Gli etiopi erano cristiani prima di Roma. La scoperta di una chiesa in Etiopia riscrive la storia del cristianesimo in Africa
Gli archeologi ora possono capire meglio quando il cristianesimo si diffuse nell'Impero Aksumita
[13 Dicembre 2019]
Nei polverosi altopiani dell’Etiopia settentrionale, un team internazionale di archeologi ha scoperto la più antica chiesa cristiana conosciuta nell’Africa sub-sahariana e si tratta di una scoperta che getta nuova luce su uno dei regni più enigmatici del Vecchio Mondo e sulla sua sorprendentemente e precoce conversione al cristianesimo. E, se lo leggessero, sarebbero dolori per i fan delle radici cristiane dell’Europa – presepe annesso – e di chi è convinto che gli africani siano nient’altro che pagani e convertiti dalla razza superiore bianca.
Infatti, nello studio “Beta Samati: discovery and excavation of an Aksumite town” pubblicato su Antiquity, gli scienziati illustrano la scoperta di una chiesa 30 miglia a nord-est di Aksum, la capitale del regno di Aksumite, un impero commerciale emerso nel I secolo d.C. e che avrebbe continuato a dominare a lungo gran parte dell’Africa orientale e dell’Arabia occidentale. Attraverso la datazione al radiocarbonio dei reperti scoperti nella chiesa, i ricercatori hanno concluso che la struttura fu costruita nel IV secolo d.C., all’incirca nello stesso periodo in cui l’imperatore romano Costantino legalizzò il cristianesimo nel 313 d.C. e poi si convertì sul letto di morte nel 337 d.C. Insomma, gli etiopi erano liberamente cristiani prima che lo diventassero ufficialmente Roma e Costantinopoli.
Smitshonian Magazine sottolinea che «La scoperta della chiesa e di quel che contiene conferma la tradizione etiope secondo cui il cristianesimo arrivò in una data precoce in un’area a circa 3.000 miglia da Roma. La scoperta suggerisce che la nuova religione si diffuse rapidamente attraverso le reti commerciali a lunga distanza che collegavano il Mediterraneo, attraverso il Mar Rosso, con l’Africa e l’Asia meridionale, gettando nuova luce su un’era significativa di cui gli storici sanno poco» e gli integralisti cristiani suprematisti bianchi ancor meno.
Michael Harrower della Johns Hopkins University, l’archeologo che ha guidato il team di ricerca, ricorda che «L’impero di Aksum era una delle civiltà antiche più influenti al mondo, ma rimane una delle meno conosciute» e Helina Woldekiros, archeologa della Washington University – St. Louis, che faceva parte del team, aggiunge: «Aksum servì da “punto di nesso” che collegava l’Impero romano e, in seguito, l’impero bizantino con terre distanti a sud. Quel commercio, con cammelli, asini e barche, trasportava argento, olio d’oliva e vino dal Mediterraneo verso le città lungo l’Oceano Indiano, che a loro volta esportavano ferro, perle di vetro e frutta».
Il regno cristiano etiope iniziò il suo declino nell’VIII e IX nono secolo, riducendosi alla fine ai soli altopiani etiopi. Ma rimase testardamente cristiano – a differenza di molte aree dell’Europa meridionale, Italia compresa – anche quando l’Islam si diffuse in tutta la regione del Corno d’Africa. Inizialmente, le relazioni tra le due religioni monoteistiche furono essenzialmente pacifiche, ma col passare del tempo si fecero più difficili. Nel XVI secolo, il regno di Aksum venne attaccato dagli eserciti somali e poi dagli ottomani, ma riuscì a mantenne il controllo dei suoi altopiani strategici. Oggi, quasi la metà degli etiopi – 45 milioni appartenenti a diverse etnie – sono fedeli alla chiesa ortodossa etiope di Tewahedo, quelli che chiamiamo Copti.
Molto probabilmente in Etiopia i cristiani professavano liberamente il loro culto mentre i primi cristiani erano perseguitati dai romani e praticavano il loro culto in privato, rendendo difficile per gli archeologi, i teologi e gli storici studiare quell’epoca. Il cristianesimo raggiunse l’Egitto nel III secolo d.C., ma fu solo con la legalizzazione da parte di Costantino che la chiesa cristiana si espanse davvero in Europa e nel Vicino Oriente.
