Studio UniBo: «I fiumi e i laghi vicini alle città si ritirano più rapidamente»

Gli impatti dell’urbanizzazione sul declino delle acque. Un modello che potrebbe rivelarsi utile per mitigare gli impatti sull’ecosistema

[10 Febbraio 2022]

Secondo lo studio “Influence of Urban Areas on Surface Water Loss in the Contiguous United States”, pubblicato su AGU Advances da Irene Palazzoli, Alberto Montanari e Serena Ceola del Dipartimento di ingegneria civile, chimica, ambientale e dei materiali dell’università di Bologna, «La riduzione delle risorse idriche superficiali – ad esempio le acque dei fiumi e laghi – è più rapida e marcata vicino ai centri urbani e diminuisce man mano che ci si allontana dalle città».

Il team di ricercatori dell’università di Bologna ha analizzando oltre 30 anni di immagini satellitari del territorio Usa e non solo rilevato e ricostruito questo fenomeno, ma ha anche realizzato un modello in grado di riprodurre la distribuzione del declino delle acque rispetto alla distanza dai grandi centri abitati.

La Palazzoli spiega che «Entro il 2050 circa il 70% della popolazione mondiale sarà concentrato nelle città: un fenomeno che avrà grossi impatti sulla quantità e qualità delle acque di superficie, e in particolare dei fiumi, attorno ai centri abitati. Per questo, i risultati del nostro lavoro possono rivelarsi fondamentali per definire strategie di gestione delle acque che permettano di mitigare gli impatti dell’urbanizzazione sull’ecosistema».

Estrazione diretta dai fiumi e dalle sorgenti, sfruttamento delle acque sotterranee con aumento del pericolo di infiltrazioni, drenaggio dei terreni per favorire lo sviluppo dell’agricoltura, aumento dell’evaporazione a causa del microclima più caldo all’interno delle aree urbane. All’UniBo ricordano che «Sono tutte conseguenze dirette dell’urbanizzazione che mettono in pericolo la conservazione delle risorse idriche di superficie. E in questo senso, gli scenari futuri che prevedono sia un aumento della popolazione urbana sia un aumento delle temperature non sono certo rassicuranti».

Per affrontare questo problema, Palazzoli,  Montanari e Ceola sono partiti da due domande: dove e in che modo l’urbanizzazione produce una riduzione delle acque superficiali? In che modo questo fenomeno dipende dalla distanza dei fiumi e dei laghi dalle città?

La Palzzoli evidenzia che «L’impatto dell’urbanizzazione sull’ambiente è un tema oggi ben noto, ma le conseguenze dello sviluppo urbano sulle risorse idriche e in particolare il rapporto tra aree urbane e perdita delle acque di superficie sono argomenti molto meno sviluppati. I dati che abbiamo elaborato ci hanno permesso di sviluppare un modello matematico di decadimento esponenziale grazie al quale è possibile valutare proprio questo: l’influenza delle aree urbane sulla distribuzione spaziale della perdita delle acque di superficie».

I ricercatori hanno utilizzato dati derivati da immagini satellitari riguardanti il territorio Usa scattate tra il 1984 e il 2018. Il modello che hanno elaborato dimostra che «Lo stress sulle risorse idriche superficiali aumenta esponenzialmente quando ci si avvicina ad un centro urbano. E il fenomeno è influenzato anche dal clima: nelle zone più temperate la diminuzione delle risorse idriche di superficie è concentrata attorno alle città, mentre nelle regioni con climi più aridi l’impatto dell’urbanizzazione sulle acque coinvolge aree significativamente più ampie».

La Palazzoli conclude: «Indagare le dinamiche dell’interazione tra urbanizzazione e acque superficiali è fondamentale per arrivare ad un equilibrio tra lo sviluppo urbano e politiche di gestione delle risorse idriche che garantiscano la conservazione delle acque e la protezione degli ecosistemi. Il modello che abbiamo sviluppato permette di ottenere informazioni utili in questo senso, anche perché può essere applicato in altri studi di questo genere e su altre aree geografiche in tutto il mondo».