Cnr, ecco qual è l’impatto del trasporto marittimo su salute e ambiente
Contini: «In Italia si hanno impatti alle polveri sottili tipicamente tra il 2% ed il 10%. Gli impatti agli inquinanti gassosi (ossidi di azoto ed ossidi di zolfo) sono anche maggiori»
[19 Aprile 2021]
Come ha dettagliato l’Ispra nei giorni scorsi, i sistemi di trasporto giocano un ruolo fondamentale nella generazione di inquinamento atmosferico e nell’emissione di gas serra, ma sarebbe un errore pensare che i problemi stiano solo nel trasporto su strada. Lo studio Recent advances in studying air quality and health effects of shipping emissions, appena pubblicato sulla rivista Atmosphere da ricercatori Cnr-Isac, mette ad esempio in guardia sugli impatti del trasporto marittimo.
Partendo da un presupposto: un recente studio dell’Oms individua le attività marittime tra le sei maggiori sorgenti emissive antropiche (su sedici) di inquinanti atmosferici, sia gassosi sia nella forma di particolato, come ossidi di azoto e di zolfo e particolato atmosferico di diverse dimensioni. Questi inquinanti, in particolare le emissioni di anidride solforosa, provocano piogge acide e creano polvere fine che può provocare malattie respiratorie e cardiovascolari.
Certo, le ultime normative internazionali hanno portato ad una riduzione delle emissioni di inquinanti atmosferici, grazie alla quale si stimano, nei prossimi anni, una diminuzione di morti premature e casi di asma infantile, ma non basta; anche perché al contempo hanno veicolato un leggero aumento del riscaldamento globale.
«In Europa l’impatto alle concentrazioni di inquinanti in atmosfera, come PM2.5 e PM10, le cosiddette polveri sottili, varia tra lo 0.2% ed il 14%, con i valori maggiori osservati nell’area del Mediterraneo – spiega Daniele Contini, ricercatore Cnr-Isac e co-autore della ricerca assieme alla collega Eva Merico – In Italia si hanno impatti alle polveri sottili tipicamente tra il 2% ed il 10%. Gli impatti agli inquinanti gassosi (ossidi di azoto ed ossidi di zolfo) sono anche maggiori e variano, in Italia, tipicamente tra il 5 ed il 40%, valore, quest’ultimo, rilevato soprattutto in prossimità delle aree portuali».
Le ultime normative internazionali pongono una decisa riduzione al contenuto di zolfo nei combustibili marini, dal 3,5% allo 0,5% in massa, portando così ad una diminuzione delle emissioni di ossidi di zolfo e di particolato atmosferico.
«Grazie a queste misure – conclude Contini – è possibile stimare un calo nei prossimi anni del 34% delle morti premature dovute alle emissioni navali (che rimarrebbero comunque 250 mila annue) e del 54% dei casi di asma infantile. Per contro, la riduzione del tenore di zolfo nei combustibili cambia le proprietà chimiche e fisiche del particolato emesso e quindi la sua interazione con la radiazione solare, riducendo l’effetto di raffreddamento dell’atmosfera dovuto all’aerosol emesso dalle navi e portando ad un incremento di circa il 3% della forzante di riscaldamento globale dovuta alle attività umane, con un effetto complessivamente negativo sul clima. È auspicabile, quindi, che in futuro le politiche ambientali dirette al traffico marittimo, considerino e tutelino entrambi questi aspetti, la salute e il clima».