un team dell’università neozelandese di Canterbury, ha rivelato per la prima volta la presenza di microplastiche – pezzi di plastica molto più piccoli di un chicco di riso – nella neve fresca appena caduta.
Secondo i ricercatori, «Questi risultati portano alla luce una seria minaccia per l’Antartico. La ricerca ha scoperto che le microplastiche hanno un impatto negativo sulla salute ambientale (limitando la crescita, la riproduzione e le funzioni biologiche generali negli organismi, nonché implicazioni negative per l’uomo). Su scala più ampia, la presenza di particelle microplastiche nell’aria ha il potenziale per influenzare il clima accelerando lo scioglimento della neve e del ghiaccio».
Alla fine del 2019, la principale autrice dello studio, Alex Aves, ha raccolto campioni di neve dalla banchisa di Ross per il progetto di Gateway Antarctica, il centro per gli studi e la ricerca sull’Antartide dell’università di Canterbury. Allora c’erano pochi studi che indagavano sulla presenza di microplastiche nell’aria e non si sapeva quanto fosse diffuso questo problema.
Un’altra autrice dello studio, Laura Revell della School of physical and chemical sciences dell’università di Canterbury, ricorda che «Quando Alex si è recata in Antartide nel 2019, eravamo ottimisti sul fatto che non avrebbe trovato microplastiche in un luogo così incontaminato e remoto. Oltre che nei siti più remoti, le abbiamo chiesto di raccogliere la neve dalle strade della Base Scott e della McMurdo Station, così avrebbe avuto almeno un po’ di microplastica da studiare». Ma quando la Aves è tornata in laboratorio è apparso o subito evidente che c’erano particelle di plastica in ogni campione, anche dai siti remoti sulla banchisa di ghiaccio di Ross e che qui risultati avrebbero avuto un significato globale.
La Aves, che si è recentemente laureata con lode in un Master in Studi Antartici con Distinction, dice di essere rimasta scioccata dalle sue scoperte: «E’ incredibilmente triste, ma trovare microplastiche nella neve fresca dell’Antartide evidenzia l’entità dell’inquinamento da plastica anche nelle regioni più remote del mondo. Abbiamo raccolto campioni di neve da 19 siti nella regione dell’isola di Ross in Antartide e abbiamo trovato microplastiche in tutti». La Revell aggiunge «Ora, guardando indietro, non sono affatto sorpresa. Dagli studi pubblicati negli ultimi anni abbiamo appreso che ovunque cerchiamo microplastiche disperse nell’aria, le troviamo».
Per identificare il tipo di particelle di plastica presenti, la Aves ha analizzato i campioni di neve antartica utilizzando una tecnica di analisi chimica, la spettroscopia a infrarossi a trasformata di Fourier (FTIR) e le particelle di plastica sono state anche esaminate al microscopio per identificarne colore, dimensione e forma, tutte importanti informazioni osservative per il lavoro futuro.
Lo studio, sostenuto dalla Royal Society Te Apārangi e dal ministero degli esteri e del commercio della nUova Zelanda, ha scoperto «Una media di 29 particelle microplastiche per litro di neve sciolta, che è superiore alle concentrazioni marine riportate in precedenza per il circostante Mare di Ross e nel ghiaccio marino antartico.
I ricercatori neozelandesi fanno notare che «Immediatamente accanto alle basi scientifiche di Ross Island, Scott Base e McMurdo Station, la più grande stazione dell’Antartide, la densità delle microplastiche era quasi 3 volte superiore, con concentrazioni simili a quelle trovate nei detriti dei ghiacciai italiani. Sono stati trovati 13 diversi tipi di plastica, di cui il più comune è il PET, comunemente usato per realizzare vestiti e bottiglie per bibite».
Sono state esaminate le possibili fonti di microplastiche e la modellazione atmosferica suggerisce che «Le microplastiche potrebbero aver viaggiato per migliaia di chilometri nell’aria, tuttavia è altrettanto probabile che la presenza di esseri umani in Antartide abbia stabilito un'”impronta” di microplastica».
Natasha Gardiner, consulente ambientale di Antarctica New Zealand che non ha partecipato allo studio, ha descritto la ricerca dell’università di Canterbury come «Di enorme valore. La ricerca di Alex e dei suoi colleghi consente alle Parti del Trattato Antartico di prendere decisioni basate sull’evidenza riguardo all’urgente necessità di ridurre l’inquinamento da plastica in futuro. Migliora la nostra comprensione dell’entità dell’inquinamento da plastica vicino alla base di Scott e da dove proviene. Possiamo utilizzare queste informazioni per ridurre l’inquinamento da plastica alla fonte e informare le nostre più ampie pratiche di gestione ambientale. E’ importante sottolineare che questo progetto di ricerca informa anche la politica a livello internazionale e abbiamo presentato un documento sui risultati alla prossima riunione consultiva del Trattato sull’Antartide».