Per l’Italia 86 infrazioni Ue aperte: da Arpat il punto sui rifiuti
I settori maggiormente interessati dalle procedure di infrazione sono l’ambiente, trasporti e mobilità, industria e mercato e tassazione e dazi
[29 Dicembre 2020]
Le procedure di infrazione comunitaria che pesano oggi sull’Italia sono 86, in leggero calo rispetto ai dati di luglio scorso, quando se ne contavano 91. Per quanto riguarda i settori maggiormente interessati dalle procedure di infrazione europea pendenti, abbiamo l’ambiente, seguito da trasporti e mobilità, industria e mercato e tassazione e dazi.
In questa e altre Arpatnews che seguiranno, facciamo il punto sulle procedure in materia di ambiente attualmente in essere nel nostro Paese, entrando nel merito delle singole infrazioni e cercando di approfondirne le motivazioni e l’andamento.
In questo numero ci dedichiamo alle procedure in tema di rifiuti, lasciando a prossime Arpatnews la trattazione di quelle in materia di acque reflue, aria, emissioni e altre tematiche varie.
Nella tabella che segue per ogni infrazione si riporta il tipo di inadempienza, la norma europea violata o non recepita e la fase dell’iter procedurale. A margine della notizia una breve descrizione di cosa sono e come si svolgono le procedure di infrazione europee può aiutare nella lettura.
Tra le procedure pendenti e da più tempo, particolare rilevanza assumono proprio quelle in materia di rifiuti, con particolare riferimento alle seguenti tre:
- Procedura di infrazione 2003/2077
Nel 2003 la Commissione europea dà avvio alla procedura di infrazione 2003/2077 che si concretizza, nel 2007, con la prima sentenza di condanna da parte della Corte europea di giustizia (causa 135/05) poiché l’Italia è venuta meno, in modo generale e persistente, agli obblighi relativi alla gestione dei rifiuti, in particolare l’applicazione delle direttive 1975/442 sui “rifiuti”, 1991/689 sui “rifiuti pericolosi” e 1999/31 sulle “discariche”.
Nel 2013 la Corte europea ritiene che l’Italia non abbia posto in essere tutte le azioni volte a dare esecuzione alla prima sentenza e per tale motivo (causa 196/13), nel 2014, la condanna al pagamento di una sanzione forfettaria di circa 40 milioni di euro e di una penalità semestrale di oltre 42 milioni di euro da pagare fino all’esecuzione completa della sentenza. La sentenza di condanna riguarda 200 discariche, di cui 198 non conformi alle direttive 1975/442 e 1991/689 per le quali sono necessarie operazioni di bonifica per dare completa esecuzione alla sentenza e 2 non conformi alla direttiva 1999/31 per le quali occorre dimostrare l’approvazione di piani di riassetto oppure l’adozione di decisioni definitive di chiusura.
In riferimento ai siti abusivi o da bonificare relativi a questa procedura, nel 2017, il Governo prevede il coinvolgimento dell’Arma dei Carabinieri con l’individuazione di un Generale di Brigata quale Commissario straordinario con compiti di impulso e di coordinamento per le attività di bonifica e di messa in sicurezza dei siti oggetto di sanzione.
- Procedura di infrazione 2011/2215
La procedura di infrazione 2011/2215 viene aperta per violazione dell’articolo 14 della direttiva 1999/31, che detta alcune condizioni affinché le discariche già autorizzate o in funzione al momento del termine fissato per il recepimento della direttiva (16 luglio 2001) possano continuare ad operare; si tratta di 102 discariche.
Malgrado gli ammonimenti e nonostante qualche progresso, nel 2017 la Commissione, constatando la presenza di 44 discariche ancora da bonificare o da chiudere, deferisce l’Italia alla Corte europea di giustizia, avviando un procedimento di contenzioso (causa 498/17). Le discariche che comportano la sentenza di condanna da parte della Corte europea interessano 5 regioni: Abruzzo, Basilicata, Campania, Friuli-Venezia Giulia e Puglia. Questa sentenza non prevede pagamenti a carico del nostro Paese.
