Expertscape: è l’italiano Roberto Danovaro il maggior esperto al mondo di Mari e Oceani nel decennio 2010-2020
Il presidente della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli è stato selezionato tra 87.425 scienziati
[30 Dicembre 2020]
Secondo la prestigiosa piattaforma Expertscape che seleziona, verifica e certifica, confrontando tutti i principali prodotti scientifici a livello internazionale, i migliori scienziati e medici mondiali per settore di competenza, il “top scientist” mondiale nella ricerca relativa a mari e oceani nel decennio 2010-2020 è il biologo marino Roberto Danovaro, presidente della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, Istituto Nazionale di Biologia, Ecologia e Biotecnologie Marine.
Un riconoscimento che non ha niente di discrezionale, visto che, per definire le classifiche, l’algoritmo di Expertscape sfrutta numerosi parametri, a partire dalla la qualità e la quantità di ricerche pubblicate e revisionate dalla comunità scientifica su diverse tematiche.
Nella classifica “Expertise in Oceans and Seas: Worldwide” di Expertscap per il decennio 2010 – 2020, il ricercatore più accreditato per qualità e quantità di studi è risultato essere Danovaro, noto per le sue ricerche su biodiversità, funzionamento degli ecosistemi marini e gli impatti dei cambiamenti climatici sugli oceani. LO scienziato italiano è stato selezionato dopo un confronto con 87425 scienziati in tutto il mondo per la categoria oceani e mari.
Danovaro ha commentato: «L’Italia dimostra di avere capacità di svolgere ricerche di eccellenza a livello mondiale nell’ambito del mare, elemento tutt’altro che scontato. Se in tanti settori il nostro paese si piazza bene senza primeggiare, siamo felici di ottenere questo primato nella ricerca marina. E’ un segnale positivo per il nostro Paese che vede la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli tra le prime 20 istituzioni di ricerca marina al mondo, dominando su altri giganti della ricerca oceanica, strutture molto più grandi che contano su investimenti più consistenti. Il primato è stato ottenuto sfruttando al massimo le risorse a disposizione e lavorando su tematiche di grande rilevanza attuale e futura: tra queste le ricerche svolte negli abissi del pianeta, in quelle aree remote e difficilmente accessibili che richiedono un maggior bagaglio tecnologico e che in futuro saranno quelle più bersagliate e impattate delle attività umane potenzialmente distruttive, come l’estrazione di idrocarburi e minerali. Non dimentichiamo che per dimensione e complessità, le ricerche oceaniche sono confrontabili con quelle degli studi spaziali: nessun Paese può fare da solo perché le tecnologie necessarie sono troppo costose e richiedono grandi risorse economiche, per questo sarebbe necessario concentrare gli sforzi a livello nazionale e creare una rete di cooperazione internazionale. Dobbiamo considerare, infatti, che il 50% degli oceani è al di fuori dei confini giurisdizionali dei paesi, è un “mare di nessuno” che deve essere protetto e gestito tramite una cooperazione globale che eviti che si crei un far west privo di regole dove prevalgono gli interessi dei più forti».