Dopo 50 anni di ricerche scoperto il motore della fotosintesi (VIDEO)
Uno studio di un team tedesco e italiano apre la strada alla fotosintesi artificiale
[5 Maggio 2023]
La fotosintesi alimenta la vita sulla Terra immagazzinando l’energia solare in forma chimica. L’odierna atmosfera ricca di ossigeno è il risultato di questo meccanismo. La fase in cui durante la fotosintesi l’acqua viene scissa attraverso una reazione guidata dalla luce per generare ossigeno (O2) è un processo fondamentale per la vita sulla Terra. Comprendere come questo avvenga potrebbe offrire ispirazione per lo sviluppo di tecnologie di scissione dell’acqua per produrre combustibili solari.
Lo studio “The electron–proton bottleneck of photosynthetic oxygen evolution”, pubblicato su Nature da Paul Greife, Matthias Schönborn , Holger Dau e Ricardo Assunção della Freie Universität di Berlino e da Leonardo Guidoni, Matteo Capone e Daniele Narzi del dipartimento di scienze fisiche e chimiche dell’università dell’Aquila ha scoperto il motore della fotosintesi clorofilliana che dà energia a piante, alghe e ad alcuni gruppi di batteri.
Un altro studio, “Structural evidence for intermediates during O2 formation in photosystem II”, pubblicato in concomitanza su Nature da team internazionale guidato da Asmit Bhowmick del Lawrence Berkeley National Laboratory, si è occupato di come il fotosistema II, un complesso proteico presente in piante, alghe e cianobatteri, raccolga energia dalla luce solare e la utilizzi per dividere l’acqua, producendo l’ossigeno che respiriamo.
Per la prima volta dopo 50 anni, i due studi risolvono tutti i passaggi della reazione che 2/3 miliardi di anni fa ha prodotto l’ossigeno a partire dall’acqua, trasformando l’atmosfera della Terra. Un risultato che apre a nuove soluzioni per produrre energia pulita. Mettere al loro posto tutte le tessere del puzzle della fotosintesi è stato possibile grazie alle simulazioni chimiche e ai calcoli al supercomputer fatti in Italia dal gruppo di chimica computazionale diretto da Guidoni mentre il team berlinese di Dau ha raccolto i dati sperimentali.
Guidoni ha spiegato all’ANSA che «Abbiamo ricostruito in particolare il passaggio nel quale, dall’acqua, viene creata una molecola di ossigeno. E’ il momento iniziale della fotosintesi, l’innesco che crea l’energia necessaria per proseguire». I passaggi fondamentali erano noti da più di 50 anni, «Ma non c’era ancora la caratterizzazione chimica dell’ultimo stadio, il più difficile da cogliere. Su questo punto abbiamo lavorato per 10 anni, utilizzando il calcolo ad alte prestazioni per predire l’evoluzione della reazione chimica in tutti e 5 i passaggii».
Mentre i ricercatori della Freie Universität di Berlino utilizzato la spettroscopia a infrarossi per identificare alcuni punti chiave della reazione, il team dell’università de L’Aquila le ha dato un volto. Guidoni sottolinea «Siamo arrivati così alla conclusione di un quadro nato 50 anni fa e del quale stiamo catturando via via le foto dei protagonisti».
Capone evidenzia che «La natura ha costruito un enzima grande e complesso, ottimizzato per portare a termine una reazione estremamente impegnativa dal punto di vista energetico. Alla fine, però, quello che permette il successo della reazione è il posizionamento corretto dei protoni, semplici ioni dell’atomo di idrogeno, all’interno dell’enzima stesso».
I risultati dei due studi fanno luce su come la natura ha ottimizzato la fotosintesi e stanno aiutando gli scienziati a sviluppare sistemi fotosintetici artificiali che imitano la fotosintesi per raccogliere la luce solare naturale per convertire l’anidride carbonica in idrogeno e combustibili a base di carbonio. Jan Kern, uno scienziato del Lawrence Berkeley National Laboratory sottolinea che «Più impariamo su come funziona la natura, più ci avviciniamo all’utilizzo di quegli stessi principi nei processi creati dall’uomo, comprese le idee per la fotosintesi artificiale come fonte di energia pulita e sostenibile». Junko Yano, anche lui del Berkeley Lab, aggiunge: «Il Photosystem II ci sta fornendo il progetto su come ottimizzare le nostre fonti di energia pulita ed evitare vicoli ciechi e prodotti secondari pericolosi che danneggiano il sistema. Quella che una volta pensavamo fosse solo scienza fondamentale potrebbe diventare una strada promettente per migliorare le nostre tecnologie energetiche».
Uwe Bergmann, professore all’università del Wisconsin-Madison, ricorda che «Altri esperti sostenevano che questo era qualcosa che non avrebbe potuto mai essere catturato. Cambierà davvero il modo in cui pensiamo al fotosistema II. Sebbene non possiamo ancora dire di avere un meccanismo unico basato sui dati, possiamo escludere alcuni modelli e idee che le persone hanno proposto negli ultimi decenni. E’ la cosa più vicina che qualcuno sia mai arrivato a catturare questo passaggio finale e mostrare come funziona questo processo con dati strutturali reali».
Vittal Yachandra, scienziato senior presso il Berkeley Lab, spiega che «La maggior parte del processo che produce ossigeno respirabile avviene in quest’ultima fase. Ma ci sono diverse cose che accadono in diverse parti del fotosistema II e alla fine devono riunirsi tutte affinché la reazione abbia successo. Proprio come nel baseball, fattori come la posizione della palla e la posizione dei basemen e dei fielders influenzano le mosse che un giocatore fa per arrivare alla base, l’ambiente proteico attorno al centro catalitico influenza il modo in cui si svolge questa reazione».
Kern aggiunge: «Ci sono ancora cose che succedono nel mezzo che non siamo ancora riusciti a cogliere. Ci sono più istantanee che vogliamo davvero scattare per colmare le lacune rimanenti e raccontare l’intera storia».
Ma per Narzi già ora le ricadute di questa ricerca sono molteplici: «La comprensione dei meccanismi molecolari alla base della fotosintesi clorofilliana può ispirare nuove tecnologie atte alla conversione dell’energia solare in carburanti green con un impatto ambientale potenzialmente prossimo allo zero».
I ricercatori e dicono che «I nostri risultati forniscono approfondimenti su un processo biologico che probabilmente si è verificato invariato negli ultimi tre miliardi di anni, che prevediamo possa supportare la progettazione basata sulla conoscenza di sistemi artificiali di scissione dell’acqua».
Ora per Guidoni è possibile pensare davvero alla cosiddetta fotosintesi artificiale, «Utilizzata per identificare i materiali di sintesi che mimano il processo della fotosintesi per produrre energia. La scommessa è ispirarsi alla natura per trovare nuovi materiali, molto comuni e a basso costo, che assorbono la luce e generano elettricità. Manganese, ferro e nichel sono possibili candidati, anche se la ricerca in questo campo è ancora lunga».