Muro anti-immigrati, è rottura tra Messico e Usa. Potrebbe costare fino a 40 miliardi di dollari
Sierra Club: «Provocherà inondazioni e danni alle comunità di confine e alla fauna selvatica»
[27 Gennaio 2017]
Ieri, proprio mentre infuriava lo scontro diplomatico tra Messico e Usa, Mark Morgan, capo del Border Patrol, l’agenzia federale Usa che si occupa di impedire l’ingresso illegale di persone e merci, ha lasciato i suo incarico, molto probabilmente prima di essere silurato dal presidente Donald Trump.
La situazione è precipitata dopo che Trump aveva annunciato un piano che prevede di costruire un muro al confine con il Messico e l’assunzione di cinquemila nuovi agenti.
Tutto ormai avviene su Twitter e il presidente messicano Enrique Peña Nieto, fino ad ora una degli alleati di ferro degli Usa, ha informato così il mondo e il presidente Usa della sua decisione di non partecipare al previsto meeting con Trump. D’altronde era stato lo stesso Trump a suggerire a Peña Nieto che se il Messico non pensa di pagare la costruzione del muro alla frontiera dei due Paesi «sarebbe meglio cancellare la visita» del presidente messicano negli Usa.
Una crisi tra Messico e Usa che non si vedeva probabilmente dalle guerre Usa di conquista del Messico e che è esplosa il 25 gennaio, quando Trump ha firmato un ordine esecutivo per costruire il muro anti-immigrati, assicurando che il progetto – non si capisce in base a quale ragione e convenienza – sarebbe stato finanziato dal Messico. Peña Nieto ha risposto che «Il Messico non pagherà nessun muro che ci allontana invece di unirci. Il Messico non crede nei muri», anche perché dovrebbe sborsare qualcosa come 12 – 15 miliardi di dollari per costruirne uno che va contro i suoi interessi.
Ma Trump fa anche un po’ di confusione con le cifre e le fonti di finanziamento: ha detto che il muro sarà finanziato con le imposte dei cittadini statunitensi, ma che sarà «rimborsato al 100%» dal Messico. Intanto il peso messicano ha perso l’1% del suo valore.
Ieri l’addetto stampa di Trump, Sean Spicer, aveva detto ai giornalisti che il muro multimiliardario potrebbe essere finanziat «Imponendo una tassa del 20% per cento su tutte le importazioni dal Messico verso gli Usa», ma solo un’ora dopo l’Amministrazione Trump ha precisato che la tassa sulle importazioni non era una proposta ufficiale (anche perché a rimetterci sarebbero molti grossi finanziatori della campagna elettorale di Trump). Eppure Spicer si era detto sicuro che con quella tassa si potevano facilmente tirar su i 10 miliardi di dollari in poco tempo e pagare il muro». Trump aveva alluso a qualcosa di simile ieri in un suo discorso ai membri repubblicani del Congresso, annunciando che la sua amministrazione sta «Lavorando a un disegno di legge di riforma fiscale che ridurrà il nostro deficit commerciale, aumentare le esportazioni americane e genererà entrate dal Messico che pagherà per il muro, se si decide di seguire questa strada».
Ma è stato proprio un senatore repubblicano, Lindsey Graham a mettere in guardia sul fatto che la tassa sulle esportazioni messicane alla fine la pagherebbero comunque i consumatori statunitensi, che quindi alla fine finanzierebbero il muro con l’aumento dei prezzi, senza contare il fatto che la tassa farebbe anche salire l’inflazione. Ha cercato di metterci una toppa il Capo di Stato Maggiore della Casa Bianca, Reince Priebus, che ha detto al Wall Street Journal che «L’Amministrazione sta ancora valutando un buffet di opzioni».
Insomma, alla fine, se il Messico non mollerà – cosa difficile con le elezioni alle porte e il nazionalismo anti-yankee alle stelle dopo le minacce di Trump – i contribuenti statunitensi troveranno a pagare un muro inutile e dannoso che soddisfa solo la vanità di un miliardario diventato presidente che nemmeno la Customs and Border Protection Usa ritiene necessario.
