Plastica in mare: che fine ha fatto il progetto Sauro? (VIDEO)

Una piccola, misteriosa e un po’ triste, storia italiana

[15 Aprile 2021]

 Possiamo dire che le invenzioni nascono con l’uomo, insieme al suo istinto di sopravvivenza: quando si accorse che una pietra poteva essere lanciata ed essere così utile a far cadere un frutto  o a schiacciare una noce oppure aiutarlo nella caccia, quando si rese conto che qualcosa di appuntito o un sasso scheggiato poteva essere utilizzato per tagliare o uccidere ecc.  Con il passare del tempo e lo sviluppo delle abilità, il suo cervello si è ingrandito, le sue esperienze si sono moltiplicate, ed eccoci ad oggi: l’invenzione non è solo una necessità per vivere, ma un modo per migliorare la qualità della nostra vita in tutti i settori, medicina, trasporti, comunicazioni, modalità di produzione, industria e tutti gli altri ambiti che fanno parte del nostro quotidiano. Qualcosa che chiamiamo Ricerca & Sviluppo, mentre contiamo i brevetti per capire quale Paese è il più bravo e avanzato.

In questa corsa verso il “progresso”, qualcosa, anche invenzioni che sembrano rivoluzionarie – spesso nella loro semplicità – vengono misteriosamente messe da parte, come fossero bambini non voluti. Anche scorrendo gli arretrati di greenreport.it ci si imbatte in queste invenzioni dimenticate o tenute in un cassetto in attesa di tempi migliori, o magari per non rivoluzionare lo stato di fatto, il business as usual che tutti – a parole e in altisonanti documenti – dicono di voler cambiare al più presto. L’esempio che viene a mente più velocemente è quello delle auto elettriche che esistevano già ma che sono state accantonate a favore dei motori a scoppio. Tra i progetti innovativi nei quali in questi anni si sono imbattuti i lettori di greenreport.it ce n’è uno che sembra anche un mistero politico irrisolto: un brevetto tutto italiano, una nuova tecnologia antinquinamento marino:  Sea Antipollution Unit for Rapid Offshore drainage (S.A.U.R.O) che si differenzia da tutti gli altri sistemi dello stesso tipo perché può essere utilizzato per recuperare sia liquidi (idrocarburi) sia solidi, anche di grandi dimensioni, con una speciale “vocazione” proprio per le tanto temute plastiche e microplastiche galleggianti, che negli ultimi anni sono diventate, sia a livvello mediatico che di opinion e pubblica, uno dei rischi più temuti e che rappresentano una grave minaccia per la salute del mare.

Si tratta di una invenzione che già da diversi anni vanta un brevetto italiano e brevetti internazionali, che è stata testata con successo ma non è stata già utilizzata per mitigare quella che è ritenuta un’emergenza di proporzioni mondiali, mentre si investono soldi e campagne mediatiche per progetti colossali che si sono rivelati poco efficienti ed efficaci. E si tratta di un brevetto che non è di proprietà privata, ma appartiene addirittura alla nostra Presidenza del Consiglio dei Ministri, in particolare, al Dipartimento della Protezione Civile, istituzione che tutela l’ambiente e le persone dai rischi.

Ma per capire quella che appare come una triste e purtroppo ordinaria vicenda italiana bisogna fare un passo indietro: il primo brevetto di SAURO, quello italiano – poi diventato internazionale e registrato anche in molti altri Stati – viene rilasciato nel 2014, e la prima convalida sulla validità del sistema viene data dall’Università di Firenze, che costruisce un prototipo in scala 1:50 con il quale viene testato positivamente. Poi il sistema viene sottoposto al vaglio della Marina Militare Italiana, che concorda con l’università di Firenze sull’utilità dello “skimmer” per il nostro ambiente marino. Come si legge sulla Rivista Marittima – Marina Militare dell’ottobre 2015: «La prima presentazione ufficiale con il prototipo in scala è avvenuta il 16 dicembre 2014 nella piscina del Circolo Ufficiali della Marina Militare, di fronte a un nutrito gruppo di Alti Ufficiali della MM che ne hanno apprezzato le potenzialità, a cura del dal Comandante Walter Mazzei, del Dipartimento della protezione Civile, e del Capitano di Vascello Massimo Pellegrini. Dopo questa dimostrazione, a gennaio 2015, il Capo del Dipartimento della protezione civile, Franco Gabrielli e il capo dello Stato Maggiore della Marina Militare, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, hanno sottoscritto un accordo di collaborazione per la realizzazione e l’installazione del sistema Sauro a bordo di una unità della Marina Militare».

La Marina Militare sottoscrive un accordo con la Protezione Civile che prevede lo sviluppo di SAURO e la messa a disposizione gratuita di un mezzo navale operativo della Marina Militare, dove installare un prototipo del sistema per la protezione dei nostri mari. Del progetto, nel marzo 2015, si  interessa anche il ministero dello sviluppo economico.

