L’influenza aviaria infetta le mucche da latte negli Usa e passa all’uomo
Ciwf: «È una bomba a orologeria, dobbiamo mettere fine all’allevamento intensivo»
[5 Aprile 2024]
Dopo che una grande azienda produttrice di uova statunitense e ha riportato la morte di 2 milioni di galline e pollastre a causa dell’influenza aviaria, quello che preoccupa maggiormente è la notizia che in Texas una persona è risultata positiva all’influenza aviaria, presumibilmente contratta da una vacca: il primo caso conosciuto al mondo di contagio fra essere umano e mammifero.
Se il Texas sembra lo Stato Usa più colpito, casi di influenza aviaria HPAI sono stati registrati nelle mucche da latte anche in Ohio, New Mexico, Kansas. Idaho e Michigan.
Il Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti, la Food and Drug Administration, i Centers for Disease Control and Prevention e i funzionari veterinari e della sanità pubblica degli Stati Usa stanno indagando sull’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) che sta colpendo le mucche da latte e l’Animal and Plant Health Inspection Service (APHIS) assicura che «Man mano che apprendiamo di più su questa situazione in evoluzione, continueremo a fornire test di conferma per campioni di bestiame, nonché indicazioni per produttori, veterinari e funzionari statali per la salute degli animali. Man mano che la situazione cambia, continueremo a pubblicare informazioni aggiornate ai link seguenti».
Alla fine del 2023, l’Alaska Department of Environmental Conservation ha trovato per la prima volta un orso polare ucciso dall’influenza aviaria.
Nell’agosto 2023 Compassion in World Farming (CIWF) aveva pubblicato il report “Bird flu: Only major farm reforms can end” nel quale denunciava che «L’influenza aviaria è una bomba a orologeria. Senza riforme radicali del settore zootecnico, non sarà possibile mettere un freno alla diffusione dell’influenza aviaria e ridurre il rischio di una pandemia umana globale».
Oggi Annamaria Pisapia, direttrice di CIWF Italia commenta: «Le ultime notizie che arrivano dagli USA preoccupano, ma non sorprendono. Infatti, l’ultimo ceppo di influenza aviaria, sin da quando è emerso nel 2021, ha causato la morte di oltre mezzo miliardo di volatili allevati, si stima milioni di uccelli selvatici e anche una crescente varietà di mammiferi, destando serie preoccupazioni per la conservazione di molte specie. Proprio all’inizio di quest’anno si è diffusa la notizia della prima vittima accertata fra gli orsi polari. Fino a pochi mesi fa, i casi di influenza aviaria fra le persone erano riconducibili a uno stretto contatto con pollame infetto o ambienti contaminati dal virus. Ora, per la prima volta, si parla di un contagio umano da mammifero. Più contagi di questa natura si ripeteranno, maggiore sarà il rischio che il virus evolva e acquisisca la capacità di diffondersi per contagio diretto fra le persone. Bisogna intervenire al più presto, riformando radicalmente il settore avicolo, e non solo. Dobbiamo mettere fine all’allevamento intensivo, o questo continuerà a fornire terreno fertile e un continuo ricambio di ospiti a nuovi e sempre più pericolosi virus».