Comunque la dura risposta data dal Messico è ben diversa da quella arrendevole che Trump prospettava in campagna elettorale, quando in Nevada disse che il Messico sarebbe stata «entusiasta di pagare per il muro» e «molto felice». Invece, come sottolinea il New York Times, «Decenni di rapporti amichevoli tra le nazioni – su questioni che coinvolgono il commercio, la sicurezza e la migrazione – sembravano disfatte». Gli storici dicono che questo è il punto basso raggiunto nelle relazioni bilaterali tra i due Paesi dal tempo del presidente isolazionista repubblicano (ma interventista in America Latina) Calvin Coolidge, che governò gli Usa dal 1923 al 1929 e che rimosse l’embargo militare verso il Messico.
Il muro costerà in realtà tra i 14 e i 15 miliardi di dollari, quanto basta per costruire più di 500 grandi scuole elementari e più dell’intero bilancio annuale della Environmental protection agency – per la quale Trump ha appena congelato i fondi, “imbavagliando” allo stesso tempo il suo personale con il divieto di comunicare all’esterno – più dei finanziamenti stanziati dal Congresso i per l’intero sistema giudiziario federale, più del bilancio annuale del National Science Foundation e solo un po’ meno di quello che gli Usa hanno speso nel 2016 per il Dipartimento del commercio.
Con quei soldi Trump potrebbe assumere 16.500 insegnanti di scuola elementare e di pagarli per 10 anni o mandare 93.000 studenti all’università pubblica senza pagare la loro retta annuale per 10 anni. E, anche a Trump resterebbero diversi miliardi per comprare servizi igienici placcati in oro e mettere il suo nome scritto sugli edifici governativi in gigantesche lettere d’oro.
Ma la cifra sparata a casaccio da Trump per costruire il muro è probabilmente molto più bassa di quanto costerà in realtà e deriva da cifre che gli sono state fornite da una lobby molto interessata: la National Precast Concrete Association. Konstantin Kakaes scrive sulla MIT Technology Review che il vero costo del muro potrebbe in realtà raggiungere i 40 miliardi di dollari: solo il calcestruzzo necessario potrebbe costare quasi 9 miliardi e l’acciaio per le armature più o meno 4,6 miliardi. E questo prima di assumere un solo lavoratore per costruire il muro e di f realizzare le infrastrutture necessarie per costruirlo.
Konstantin ricorda che, dopo aver aggiunto il costo del lavoro e altre spese, «Il costo totale delle autostrade e altri progetti “megascale” realizzati negli Usa è in genere due o tre volte i costi dei materiali». Questo fa schizzare la spesa per costruire il muro al confine del Messico tra i 27 e i 40 miliardi di dollari.
40 miliardi di dollari sono più del bilancio annuale 2016 dei Dipartimenti dell’energia, Housing and urban development, degli Interni, della Giustizia e di Stato. Basterebbero a raddoppiare il budget annuale della Nasa e ci resterebbe qualche miliardo.
Michael Brune, il direttore di Sierra Club, la più grande e diffusa associazione ambientalista Usa, ha condannato duramente il muro: «Il tentativo di Donald Trump di lacerare le famiglie immigrate e il suo schema di muro per chiuderli fuori dal nostro Paese sono antiamericani. Non è ancora in carica da una settimana, ma Trump si è già incamminato lungo un sentiero pericoloso governato dalla paura e dall’avidità. Come fosse un hotel con il suo nome in oro sopra la porta, il muro di confine messicano di Trump sarebbe un brutto monumento al suo ego. Costerà miliardi di dollari ai contribuenti americani, mentre provocherà inondazioni e danni alle comunità di confine e alla fauna selvatica. La sua trama che prevede di prendere di mira le famiglie immigrate manderebbe in frantumi la loro vita e distruggere il tessuto di questo paese. Si tratta del tentativo di annullare gli sforzi locali per proteggere i nostri amici, i nostri vicini, i nostri colleghi, le nostre famiglie e noi stessi che costringerà milioni di persone a vivere nella paura. La solidarietà di Sierra Club con gli immigrati, le comunità di colore, i musulmani, le donne, e tutti coloro che possono essere minacciato dall’Amministrazione Trump è totale. Le lotte per proteggere le nostre comunità e il nostro ambiente non possono essere separate e tutti coloro che amano i principi di libertà e giustizia dovrebbero continuare a resistere a questi attacchi».