Perché (non) assumere iodio per proteggerci in caso di disastro nucleare
Istituto superiore di sanità: «Il ricorso fai-da-te a preparati contenenti elevate quantità di iodio potrebbero determinare conseguenze negative per l'organismo, incluso il blocco funzionale della tiroide»
[9 Marzo 2022]
Durante un incidente nucleare, come quello che coinvolse la centrale di Chernobyl nel 1986, vengono rilasciati molto isotopi radioattivi, ovvero radionuclidi di un elemento chimico che decadono emettendo energia sotto forma di radiazioni. Uno di questi isotopi è lo iodio-131: comprare e assumere iodio in compresse (ioduro di potassio) può mitigare il rischio?
Di fatto è quanto sta accadendo in molte parti d’Italia: all’alba del primo lockdown arrivato in risposta alla pandemia, due anni fa, nei supermercati scarseggiavano lievito e carta igienica mentre oggi è partita la corsa allo iodio. Con effetti deleteri.
Come spiega l’Istituto superiore di sanità (Iss) insieme ad altre associazioni mediche, come l’Associazione italiana tiroide o l’Associazione medici endocrinologi, «solo in caso di una reale emergenza nucleare, al momento inesistente nel nostro Paese, sarà la Protezione civile a dare precise indicazioni su modalità e tempi di attuazione di un eventuale intervento di profilassi iodica su base farmacologica per l’intera popolazione». Al contrario, l’assunzione non motivata di iodio in compresse può essere causa di importanti problemi alla salute.
«A seguito del conflitto in Ucraina, le cronache hanno dato conto di un’accresciuta richiesta di “pillole allo iodio” in alcuni Paesi europei per contrastare gli effetti negativi sulla salute dell’esposizione a radiazioni. A tale proposito si precisa – argomenta l’Iss – che attualmente in Italia è raccomandato il solo utilizzo del sale iodato per la preparazione e la conservazione degli alimenti, mentre è sconsigliato il ricorso fai-da-te a preparati contenenti elevate quantità di iodio che invece potrebbero determinare conseguenze negative per l’organismo, incluso il blocco funzionale della tiroide. Il continuativo e costante utilizzo di sale iodato in accordo con la campagna del ministero della Salute “poco sale ma iodato”, garantisce il normale funzionamento della tiroide e, saturando la ghiandola di iodio stabile, contribuisce anche a proteggerla da una eventuale esposizione a radiazioni».
È inoltre utile ricordare che l’assunzione di iodio non protegge certo da tutti i rischi associati ad un disastro nucleare, e neanche a quelli relativi all’esposizione verso isotopi radioattivi. Il pericolo non è infatti rappresentato solo dallo iodio radioattivo ma anche dal cesio, stronzio, plutonio, etc.
Perché dunque assumere ioduro di potassio, in caso di disastro nucleare? Dato che lo iodio si accumula nella tiroide, saturarla con uno iodio non radioattivo significa bloccare l’assorbimento di quello radioattivo; un’operazione che è utile compiere ma solo in caso di precisa indicazione da parte delle autorità sanitarie. Agire in modo “preventivo” non solo è inutile ma anche dannoso per il nostro organismo.