Ratti geneticamente modificati per tenerli sotto controllo nel XXI secolo?
Con questa tecnologia si potrebbe evitare l’uso di veleni, pesticidi e altre sostanze chimiche
[25 Gennaio 2018]
Secondo quello che ormai è diventato un vecchio adagio e forse una leggenda metropolitana, in una città «Non si è mai a più di due metri di distanza da un ratto», ma una cosa è certa: con l’urbanizzazione abbiamo dato ai ratti l’ambiente di cui avevano bisogno per prosperare e da allora combattiamo per ridurne il numero, per lo più senza risultato, con trappole e veleni.
Ora, secondo un team di ricercatori scozzesi del Roslin Institute and Royal (Dick) School of Veterinary Studies, dell’università di Edimburgo, potrebbe essere stato trovato un modo migliore di tenere sotto controllo il loro numero: sono stati sviluppati due sistemi diversi per disturbare la fertilità femminile nei ratti e nei topi, sviluppando un approccio simile, già testato in laboratorio, per eliminare le zanzare portatrici di malaria.
Gli esperti del Roslin Institute dell’Università di Edimburgo tanno studiando come applicare tecniche genetiche per aiutare a controllare topi e ratti che, nel solo Regno Unito costano all’economia circa 1,2 miliardi di sterline all’anno. I ricercatori spiegano che «Gli attuali metodi per affrontare il problema sono in genere disumani e possono influenzare altri animali nell’ambiente» e quindi stanno valutando come utilizzare una tecnologia chiamata gene drive per diffondere un gene della sterilità nei ratti e nei topi. Al Roslin sono convinti che «La tecnica potrebbe fornire un metodo più umano di controllo delle popolazioni di parassiti».
All’università di Edimburgo spiegano che «Il Gene drive è una tecnica potente per garantire che un particolare tratto genetico venga ereditato da tutti i discendenti. Significa che il gene che interessa può diffondersi in un’intera popolazione nel giro di poche generazioni. Di solito i mammiferi ereditano due versioni di ciascun gene, uno dalla madre e uno dal padre. Di conseguenza, c’è una probabilità del 50% che un genitore trasmetta un particolare tratto alla prole».
Per farlo gli scienziati del Roslin utilizzano tecniche di editing genetico CRISP (Clustered Regularly Interspaced Palindromic Repeats – ripetizioni palindromiche regolarmente interspaziate raggruppate), «pezzi di DNA che ricorrono regolarmente e che si sono sviluppati come antico sistema di difesa batterica contro le invasioni virali – spiega il bollettino scientifico della Commissione europea Cordis – . L’editing genetico comporta tagli precisi e funziona come un paio di forbici molecolari, incollando poi il DNA con proteine specializzate: ispirato dalla natura, costruito dai ricercatori»,
Usando questa tecnica di editing, il team di Edimburgo sta studiando una tecnologia chiamata “forzatura genetica” come metodo per diffondere l’infertilità tra i ratti e i topi.
Attualmente, un approccio più vecchio chiamato “tecnologia dell’insetto sterile” è utilizzato in alcune zone per combattere le zanzare. L’unità Oxitec di Intrexon ha già usato le sue zanzare maschio sterili, la cui prole muore in giovane età, in Brasile. Ma poiché le zanzare Oxitec durano solo una generazione, è necessario rilasciarne un gran numero per sommergere gli esemplari selvatici. I ricercatori sono interessati a capire se funzionerà anche nei mammiferi che sono più longevi delle zanzare. Il team sta utilizzando i topi per valutare l’efficacia della tecnologia in un ambiente di laboratorio contenuto e prende di mira i geni legati alla fertilità femminile, per esplorare come questo potrebbe essere usato per frenare le popolazioni di roditori invasive.
Di fronte alla manipolazione genetica dei mammiferi – come dimostra lo scalpore sollevato in queste ore dalla clonazione delle scimmie in Cina – le perplessità e contrarietà sono molte e gli stressi ricercatori del Roslin sottolineano che «Prima che l’approccio possa essere applicato nel mondo reale, dovrebbero essere eseguite ulteriori ricerche per indagare i potenziali rischi associati alla tecnologia Gene drive. Ma se il nostro approccio si rivela efficace, potrebbe potenzialmente essere applicato per aiutare a controllare altre specie di parassiti, come conigli e rospi delle canne canna. Abbiamo la trama di una tecnologia in grado di ridurre o eliminare una popolazione di organismi nocivi in modo umano e specie-specifico. Abbiamo bisogno di più ricerche per capire meglio i rischi e se questi possono essere mitigati, ma riteniamo che i potenziali benefici meritino ulteriori indagini».
Intanto, il sostegno dell’Ue al progetto Integra (New tools for genetic engineering using targeted integration vectors application to agronomy food safety and gene therapy), conclusosi a fine dicembre 2017, sta alimentando la ricerca per valutare l’impatto dell’inserzione di un codice “distruttore x” nel DNA dei ratti maschi. Integra si proponeva di «sviluppare nuovi strumenti di ingegneria genetica per permettere l’integrazione mirata di un transgene nel genoma dell’organismo eucariote desiderato». Il team di Integra spiega che «Questo distruggerebbe i cromosomi “x” nel loro sperma, il che significa che potrebbero passare solo un cromosoma “y” e in questo modo la prole non sarebbe mai femmina. Con sempre meno femmine, col passare del tempo, la popolazione diminuirebbe. I roditori sarebbero geneticamente modificati in laboratorio prima di essere rilasciati in natura dove potrebbero accoppiarsi con la popolazione indigena».
Bruce Whitelaw e i suoi colleghi Gus McFarlane e Simon Lillico del Roslin Institute hanno pubblicato i dettagli del loro studio “CRISPR-Based Gene Drives for Pest Control” su Trends in Biotechnology e sperano che il prossimo passo sia quello di «costruire forzature genetiche autolimitanti che si esaurirebbero dopo un certo numero di generazioni. Se si riuscisse ad applicare con successo questa tecnologia si potrebbe evitare l’uso di veleni, pesticidi e altre sostanze chimiche» e questo potrebbe anche avere «ripercussioni percepibili sulla ricerca fondamentale e applicata in particolare nei prodotti farmaceutici, l’agronomia e le scienze alimentari».