Legambiente contro il Ddl Madia: «Silenzio assenso sui beni ambientali ricetta vecchia e sbagliata»
Non è accettabile che ambiente, salute dei cittadini e paesaggio a paghino una scelta scellerata
[14 Luglio 2015]
Con una durissima nota, Legambiente boccia senza mezzi termini il Disegno di legge Madia in corso di approvazione alla Camera, in particolare l’articolo 3 che al Comma 3 prevede il Silenzio assenso negli atti tra amministrazioni esteso ad ogni processo decisionale, comprese le Conferenze dei servizi, e a tutte le diverse amministrazioni preposte alla tutela: Sovrintendenze, Enti Parco ecc. Secondo quanto di legge nel Ddl, dopo 60 giorni dalla richiesta di un’autorizzazione, «anche nei casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti, nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, il silenzio di tali amministrazioni equivarrà a un atto di assenso».
Per gli ambientalisti, «il Silenzio assenso dopo 60 giorni dalla richiesta di un’autorizzazione rischia causare gravi danni all’ambiente, alla salute dei cittadini, al paesaggio. Il tentativo di riforma fallito dal Governo Berlusconi, oggi viene assunto dal Governo Renzi attraverso una lettura sbagliata dei problemi e delle responsabilità».
Il presidente nazionale del Cigno Verde, Vittorio Cogliati Dezza, sottolinea che, «oltre a depotenziare gli effetti della nuova legge sugli ecoreati con lo smembramento del Corpo Forestale, il Ddl Madia torna a incidere su ambiente, paesaggio e salute dei cittadini, con il Silenzio assenso che è una risposta sbagliata ai problemi, reali, di velocità della risposta della pubblica amministrazione e di presa di responsabilità da parte dei diversi Enti. I ritardi delle pubbliche amministrazioni nelle decisioni ambientali, a nostro avviso, sono imputabili non solo alla durata formale dei procedimenti, ma ad una inadeguata istruttoria che precede la conclusione del procedimento. Ci si concentra troppo sull’esito finale del procedimento, senza porre rimedio alla frammentazione delle competenze ambientali ripartite tra troppi enti distinti, non si tiene in debito conto la non adeguata formazione del personale pubblico – che spesso è carente anche quantitativamente – preposto ad assumere le decisioni, che deve districarsi in una legislazione tracimante, spesso contraddittoria e di difficilissima applicazione. In ultimo, esiste una incapacità da parte della pubblica amministrazione di coinvolgere il pubblico prima dell’avvio dei procedimenti decisionali a rilevanza ambientale, inserendo così il conflitto alla fine del procedimento. Per questa ragione proponiamo che il dibattito pubblico e la partecipazione dei cittadini assuma un ruolo fondamentale nelle decisioni della pubblica amministrazione per rendere le decisioni più trasparenti e più condivise».
Legambiente lancia una sfida dell’efficienza all’esecutivo: «Se il Governo Renzi vuole modernizzare il Paese deve intervenire cambiando il funzionamento della Pubblica Amministrazione. Negli uffici che non sono in grado di rispondere entro 60 giorni occorre intervenire potenziandoli e riorganizzandoli. Se ci sono dirigenti che non si prendono la responsabilità di firmare gli atti si devono fissare i tempi oltre i quali i responsabili sono chiamati a risponderne. Perché non è accettabile che siano l’ambiente, la salute dei cittadini, il paesaggio a pagare le conseguenze di una scelta scellerata».