Allevamenti e benessere animale: l’etichettatura non è un pesce d’aprile

#BugieInEtichetta: Speranza e Patuanelli sostengono un sistema di etichettatura ingannevole a danno di animali e consumatori

[1 Aprile 2022]

Oggi, a Roma 12 attivisti in rappresentanza delle associazioni aderenti alla “Coalizione contro le #BugieInEtichetta” (Animalisti Italiani, Animal Law Italia, Animal Equality, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, Greenpeace, LAV, LEIDAA, Legambiente, OIPA, The Good Lobby, Wwf Italia) hanno protestato pacificamente esponendo un banner e i cartelloni della campagna davanti ai ministeri delle politiche agricole e della salute per «Chiedere ancora una volta ai Ministri Stefano Patuanelli e Roberto Speranza di fermare l’approvazione di un sistema di etichettatura nazionale sul benessere animale privo degli standard che permettano di garantire un maggiore rispetto degli animali allevati a scopo alimentare e fraudolento per i consumatori, e che rischia di favorire ancora una volta i sistemi intensivi, proprio mentre la crisi legata alla guerra ne sta mettendo ancora una volta in luce l’insostenibilità».

La è stata accompagnata da un banner drop esibito lungo il Ponte Garibaldi con la richiesta di fermare le #BugieInEtichetta. E gli attivisti hanno spiegato che «Nonostante la data infatti, non si tratta di un pesce d’Aprile ed è tutto vero: i ministri si apprestano ad approvare un vero e proprio inganno da fermare quanto prima».

Il 29 marzo, le associazioni hanno lanciato una protesta digitale su Twitter, che ha superato i 20.000 tweet rivolti ai ministri e ha scalato la classifica dei Twitter Trend raggiungendo la sesta posizione in Italia. Centinaia di attivisti digitali si sono uniti per chiedere di modificare il decreto sul Sistema di Qualità Nazionale per il Benessere Animale in base alle proposte della società civile, inviate più volte e sempre rigettate dagli uffici dei Ministeri senza alcun reale confronto.

Secondo la coalizione Coalizione contro le #BugieInEtichetta, «La grande partecipazione sui social e davanti ai Ministeri di giovani attivisti e società civile  dimostra l’urgenza di intervenire su un progetto di etichettatura che i cittadini non condividono, in quanto privo dei criteri necessari a garantire un maggiore rispetto degli animali allevati a scopo alimentare e della necessaria trasparenza e chiarezza nei confronti dei consumatori. La proposta portata avanti dai Ministeri delle politiche agricole e della salute con Accredia prevede infatti la certificazione con il claim in etichetta “benessere animale” anche per prodotti provenienti da animali allevati secondo standard al ribasso, tipici delle forme di allevamento intensivo. Mai come in questo momento, in cui la grande richiesta di cereali da parte degli allevamenti intensivi rischia di compromettere ulteriormente il sistema agroalimentare europeo già minacciato dalla guerra e dai cambiamenti climatici, servirebbero misure che spingano gli allevatori ad abbandonare i sistemi intensivi, per scegliere metodi più rispettosi degli animali e dell’ambiente».

Le 14 associazioni hanno chiesto più volte la revisione del decreto in alcuni, precisi, punti essenziali: «L’introduzione di più livelli (di cui almeno 2 al coperto) diversificati per ogni specie chiaramente visibili in etichetta, la cancellazione di  riferimenti non attinenti al benessere animale e la considerazione dei bisogni etologici di specie, della densità di animali – incompatibili con i sistemi di allevamento intensivo – e delle condizioni di trasporto tra i criteri atti a determinare il benessere animale» e concludono: «Senza queste modifiche essenziali, etichettare con il claim “benessere animale” i prodotti sarà un mero atto di inganno nei confronti dei consumatori e degli allevatori che già hanno avviato una transizione, a scapito di una maggiore tutela degli animali allevati».