Trovate le prime impronte dei primi americani: risalgono a 23.000 anni fa (VIDEO)
Scoperte in New Mexico le prime prove di attività umana e rivoluzionano le teorie sul popolamento umano delle Americhe
[24 Settembre 2021]
Secondo il team di ricercatori statunitensi guidato da Matthew Bennett dell’Institute for Studies in Landscapes and Human Evolution ella Bournemouth University che ha pubblicato su Science lo studio “Evidence of humans in North America during the Last Glacial Maximum”, «Le impronte trovate nel White Sands National Park nel New Mexico forniscono la prima prova inequivocabile dell’attività umana nelle Americhe e danno informazioni sulla vita di oltre 23.000 anni fa».
Le impronte scoperte dai ricercatori della Bournemouth University, del National Park Service, dell’US Geological Survey, della Cornell University e dell’Università dell’Arizona si sono formate nel fango molle sui margini di un lago poco profondo che ora fa parte di Alkali Flat, una grande distesa sabbiosa a White Sands. I ricercatori dell’US Geological Survey hanno datato le tracce utilizzando la datazione al radiocarbonio degli strati di semi trovati sopra e sotto le impronte e dicono che «Le date variano per età e confermano la presenza umana per almeno due millenni con le tracce più antiche risalenti a circa 23.000 anni fa».
Jeff Pigati e Kathleen Springer dell’US Geological Survey hanno realizzato la datazione e la Springer ha spiegato che «Le nostre date sui semi sono fortemente raggruppate e mantengono l’ordine stratigrafico sopra e sotto strati di impronte: questo è stato un risultato notevole». Le impronte corrispondono all’ultimo ciclo glaciale, durante il periodo noto come ultimo massimo glaciale, e questo ne fa le più antiche impronte umane conosciute nelle Americhe.
Alla Bournemouth University dicono che «Le impronte raccontano una storia interessante di come era la vita in quel momento, con le tracce lasciate principalmente da adolescenti e bambini più piccoli, con occasionali adulti, a giudicare dalle loro dimensioni. Nel sito sono presenti anche tracce di mammut, bradipi giganti, lupi crudeli e uccelli».
Sally Reynolds, principal academic in hominin paleoecology alla Bournemouth University, ha evidenziato che «E’ un sito importante perché tutte le piste di tracce che abbiamo trovato mostrano un’interazione degli esseri umani nel territorio insieme ad animali estinti come mammut e bradipi giganti. Possiamo vedere la coesistenza tra esseri umani e animali sul sito nel suo insieme e, essendo in grado di datare con precisione queste impronte, stiamo ricostruendo un’immagine più ampia del territorio».
Le tracce a White Sands sono state scoperte per la prima volta da David Bustos, resources manager del National Park, che ora commenta: «E’ incredibile avere la conferma sull’età delle impronte umane, ed è emozionante ma anche triste sapere che questa è solo una piccola parte degli 80.000 acri in cui le impronte sono state rivelate denudate e si stanno rapidamente perdendo per la continua erosione del suolo».
Per facilitare la ricercadel sito, il team ha anche sperimentato tecniche geofisiche non invasive e Tommy Urban, della Cornell University, che ha guidato questa parte del lavoro sottolinea che «Il rilevamento e l’imaging con la tecnologia non distruttiva hanno notevolmente ampliato la nostra capacità di studiare queste notevoli impronte nel loro contesto più ampio».
Precedentemente, si pensava che gli umani fossero arrivati in America molto più tardi, dopo lo scioglimento delle calotte glaciali nordamericane, che ha aperto le rotte migratorie. Ma ora le impronte mostrano una migrazione di esseri umani nelle Americhe molto precedente. Bennett ha detto a BBC News che «Uno dei motivi per cui c’è così tanto dibattito è che c’è una vera mancanza di punti fermi e di dati inequivocabili. Questo è quello che pensiamo di aver probabilmente trovato. Le impronte non sono come gli strumenti di pietra. Un’impronta è un’impronta e non può spostarsi su e giù [negli strati del suolo]».