L’unico per ora a non sembrare interessato è il ministero dell’ambiente, cioè quello che in questi anni ha fatto le maggiori campagne e concesso maggiori finanziamenti a progetti e attività contro le plastiche in mare. Quando lo fa, nel settembre 2015, è solo per dire che il progetto SAURO è prematuro. E lo fa solo dopo essere stato sollecitato da una interrogazione parlamentare di Ermete Realacci – allora presidente della Commissione ambiente della Camera –  e dicendo che il sistema non è brevettato, mentre in realtà, come abbiamo visto, lo era già da un pezzo. A quanto pare, dietro una risosta di questo tipo ci potrebbero essere dubbi sulla partecipazione a SAURO della Marina Militare. Insomma, problemi di competenze che spesso in Italia affossano progetti innovativi. Lo statu quo che paralizza il futuro possibile.

Che un sistema ritenuto da tutti utile per il bene pubblico, possa venire affossato a causa di problemi interni di competenze, può sembrare assurdo, ma da qui in avanti in qualsiasi attività inerente al brevetto governativo, viene ignorata, potremmo dire disdegnata dal suddetto Ministero, considerato che non se ne interessa né ne fa menzione in alcun incontro pubblico. Un impasse che non viene risolto nemmeno dalle altre istituzioni coinvolte – Presidenza del Consiglio dei Ministri, ovvero il Dipartimento della Protezione Civile – che non sembrano aver replicato all’erronea risposta data dal ministero dell’ambiente alla interrogazione di Realacci.

Intanto SAURO continua a raccogliere consensi tecnici e scientifici, dal “Mitigation of microplastics impact” del CNR-ISMAC, fino alla partecipazione nel maggio 2015 a un evento TED nel quale vengono proposte le migliori idee mondiali.

Ma, piano piano di SAURO  – proprio mentre esplode il problema della lotta alla plastica in mare – non si sente più parlare. Almeno fino al 2019, quando l’ex presidente della Regione Toscana. Enrico Rossi, dice di volerlo tirar fuori da qualche cassetto romano per realizzare in Toscana, prima al mondo, zone di mare plastic free.

Il 4 giugno 2019, in un’interve<ista di Rossi a Toscana notizie si leggeva: «Nel frattempo, ho contattato il capo della Protezione Civile nazionale Angelo Borrelli per avere qualche informazione in più e nei prossimi giorni lo incontrerò per capire cosa possiamo fare come Regione Toscana. Ad esempio, potremmo pensare a un investimento sostenibile, magari finanziato da più enti, per costruire un prototipo di SAURO da far lavorare nell’Alto Tirreno. Tra l’altro – aggiunge il presidente – la Marina Militare a suo tempo si dichiarò disponibile a fornire una nave per questo progetto, progetto che io ritengo molto interessante».

Rossi è sostenuto dal professor Casagli, presidente dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale, che, avendo coordinato i test del prototipo fatti dall’università di Firenze conosce bene la tecnologia di SAURO, e che il 5 giugno 2019 dice a Il Tirreno: «Può salvare il nostro mare, sono contento che Rossi abbia deciso di riscoprirlo».

L’8 giugno 2019 Rossi torna a parlare di SAURO su Toscana Notizie: «Scale mobili ai lati delle navi, da usare per raccogliere i rifiuti che galleggiano nel mare: un progetto da poco più di un milione di euro che la Regione Toscana è intenzionata a cofinanziare. Lo ha annunciato il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, intervenendo alla Tuscany Hall di Firenze all’assemblea generale dei delegati di Unicoop Firenze, un’iniziativa a margine della quale nell’incontro con i soci si è discusso soprattutto di tematiche ambientali. “Faremo presto un incontro con la Protezione civile nazionale – ha aggiunto il presidente – per dare l’avvio a questo progetto, che vogliamo operativo a partire dal prossimo anno».

Ma il 2020 arriva e non succede niente e SAURO sembra tornato nel dimenticatoio dal quale lo aveva fatto uscire Rossi per qualche giorno. Quel che sappiamo è che di questa idea non ci sono state più notizie, e che il milione di euro promesso da Rossi per realizzarla non è mai arrivato. SAURO sembra essere stato inghiottito dalla campagna elettorale per la Regione e ora al posto di Rossi c’è Eugenio Giani, che forse di SAURO non ne sa niente.

Ricapitolando: un milione di euro da una parte, nave gratis dall’altra. Cosa (e chi) è che blocca il dispiegamento – anche solo sperimentale – del progetto? E l’accordo con la Marina Militare è ancora valido?

Sembra che, per il momento, SAURO possa essere annoverato tra le “invenzioni non volute”. Eppure non si tratta di una leggenda del web, un prototipo che non funziona o che non esiste, perché ci sono prove e convalide scientifiche a sufficienza per constatare la “realtà” del progetto ed è incontestabile che la sua realizzazione sia stata contrastata.

Una contrarietà sorda e che si è avvalsa del groviglio di competenze e burocrazia che troppo spesso soffoca e ritarda la ricerca e le invenzioni made in Italy. Il nuovo ministero della Transizione Ecologica, nato anche con la dichiarata intenzione di disboscare questi appesantimenti e di riunire e mettere a confronto competenze e responsabilità, forse dovrebbe riprendere in mano il progetto SAURO per capire se è davvero utile a contribuire a realizzare quel mare e quei litorali plastic free che tutti a parole vogliono.

Videogallery

  • Dispositivo SAURO (Sea Antipollution Unit for Rapid Off-shore drainage)