In Europa diminuisce l’utilizzo di medicinali veterinari, in Italia sono ancora troppi
Nell’Ue la resistenza agli antibiotici causa circa 25 mila decessi all’anno e comporta una spesa sanitaria di 1,5 miliardi di euro
[29 Novembre 2023]
Secondo il nuovo rapporto “Sales of veterinary antimicrobial agents in 31 European countries in 2022” dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), «I paesi europei hanno sostanzialmente ridotto le vendite di antibiotici veterinari, il che si traduce in un minor rischio che i batteri diventino resistenti nelle persone e negli animaliz. Secondo i dati di 25 Paesi, tra il 2011 e il 2022 le vendite complessive di antibiotici veterinari sono diminuite del 53%, raggiungendo il livello più basso mai registrato.
L’EMA evidenzia che «Nello stesso periodo, le vendite di classi di antibiotici considerati di fondamentale importanza nella medicina umana per uso veterinario sono diminuite notevolmente: le vendite di cefalosporine di terza e quarta generazione sono diminuite del 49%, le polimixine dell’81%, i fluorochinoloni del 25% e le vendite di altri i chinoloni sono diminuiti del 90%. Sebbene tutti gli antibiotici debbano essere utilizzati con prudenza e responsabilità per preservarne l’efficacia, è di particolare importanza che questi antibiotici riducano il potenziale rischio per la salute pubblica, come indicato nella categorizzazione del gruppo di esperti ad hoc di consulenza antimicrobica (AMEG)».
Ivo Claassen, a capo della divisione medicinali veterinari dell’EMA, sottolinea che «La raccolta di dati sulle vendite di antimicrobici veterinari è stata fondamentale nel definire iniziative politiche, valutare l’impatto delle misure attuali e fissare obiettivi che aiutano ad affrontare l’emergere della resistenza antimicrobica»
L’ultimo rapporto ESVAC include anche informazioni sui progressi compiuti verso gli obiettivi fissati nella strategia Farm to Fork della Commissione europea per ridurre la vendita di antimicrobici per animali d’allevamento e acquacoltura nell’Ue e ne risulta che «Nel 2022, i 27 Stati membri dell’Ue hanno raggiunto poco più della metà dell’obiettivo di riduzione del 50% fissato per il 2030 rispetto al 2018, dimostrando che i Paesi sono sulla strada giusta per raggiungere gli obiettivi della strategia».
Ma, di fronte a questo quadro virtuoso, Animal Equality denuncia che l’Italia non è tra i Paesi che hanno diminuito l’acquisto.l’acquisto di antibiotici veterinari: «Le vendite sono diminuite in 28 dei 31 Paesi considerati all’interno del progetto Sorveglianza europea del consumo di antimicrobici veterinari. In particolare il calo è stato drastico in Belgio (-23,9%), Francia (-24,8%), Ungheria (-28,5%), Lituania (-32,3%), Malta (-32,7%) e Portogallo (-48,6%), mentre l’acquisto di antibiotici è aumentato in Islanda, Danimarca e Polonia, dove la crescita dell’11,6% ha fatto registrare il livello più alto mai raggiunto. Secondo il rapporto, le vendite di antibiotici agricoli in Europa rimangono troppo alte a Cipro (254,7 mg/PCU), in Italia (157,5 mg/PCU), Spagna (127,4 mg/PCU) e Bulgaria (103,2 mg /PCU). Questi livelli molto elevati, che misurano la quantità di principio attivo di antibiotico (mg) rapportata al peso totale del gruppo di animali sulla quale è stato utilizzato (PCU), sollevano interrogativi sull’attuazione delle nuove norme dell’Unione europea in questi Paesi».
L’associazione am nimalista fa notare che «La strategia europea Farm to Fork ha come obiettivo quello di ridurre l’uso di antibiotici nelle aziende agricole degli Stati membri del 50% tra il 2018 e il 2030. Ma nonostante le significative riduzioni, circa l’85,1% delle vendite totali nel 2022 ha riguardato ancora trattamenti massicci.
Nell’industria zootecnica gli antibiotici non sono usati solo per curare gli animali malati. Gli spazi estremamente ristretti in cui vengono concentrati gli animali negli allevamenti possono favorire lo sviluppo e la rapida diffusione di eventuali epidemie. Per contrastarle, e soprattutto prevenirle, la maggior parte degli allevatori si avvale degli antibiotici. Benché l’utilizzo di questo tipo di farmaco come stimolante della crescita dell’animale sia bandito all’interno dell’Unione Europea, l’aggiunta sistematica di questi farmaci ai mangimi animali favorisce comunque lo scambio di geni per la resistenza agli antibiotici tra batteri dell’intestino degli animali, aumentando di conseguenza anche il rischio di antibiotico-resistenza per gli esseri umani».
Matteo Cupi, vicepresidente di Animal Equality Europa, conclude: «Nell’Unione Europea, la resistenza agli antibiotici causa circa 25 mila decessi ogni anno e comporta una spesa sanitaria che vale 1,5 miliardi di euro. Si tratta di un problema così serio che l’Organizzazione mondiale della sanità la definisce una delle maggiori minacce per la salute globale. Ridurre il consumo di carne e di derivati animali significa contrastare un sistema di allevamento che si basa sullo sfruttamento estremo degli animali, ma anche smettere di finanziare un’industria alimentare che rischia di danneggiare la salute delle persone».