Vance Holliday dell’università dell’Arizona ha ricordato che «Per molti anni si è discusso molto del primo popolamento delle Americhe con diversi primi siti identificati. Pochi archeologi individuano prove affidabili per siti più vecchi di circa 16.000 anni. Le tracce di White Sands forniscono una data molto precedente».
Durante la seconda metà del XX secolo, tra gli archeologi nordamericani emerse un consenso sul fatto che le persone appartenenti alla cultura di Clovis fossero state le prime a raggiungere le Americhe. Si pensava che questi cacciatori di grossa selvaggina avessero attraversato un ponte terrestre attraverso lo stretto di Bering che collegava la Siberia con l’Alaska durante l’ultima era glaciale, quando il livello del mare era molto più basso. Quando l’idea “Clovis First” prese piede, i resoconti di insediamenti più antichi furono respinti come inaffidabili e alcuni archeologi smisero di cercare segni di una precedente occupazione. Ma negli anni ’70 questa teoria ortodossa è stata messa in discussione. Negli anni ’80, a Monte Verde, in Cile, sono emerse prove concrete di una presenza umana risalente a 14.500 anni fa. E dagli anni 2000, altri siti pre-Clovis sono stati ampiamente accettati, incluso il complesso Buttermilk Creek di 15.500 anni fa nel Texas centrale. Ora, le prove di impronte dal New Mexico suggeriscono che gli umani siano arrivati nell’interno del Nord America circa 7.000 anni prima
Anche per Dan Odess del National Park Service, «White Sands fornisce la prima prova inequivocabile della presenza umana nelle Americhe durante l’ultimo massimo glaciale. Non tutti i siti archeologici contengono prove così inequivocabili. Uno dei motivi per cui questa scoperta è importante è che rende molto più plausibile l’idea che altri siti presumibilmente antichi siano davvero prove della presenza umana, anche se le prove che contengono sono meno inequivocabili. Questo non significa che tutti questi siti siano legittimi, ma significa che non possono essere ignorati a priori».
Bennett, conclude: «Le impronte lasciate a White Sands danno un’immagine di ciò che stava succedendo: gli adolescenti che interagiscono con i bambini più piccoli e gli adulti. Possiamo pensare ai nostri antenati come abbastanza funzionali, cacciatori e surviving, ma ciò che vediamo qui è anche attività di gioco e di età diverse che si incontrano. Una vera visione di queste prime persone. L’archeologia tradizionale si basa sulla scoperta di ossa e strumenti, ma spesso può essere difficile da interpretare. Le impronte umane forniscono prove inequivocabili di presenza e anche di comportamento. Qui, la ciliegina sulla torta è che possiamo datare accuratamente queste tracce usando strati di semi di erba».
La scoperta ha fatto subito sensazione tra la comunità scientifica. Gary Haynes, professore emerito all’università del Nevada, Reno, ha dichiarato: «Non riesco a trovare nulla da ridire sul lavoro che è stato fatto o sulle sue interpretazioni: lo studio è importante e provocatorio. Le piste di tracce sono così a sud della connessione terrestre di Bering che ora dobbiamo chiederci 1) se le persone o i loro antenati (o altre persone) abbiano fatto la traversata dall’Asia alle Americhe molto prima, 2) se le persone si siano trasferite rapidamente attraverso i continenti dopo ogni traversata, e 3) se hanno lasciato discendenti».
Andrea Manica, un genetista dell’università di Cambridge, ha detto a BBC News: «La scoperta ha importanti implicazioni per la storia della popolazione delle Americhe. Non posso commentare quanto sia affidabile la datazione (è al di fuori della mia competenza), ma prove concrete di esseri umani in Nord America 23.000 anni fa sono in contrasto con la genetica, che mostra chiaramente una divisione dei nativi americani dagli asiatici circa 15 -16.000 anni fa: Questo suggerirebbe che i primi coloni delle Americhe siano stati sostituiti quando si è formato il corridoio di ghiaccio ed è arrivata un’altra ondata di coloni. Non abbiamo idea di come sia successo».