Ora, con la la scoperta di Aksumite, i ricercatori possono datare con più sicurezza l’arrivo del cristianesimo in Etiopia nello stesso lasso di tempo. Quindi, le radici cristiane dell’Europa – che si diramano in mille divisioni confessionali cattoliche, protestanti e ortodosse – sono profonde quanto, se non meno, quelle della Chiesa copta etiope, così come in tutta l’Africa sub-sahariana. E’ quel che sostiene Aaron Butts, che insegna lingue semitiche ed egiziane alla Catholic University di Washington DC, che non ha partecipato allo scavo archeologico dell’antica chiesa etiope.
Il team di Harrower ha lavorato dal 2011 al 2016 nell’antico insediamento di Beta Samati, (“casa del pubblico” in tigrino), all’odierno confine tra l’Etiopia e l’Eritrea e 70 miglia a sud-ovest del Mar Rosso. Un sito che aveva incuriosito gli archeologi anche perché ospitava templi in stile arabo meridionale risalenti a molti secoli prima dell’ascesa di Aksum, un chiaro segno di antichi legami con la penisola arabica. I templi riflettono l’influenza dei Sabaeani, che dominarono il redditizio commercio di incenso e il cui potere si estendeva sul Mar Rosso.
La più grande scoperta degli scavi è stato un massiccio edificio lungo più di 18 metri e largo più di 12 che ricorda lo stile di un’antica basilica romana come quelle innalzate per scopi amministrativi ai tempi di Costantino per i loro luoghi di culto. All’interno e vicino alle rovine di Aksumite, gli archeologi hanno anche trovato molti manufatti, compreso un delicato anello in oro e corniola con l’immagine di una testa di toro a quasi 50 figurine di bestiame, chiaramente una prova delle credenze pre-cristiane e, oltre a bruciatori di incenso, hanno anche scoperto un ciondolo in pietra scolpito con una croce e inciso con l’antica parola etiopica “venerabile”. Vicino alle mura orientali della basilica, il team ha trovato un’iscrizione che invoca “che Cristo [sia] favorevole a noi”. Nello studio, Harrower ha affermato che «Questa insolita collezione di artefatti suggerisce una mescolanza di tradizioni pagane e paleocristiane».
Secondo la tradizione etiope, il cristianesimo arrivò per la prima volta nell’impero di Aksum nel IV secolo d.C. quando un missionario di lingua greca di nome Frumentius convertì il re Ezana. Ma Butts ed altri studiosi dubitavano da tempo dell’affidabilità storica di questo racconto, anche se gli scienziati non sono d’accordo su quando e come la nuova religione cristiana abbia raggiunto la lontana Etiopia.
«Questo è ciò che rende così importante la scoperta di questa basilica – aggiunge Buggs – è che è una prova affidabile di una presenza cristiana leggermente a nord-est di Aksum in una data molto antica».
Mentre la storia di Frumentius può essere apocrifa, altri reperti sul sito sottolineano come la diffusione del cristianesimo si intrecciò con il commercio. I sigilli e i token utilizzati per le transazioni economiche scoperti dagli archeologi indicano la natura cosmopolita dell’insediamento. Una perla di vetro proveniente dal Mediterraneo orientale e grandi quantità di ceramiche di Aqaba, nell’odierna Giordania, attestano commerci con luoghi distanti. La Woldekiros è convinta che «Le scoperte dimostrano che le rotte commerciali su lunga distanza hanno avuto un ruolo significativo nell’introduzione del cristianesimo in Etiopia». Lei e altri studiosi vogliono capire come si sono sviluppati queste rotte e il loro impatto sulle società regionali. Alemseged Beldados, un archeologo dell’università di Addis Abeba che non ha partecipato allo studio, ha detto allo Smithsonian Magazine che «Il regno di Aksumite era un importante centro della rete commerciale del mondo antico. Questi risultati ci danno una buona visione … della sua architettura, del commercio, dell’amministrazione civile e legale».
Harrower conclude: «La politica e la religione sono fattori importanti nel plasmare le storie umane, ma sono difficili da esaminare archeologicamente. Le scoperte di Beta Samati offrono uno sguardo positivo sull’ascesa del primo regno cristiano dell’Africa e, spero, scatenerà un nuovo ciclo di scavi legati ad Aksum».