Cosa sappiamo sulla sismicità indotta, per provare a prevenirla
Grigoli (Unipi): «Un problema complesso basato sulla combinazione di dati sismologici, geomeccanici, idrogeologici e industriali. Non ci sono soluzioni semplici»
[20 Dicembre 2023]
Su Nature reviews è stato pubblicato un nuovo studio internazionale che fa il punto sugli elementi noti alla comunità scientifica in fatto di sismicità indotta, ovvero quei terremoti provocati direttamente o indirettamente dalle attività industriali legate allo sfruttamento del sottosuolo.
La ricerca ha coinvolto un team multidisciplinare grazie alla collaborazione tra Università di Pisa, Free University Berlin, Stanford University, ETH di Zurigo e Southern University of Science and Technology cinese.
«La sismicità indotta è un tema particolare importante in questa fase di transizione energetica perché potrebbe essere uno degli ostacoli principali nello sviluppo delle attività di cattura e stoccaggio della CO2 nel sottosuolo», commenta il ricercatore dell’Università di Pisa Francesco Grigoli.
La Ccs è un’opzione tecnologica sempre più attenzionata dalla comunità scientifica come opzione da mettere in campo per limitare la corsa della crisi climatica in assenza di una marcata accelerazione ai necessari tagli delle emissioni – e al conseguente sviluppo delle fonti rinnovabili –, ma sono ancora molti i dubbi sulla sua efficacia ed efficienza, non da ultimo sotto il profilo economico.
Il problema della sismicità indotta può però manifestarsi anche nello sviluppo di fonti rinnovabili (come nel caso degli Enhanced geothermal system, non presenti in Italia), per non parlare delle attività di fracking relative all’estrazione di petrolio e gas.
«Sebbene nella maggior parte dei casi la sismicità indotta non rappresenti un pericolo per le infrastrutture e le comunità locali, in alcuni casi si sono verificati eventi distruttivi. Uno dei casi più emblematici – conferma Grigoli – è stato il terremoto di magnitudo 5.5 avvenuto il 15 Novembre 2017 a Pohang, in Corea del Sud. Il sisma è stato causato da attività di stimolazione idraulica, una pratica vietata in Italia, per lo sfruttamento di energia geotermica».
Come riportato su Nature review, sebbene non ancora del tutto chiari, esistono diversi meccanismi fisici in grado di spiegare la sismicità indotta.
In alcuni casi, ad esempio, la sismicità indotta è generata dall’iniezione di fluidi nel sottosuolo che, provocando un sostanziale aumento della pressione dei fluidi all’interno delle formazioni rocciose, può attivare faglie prossimali al sito industriale.
In altri il fenomeno è associato alla rimozione di masse rocciose durante le attività minerarie, allo stoccaggio o all’estrazione di fluidi dal sottosuolo e al carico e scarico di bacini idraulici.
Per quanto riguarda invece la prevenzione, un aiuto arriva dal monitoraggio microsismico in tempo reale che ha un ruolo fondamentale non solo per una migliore comprensione del fenomeno, ma anche per identificare sul nascere possibili terremoti anomali di origine antropica.
Un altro elemento di fondamentale importanza è poi l’implementazione di sistemi che permettano di “pronosticare” l’evoluzione della sismicità utilizzando modelli fisici, statistici o più recentemente l’intelligenza artificiale.
«La sismicità indotta è un problema complesso e intrinsecamente multidisciplinare, basato sulla combinazione di dati sismologici, geomeccanici, idrogeologici e industriali – conclude Grigoli – pertanto, non ci sono soluzioni semplici a questo problema che costituisce uno degli argomenti di ricerca principali della comunità sismologica mondiale».