Salgono le vittime del terremoto in Giappone: 84 morti, 305 feriti e 79 dispersi

Gravissimi danni infrastrutturali nella penisola di Noto

[4 Gennaio 2024]

Il bilancio delle vittime del terremoto di magnitudo 7,6 che il 2 gennaio ha colpito il Giappone continua ad aggravarsi: alle 15:00, ora del Giappone, le cifre ufficiali parlavano di 84 morti, con 48 vittime a Wajima e 23 a Suzu, due città nella penisola di Noto, l’area più colpita dal devastante sisma. Ma 79 persone risultano disperse e tra i 305 feriti alcinni sono gravi. Decine di persone sono rimaste intrappolate sotto gli edifici  crollati ma le speranze di salvarle siono sempre più flebili.

Circa 33.500 persone si trovavano nei centri di evacuazione. L’entità dei danni alle case e ad altri edifici nelle città più colpite di Wajima e Suzu è sconosciuta, negli alktri comuni colpiti sono state distrutte più di 210 case e, mentre piove e fa freddo, continuano le scosse di assestamento che mettono a rischio i soccorritori a causa di frane e cdemento degli edifici danneggiati.

Tra il tardo pomeriggio dell’1 gennaio e le 16:00 del 3 gennaio, L’Agenzia meteorologica giapponese ha registrato 521 terremoti nella penisola di Noto con un’intensità pari o superiore a 1 sulla scala giapponese di 7, Più delle piccole scosse registrate in un anno nella stessa area.

Oggi il primo ministro Fumio Kishida ha dichiarato che il suo governo prevede di schierare altri 2.600 soldati  forze di autodifesa (SDF) nelle aree colpite «Per sostenere gli sforzi di ricerca e salvataggio e soddisfare i bisogni di base nei centri di evacuazione e altrove. Faremo uno sforzo concertato sul campo per salvare quante più vite possibili . Solo ieri i militari dispiegati nell’area del terremoto erano passati da 500 a 1.000.

Dopo le richieste dei Comuni colpiti sono arrivati altri cani da ricerca e il ministro della difesa Minoru Kihara ha detto che i soldati delle SDF «Stanno lavorando per rimuovere enormi quantità di macerie dalle strade e fornire accesso alle forniture idriche di emergenza. Le truppe hanno portato agenti di polizia e vigili del fuoco nelle aree disastrate e trasportato provviste di cibo e coperte. Tuttavia, le strade deformate dal terremoto di magnitudo 7.6 o ricoperte di detriti in alcuni punti erano impraticabili. Ci aspettiamo che tutti lavorino insieme per ripristinare le strade e rimuovere altri colli di bottiglia nei trasporti il ​​prima possibile in modo che i rifornimenti possano raggiungere i centri di evacuazione senza problemz.

Funzionari del ministero del territorio hanno identificato 85 tratti di strade nazionali e prefetturali chiusi al traffico, principalmente nella prefettura di Ishikawa, a partire dal pomeriggio del 3 gennaio. Un forte aumento rispetto alle 33 sezioni del tardo pomeriggio del 2 gennaio, dopo che sono state scoperte ulteriori crepe, crolli e frane.

Le condizioni delle strade di Wajima e Suzu rimangono in gran parte sconosciute. La Penisola di Noto è dotata di poche strade statali sono soprattutto le strade minori, che spesso attraversano zone strette tra le montagne e il mare, che garantiscono i cvollegamenti.

Nel disastro del terremoto/tsunami del Tohoku del 2011 che provocò la catastrofe nucleare di Fukushima Daiichi,  i soccorritori poterono fare affidamento sulla Tohoku Expressway e sulla National Route 4, che corre da sud a nord nelle aree interne, per trasportare i rifornimenti di cui avevano assoluto bisogno nelle aree costiere del Pacifico colpite, ma la situazione nella penisola di Noto è completamente diversa, per questo si stava tentando di portare i soccorsi via mare da un porto vicino alla zona del disastro, ma l’operazione è fallita a causa del mare agitato.  «E’ difficile consegnare anche i beni di prima necessità come bevande, acqua e pannolini» ha detto un alto funzionario del ministero del territorio.

Molti anziani vivono soli nella parte settentrionale della penisola di Noto, dove si trovano Wajima e Suzu e l’ufficio del primo ministro ha ammesso che «E’ difficile entrare in contatto con i residenti e comprendere la situazione nelle piccole comunità rurali».