I Piedi Neri discendono dai primi americani dell’era glaciale
I risultati di un nuovo studio potrebbero aiutare le tribù a proteggere le loro terre ancestrali dalle imprese petrolifere e del gas
[10 Aprile 2024]
Le nazioni della Siksikaitsitapi – Blackfoot Confederacy – i Piedi Neri Kainai-Blood Tribe, Siksika, Peigan-Piikani e Aamskapi Pikuni – stanno battendosi da secoli per mantenere i diritti sulle loro terre e sulle loro acque. Le tradizioni orali e le prove archeologiche indicano che i Piedi Neri e i loro antenati vivevano in un’estesa area del Nord America. Il nuovo studio “Genomic analyses correspond with deep persistence of peoples of Blackfoot Confederacy from glacial times” pubblicato su Science Advances da un team di ricercatori Blackfoot e di Florida Atlantic University, University of Arizona. Emory University e University of Illinois – Urbana rafforza questo legame ancestrale con quel territorio e i dati genetici confermano che i moderni Piedi Neri sono strettamente imparentati con le popolazioni indigene che vivevano lì migliaia di anni fa. I ricercatori dicono su Science che «I risultati suggeriscono anche che i Piedi Neri discendono da un lignaggio genetico precedentemente sconosciuto che risale a circa 18.000 anni fa, quando le popolazioni popolarono per la prima volta le Americhe, prova che potrebbe rafforzare le loro rivendicazioni sui diritti sulla terra e sull’acqua».
Risultati che potrebbero essere utili ai Piedi Neri moderni perché, come spiega su Science Kim Tallbear, professore di studi sui nativi dell’Università di Alberta che non è stato coinvolto nella ricerca, «Forniscono un diverso tipo di dati per completare i contorni delle storie degli indigeni». I Piedi Neri sanno che prima dell’arrivo dei coloni europei i loro antenati vivevano già da tempo immemorabile lungo i versanti delle Montagne Rocciose e nelle pianure adiacenti di quelli che oggi sono lo Stato Usa del Montana e le province Canadesi dell’Alberta e del Saskatchewan. Le tradizioni orali indigene e le prove archeologiche indicano che più di 10.000 anni fa questi primi amerindi inseguivano i bisonti lungo valli e laghi scavati dai ghiacciai alla fine dell’ultima era glaciale.
Ma i governi degli Stati Uniti e del Canada e le imprese energetiche fossili hanno ripetutamente minacciato queste terre ancestrali o le hanno tolte ai loro legittimi proprietari a partire dal 1800. Le nazioni Blackfoot hanno intrapreso azioni legali per cercare di proteggerle o riconquistarle e nel 2023, dopo anni di contenzioso, la compagnia petrolifera e del gas Solenex LLC ha rinunciato a una licenza federale per trivellare nell’area di Badger-Two Medicine nel Montana. Ma altre cause sono in corso nei tribunali canadesi e statunitensi e le tradizioni orali dei Piedi Neri forniscono la prova della presenza duratura del loro povero sulle terre che hanno perso o che vorrebbero confiscargli. Anche la ricerca archeologica documenta la presenza di esseri umani nella regione almeno 13.000 anni fa, quando le calotte glaciali in ritirata coprivano gran parte del nord dell’America settentrionale che era stata colonizzata dagli umani e da altre specie che attraversarono la Beringia lungo un percorso privo di ghiacci verso le Americhe. I Piedi Neri potrebbero essere gli eredi dei primi colonizzatori che riuscirono a trovare un territorio più ampio già libero dai ghiacci.
Per indagare sul loro antichissimo passato, le tribù della Siksikaitsitapi – Blackfoot Confederacy hanno dato vita al Blackfoot Early Origins Program nel 2013, co-guidato dall’archeologa Maria Zedeño dell’università dell’Arizona. Nel 2018, la Kainai-Blood Nation e i genetisti dell’Università dell’Illinois Urbana-Champaign (UIUC) hanno firmato un accordo che delinea protocolli e aspettative per l’analisi genomica degli antenati storici dei Blackfoot e degli individui contemporanei.
