Il “motore fisico” del cervello che ci permette di prevedere come si comporterà il mondo

Come fa il cervello a capire le leggi della fisica e noi a schivare e a reagire al volo

[10 Agosto 2016]

Anche gli esseri umani che non ne sanno nulla di  fisica sono maestri quando si tratta di capire e prevederne le leggi, di capire come si comporteranno gli oggetti nel mondo reale. A spiegare come facciamo e quali sono le regioni del cervello che ci rendono capaci di questo è lo studio  “Functional neuroanatomy of intuitive physical inference”, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences  da un team di scienziati del Massachusetts Institute of Technology e della johns Hopkins University,

Il principale autore dello studio, lo scienziato cognitivo Jason Fischer, che lavora sia per il Mit che per la  Hopkins, dice che questa nostra capacità dipende da un “motore fisico” all’interno del cervello che «si anima quando la gente guarda gli eventi fisici che si svolgono, non è nel centro della visione del cervello, ma in una serie di regioni dedicate alle azioni progettuali, suggerendo che  il cervello esegue costantemente, in tempo reale, calcoli di fisica», il che rende le persone in grado di prendere una cosa al volo, schivare un oggetto che cade o prendere le misure “a occhio”.

Fischer evidenzia che «Compiamo per tutto il tempo simulazioni fisiche per prepararci a quando dobbiamo  agire nel mondo. Si tratta di uno degli aspetti cognitivi più importanti per la sopravvivenza. Ma era stata quasi nessuna ricerca fatta per identificare e studiare le regioni del cervello coinvolte in questa capacità».

Fischer e i ricercatori del Mit  hanno condotto una serie di esperimenti per scoprire le aree  del cervello coinvolte nella deduzione fisica.  Nel primo test 12 soggetti hanno guardato un video della durata di 6 secondi  di una torre formata da blocchi blu, gialli e bianchi  posizionati in modo da cadere e ai soggetti testati veniva chiesto di prevedere dove i blocchi sarebbero caduti e dove si sarebbe rovesciata la torre, se nel quadrante bu o in quello giallo nel quale era diviso il piano su cui era appoggiata. Oppure di riferire se la torre fosse composta da più blocchi gialli o più blocchi blu, ignorando quelli bianchi. Prevedere la direzione di caduta dei blocchi comporta un’intuizione fisica, mentre la questione del colore riguardava soltanto la percezione visiva. Come spiega bene Sara Mohammad su Le Scienze «L’analisi delle scansioni cerebrali ottenute tramite risonanza magnetica funzionale (fMRI) ha indicato la presenza di undici aree corticali che si attivavano di più durante il compito di inferenza fisica rispetto al compito di percezione visiva, suggerendo che queste aree siano reclutate quando siamo impegnati in semplici operazioni di deduzione fisica».

Poi il team ha fatto altri test su  soggetti che guardavano  un video di due punti che rimbalzano intorno a  uno schermo e ha chiesto i soggetti di prevedere la direzione successiva, basandosi sia sulla fisica che su un ragionamento sociale. Ne è venuto fuori che, sia per i blocchi che per i punti, quando i soggetti hanno cercato di prevedere i risultati fisici, alcune regioni del cervello sono  più reattive, «Indicando che in cinque delle undici aree corticali la differenza nell’attività nervosa era da ricondurre a un processo di inferenza fisica», dice la Mohammad.

Fischer  evidenzia che «I nostri risultati suggeriscono che l’intuizione fisica e la pianificazione delle azioni sono intimamente legati nel cervello. Crediamo che questo avvenire perché i bambini imparano dai modelli fisici del mondo reale come affinare le loro capacità motorie, la manipolazione degli oggetti e come imparare a comportarsi. Inoltre, per raggiungere e afferrare qualcosa nel posto giusto con la giusta quantità di forza, abbiamo bisogno di una comprensione della fisica in tempo reale».

Nell’ultima parte dell’ esperimento, il team ha chiesto ai soggetti di guardare brevi clip alcune delle quali con molti contenuti riguardanti la fisica, altri con molto pochi. I ricercatori hanno scoperto che le clip con il maggio contenuto di fisica attivavano di più le regioni cerebrali chiave.

«L’attività cerebrale riflette la quantità di contenuto fisico in un film, anche se le persone non stavano prestandoci consapevolmente attenzione – ha detto Fischer – Questo suggerisce che facciamo continuamente  inferenze fisiche, anche quando non ci pensiamo».

ùI risultati di questo studio potrebbero anche aiutare a comprendere disturbi del movimento come l’aprassia, dato che è molto probabile che le persone con danni alle aree motorie del cervello abbiano anche quel  Fischer definisce «una perdita di valore nascosto», un disturbo nell’esprimere giudizi fisici.

Alla johns Hopkins University sono convinti che questi  risultati potrebbero aiutare gli scienziati a progettare robot più agili e Fischer conclude: «Un robot costruito con un modello fisico, costantemente in esecuzione nella sua programmazione, quasi come un video game, potrebbe orientarsi nel mondo in modo più fluido».