Nell’immagine una sintesi in mappa, aggiornata a giugno 2020, delle discariche oggetto delle sentenze di condanna relative alle due procedure di infrazione (fonte Progetto ReOPEN SPL).
- Procedura di infrazione 2007/2195
L’infrazione 2007/2195 viene aperta poiché l’Italia, in merito alla regione Campania, non ha adottato tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente e non ha, in particolare, creato una rete adeguata ed integrata di impianti di smaltimento.
Non avendo adottato tutte le misure necessarie all’esecuzione della sentenza di condanna con cui si concretizza l’infrazione (causa 297/08), l’Italia è condannata alle spese, con la sentenza di condanna da parte della Corte europea di giustizia (causa 653/13), ovvero una sanzione pecuniaria corrispondente ad una somma forfettaria di 20 milioni di euro ed una penalità di 120.000 euro per ciascun giorno di ritardo nell’adeguamento alle disposizioni della direttiva e della sentenza stessa.
- Procedure di infrazione 2020/0209 e 2020/0210
Nell’ultimo anno, sempre in tema di rifiuti, la Commissione europea avvia altre 2 procedure di infrazione (2020/0209 e 2020/0210) per il mancato recepimento di due direttive relative ai veicoli fuori uso, la 2020/362 e la 2020/363, la prima riguarda l’esenzione per il cromo esavalente come anticorrosivo nei sistemi di raffreddamento in acciaio al carbonio nei frigoriferi ad assorbimento dei camper, la seconda riguarda determinate esenzioni per il piombo e i composti di piombo nei componenti. Il Decreto 30 luglio 2020 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 27 novembre 2020 dà attuazione alle due direttive, modificando l’allegato II del DLgs 209/2003 relativo all’esclusione dal divieto di immissione sul mercato di materiali e di componenti di veicoli contenenti piombo, mercurio, cadmio o cromo esavalente. Le novità riguardano principalmente l’utilizzo di piombo nelle saldature e di cromo esavalente come anticorrosivo.
Iter delle procedure di infrazione
La Commissione europea, che ha la responsabilità di verificare il rispetto del diritto Ue negli stati membri, può intervenire in due casi: quando non viene recepita integralmente una determinata direttiva entro il termine stabilito, oppure quando le norme non vengono applicate correttamente. Nel dettaglio una procedura d’infrazione può essere avviata per tre motivi:
- mancata comunicazione, se lo stato membro non comunica in tempo alla Commissione le misure scelte per implementare la direttiva
- mancato recepimento, quando la Commissione valuta la legislazione dello stato membro non in linea con le indicazioni della legislazione europea
- sbagliata applicazione, qualora la legge europea non venga applicata, o sia applicata incorrettamente, dallo stato membro
Le procedure di infrazione, oltre ad essere avviate da indagini interne della Commissione, possono avere inizio anche per una denuncia di non rispetto del diritto europeo da parte di cittadini, aziende e organizzazioni non governative. Quattro sono le possibili fasi in cui si può trovare una procedura di infrazione, le prime due sono il precontenzioso e le altre due il contenzioso
- (art 258) la Commissione europea manda una lettera di costituzione in mora al governo del paese sotto indagine, che deve rispondere con spiegazioni entro un tempo prefissato.
- se lo stato membro non risponde, o risponde in maniera non soddisfacente, la Commissione può decidere di mandare un parere motivato in cui chiede di adempiere alle mancanze normative entro un dato giorno
- se lo stato membro continua a non adempiere, la Commissione può decidere di aprire un contenzioso facendo ricorso alla Corte europea di giustizia; se quest’ultima ritiene che il paese in questione abbia effettivamente violato il diritto dell’unione, può emettere una sentenza richiedendo alle autorità nazionali di adottare le giuste misure per adeguarsi.
- (art 260) se, nonostante la sentenza della Corte di giustizia, il paese continua a non correggere la situazione, la Commissione può deferirlo nuovamente alla Corte proponendo che questa imponga sanzioni pecuniarie (somma forfettaria e/o pagamenti giornalieri).
di Maddalena Bavazzano, Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (Arpat)