Nel nuovo studio pubblicato su Science Advances 6 Piedi Neri hanno fornito campioni di saliva per l’analisi genetica e i ricercatori hanno anche isolato il DNA dai resti di 4 antenati conservati dal Blackfeet Tribal Historic Preservation Office e da della Smithsonian Institution e la datazione al radiocarbonio ha dimostrato che questi resti storici hanno probabilmente tra i 100 e i 200 anni. I resti vennero portati allo Smithsonian dalle terre dei Piedi Neri, ma non è chiaro esattamente come o quando. Tradizionalmente, i Piedi Neri mettono i loro defunti su alberi o impalcature prima della sepoltura secondaria. Nel XIX e il XX secolo, durante i periodi di malattie e carestia, i morti rimasero sulle impalcature, imputridirono e caddero a terra e degli scienziati e “collezionisti” rubarono questi resti dai cimiteri Blackfeet, il che potrebbe spiegare come le ossa degli antenati dei Piedi Neri arrivarono allo Smithsonian.
Non è chiaro cosa ne sia stato o cosa ne sarà degli antichi resti analizzati per lo studio. Gli autori dicono che «In futuro, I resti umani campionati per questo studio potrebbero essere rimpatriati».
I ricercatori hanno confrontato i genomi degli individui moderni e storici e hanno scoperto che «Appartengono a un lignaggio unificato, supportando le tradizioni orali dei Piedi Neri che attestano la presenza del loro popolo qui da tempo immemorabile». Poi ri hanno stimato quando questo lignaggio si è separato dal lignaggio principale conosciuto che porta a tutti gli altri attuali popoli indigeni che sono stati studiati geneticamente in tutto il Nord e il Sud America e hanno scoperto che «Questa scissione è avvenuta circa 18.000 anni fa».
L’autore senior dello studio, il genetista Ripan Malhi del Center for Indigenous Science dell’ UIUC, sottolinea che «Il lignaggio appena scoperto è stato molto sorprendente. I genomi dei Blackfoot non sembravano rientrare statisticamente negli stessi lignaggi che si erano visti in precedenza nelle Americhe». E gli autori della ricerca hanno scritto a Science che «Lo studio sul DNA fornisce inoltre alla Blood Tribe/Kainai una nuova linea di prove a sostegno del trattato e dei diritti degli aborigeni».
Nathan Nakatsuka del New York Genome Center, che non è stato coinvolto nello studio, fa notare sempre su Science che «L’identificazione di un ramo genetico che risale a circa 18.000 anni fa ha molte implicazioni in termini di relazioni reciproche tra i diversi primi lignaggi. Tuttavia, i campioni forniscono solo una piccola quantità di codice genetico e il paper non riporta tutti i dati per motivi di privacy. Quindi, le conclusioni su come questo lignaggio appena rivelato si collega agli altri potrebbero non essere ancora del tutto sicure». Ma lo stesso Nakatsuka elogia la ricerca per il suo approccio collaborativo con tre coautori indigeni. ( Science ha tentato di intervistare i coautori indigeni, ma Zedeño ha detto al giornalista che avevano rifiutato l’opportunità.)
Kim Tallbear, una Sisseton-Wahpeton Oyate della tribù Flandreau Santee Sioux del South Dakota che è Canada Research Chair in Indigenous Peoples, Technoscience, and Society in the Faculty of Native Studies all’Università dell’Alberta. avverte che l’aggiunta di prove genetiche non cambierà necessariamente il panorama delle relazioni tribali-federali: «Sappiamo che gli indigeni erano qui prima dei coloni. … Non è una conclusione scontata che aggiungere informazioni genetiche a quel che già sappiamo sulla storia degli indigeni nelle Americhe farà una grande differenza».
Keolu Fox, genetista dell’università della California a San Diego, conclude: «Uno degli obiettivi principali di questi progetti dovrebbe essere quello di formare gli scienziati del genoma indigeno a condurre questi studi, per permettere loro di dare priorità alle domande scientifiche che dovrebbero essere poste. Per troppo tempo il lavoro sul DNA antico è stato il campo più tossico della genomica, e incoraggiare la prossima generazione di genomici indigeni potrebbe invertire il trend».