I nostri antenati si massacravano già 1,45 milioni di anni fa
I tagli su un osso di una gamba di un parente degli esseri umani moderni sono stati fatti da strumenti di pietra e potrebbero essere la prova del cannibalismo
[28 Giugno 2023]
Lo studio “Early Pleistocene cut marked hominin fossil from Koobi Fora, Kenya”, pubblicato su Scientific Reports da Briana Pobiner dell’Human Origins Program del , National Museum of Natural History della Smithsonian Institution, Michael Pante della Colorado State University e Trevor Keevil della Purdue University, avrebbe identificato la più antica prova decisiva di «Parenti evolutivi stretti degli esseri umani che si massacrano e probabilmente si mangiano l’un l’altro».
Infatti, i tre antropologi descrivono 9 segni di taglio su un osso della tibia sinistra risalente a 1,45 milioni di anni fa e appartenente a un parente dell’Homo sapiens trovato nel nord del Kenya. Alla Smithsonian Institution spiegano che «L’analisi dei modelli 3D della superficie del fossile ha rivelato che i segni di taglio ad anello erano danni inflitti su un morto da strumenti di pietra. Questo è il caso più vecchio di questo comportamento conosciuto con un alto grado di sicurezza e specificità».
La Pobiner aggiunge: «Le informazioni che abbiamo ci dicono che gli ominidi stavano probabilmente mangiando altri ominidi almeno 1,45 milioni di anni fa. “Ci sono numerosi altri esempi di specie dell’albero evolutivo umano che si consumano a vicenda per nutrirsi, ma questo fossile suggerisce che i parenti della nostra specie si stavano mangiando a vicenda per sopravvivere più lontano nel passato di quanto conoscessimo»,
La Pobiner si è trovata per la prima volta di fronte alla tibia fossilizzata nelle collezioni del Nairobi National Museum del Kenya mentre cercava indizi su quali predatori preistorici avrebbero potuto cacciare e mangiare i nostri antichi parenti. L’antropologa ha esaminato attentamente la tibia con una lente d’ingrandimento alla ricerca di segni di morsi di animali estinti e si è trovata di fronte a quella che sembrava proprio una prova di macellazione. Per capire se quel che stava vedendo sulla superficie del fossile fossero davveri segni di taglio, la Pobiner ha inviato stampi dei tagli – realizzati con lo stesso materiale che i dentisti usano per creare impronte di denti – Pante, non fornandogli però dettagli su qel che gli veniva inviato e chiedendogli semplicemente di analizzare i segni sugli stampi e dirle cosa li aveva fatti. Pante ha creato scansioni 3D degli stampi e ha confrontato la forma dei segni con un database di 898 singoli segni di denti, macellazioni e calpestamenti creati attraverso esperimenti di controllo. L’analisi ha identificato «9 degli 11 marchi come chiare corrispondenze per il tipo di danno inflitto da strumenti di pietra. Gli altri due segni erano probabilmente segni di morsi di un grosso felino e il leone che era la corrispondenza più vicina».
Secondo la Pobiner «I segni dei morsi potrebbero provenire da uno dei tre diversi tipi di felini dai denti a sciabola che si aggiravano per il territorio nel momento in cui il proprietario di questo osso dello stinco era vivo».
I soli segni di taglio non dimostrano che il parente umano che li ha inflitti si sia anche mangiato la gamba dell’altro ominide, ma per la Pobiner «Q»questo sembra essere lo scenario più probabile. I segni di taglio si trovano dove un muscolo del polpaccio si sarebbe attaccato all’osso, un buon posto per tagliare se l’obiettivo è rimuovere un pezzo di carne. Anche i segni di taglio sono tutti orientati allo stesso modo, in modo tale che una mano che brandisce uno strumento di pietra avrebbe potuto farli tutti in successione senza cambiare presa o regolare l’angolo di attacco. Questi segni di taglio sembrano molto simili a quelli che ho visto sui fossili animali che venivano lavorati per il consumo. Sembra molto probabile che la carne di questa gamba sia stata mangiata e che sia stata mangiata per nutrirsi piuttosto che per un rituale».
Mentre a un osservatore casuale tutto questo può sembrare cannibalismo, la Pobiner fa notare che «Non ci sono prove sufficienti per determinarlo perché il cannibalismo richiede che il mangiatore e il mangiato provengano dalla stessa specie».
L’osso della tibia fossile era stato inizialmente identificato come appartenengte a un Australopithecus boisei e poi nel 1990 come Homo erectus, ma ora gli esperti concordano sul fatto che «Non ci sono abbastanza informazioni per assegnare l’esemplare a una particolare specie di ominide». Inoltre, l’utilizzo di strumenti di pietra non permette di capire quali specie potrebbero aver fatto il taglio. Uno studio pubblicato a febbraio su Science da un team guidato da Peter Buck Chair of Human Origins del National Museum of Natural History, ha ulteriormente messo in discussione l’ipotesi un tempo comune che solo un genere, Homo, fabbricasse e utilizzasse strumenti di pietra. Quindi, questo fossile potrebbe essere una traccia di cannibalismo preistorico, ma è anche possibile che mostri il caso di una specie di ominide che cacciava un suo cugino evolutivo.
I ricercatori fanno notare che «Nessuno dei segni di taglio degli strumenti di pietra si sovrappone ai due segni di morso, il che rende difficile dedurre qualcosa sull’ordine degli eventi che hanno avuto luogo. Ad esempio, un grosso felino potrebbe aver recuperato i resti dopo che gli ominidi hanno rimosso la maggior parte della carne dall’osso della gamba. È altrettanto possibile che un grosso felino abbia ucciso uno sfortunato ominide e poi sia stato cacciato via o scappato via prima che gli ominidi opportunisti prendessero il sopravvento.
Precedentemente, un altro fossile, un teschio trovato in Sudafrica nel 1976, aveva scatenato il dibattito sul primo caso conosciuto di umani che si massacravano a vicenda. Le stime per l’età di quel cranio vanno da 1,5 a 2,6 milioni di anni. A parte la sua età incerta, i due studi che hanno esaminato il fossile (il primo pubblicato nel 2000 e il secondo nel 2018) non concordano sull’origine dei segni appena sotto lo zigomo destro del cranio. Uno sostiene che i segni derivavano da strumenti di pietra branditi da parenti ominidi e l’altro afferma che si sono formati attraverso il contatto con blocchi di pietra affilati trovati contro il cranio. Inoltre, anche se gli antichi ominidi hanno prodotto i segni, non è chiaro se si stessero massacrando a vicenda per il cibo, data la mancanza di grandi gruppi muscolari sul cranio».
Per risolvere la questione se la tibia fossile studiata dal suo team sia davvero il più antico fossile di ominide con segni di tagli, la Pobiner ha detto che le piacerebbe riesaminare il cranio dal Sudafrica, che si dice abbia segni di taglio che sarebbero state viste nel suo nuovo e studio: «Questa nuova scoperta scioccante è la prova del valore delle collezioni museali. Si possono fare alcune scoperte piuttosto sorprendenti tornando nelle collezioni museali e dando una seconda occhiata ai fossili. Non tutti vedono tutto la prima volta. Ci vuole una comunità di scienziati che arrivano con domande e tecniche diverse per continuare ad espandere la nostra conoscenza del mondo».