Cinque cose da sapere sui minerali dell’energia pulita e sul loro sporco processo di estrazione

Il dilemma dell’estrazione dei materiali critici e del loro impatto sulle società e l’ambiente. Il caso RDC

[27 Febbraio 2024]

Se il mondo vuole davvero abbandonare i combustibili fossili e passare all’energia rinnovabile, dovrà estrarre – e riciclare e riutilizzare – molti più minerali rari.  E’ uno dei temi in discussione alla sesta sessione dell’United Nations Environment Assembly (UNEA-6) in all’United Nations environment programme a Nairobi e durante la quale gli ricorderanno che l’estrazione di questi minerali può essere un processo sporco, che devasta l’ambiente e comporta spesso violazioni dei diritti umani, mentre i delegati cercheranno di individuare azioni, buone pratiche e soluzioni avanzate per l’estrazione sostenibile dei minerali e dei metalli strategici.

In occasione dell’UNEA-6, UN News ha pubblicato un’agile guida  sui “minerali della  transizione energetica” e per capire come possiamo limitare i danni causati dalla loro estrazione.

1 Minerali della  transizione energetica: cosa sono e dove si trovano.

I minerali della transizione sono sostanze naturali ideali per l’uso nelle tecnologie rinnovabili. Litio, nichel e cobalto sono componenti fondamentali delle batterie, come quelle che alimentano i veicoli elettrici. Gli elementi delle terre rare fanno parte dei magneti che fanno girare le turbine eoliche e i motori elettrici. Rame e alluminio sono utilizzati in grandi quantità nelle linee di trasmissione di energia.

Si trovano nelle rocce di tutto il mondo, ma una manciata di paesi e aziende ne controllano l’estrazione: la Cina estrae la maggior parte dei materiali delle terre rare, l’Indonesia estrae la maggior parte del nichel, la Repubblica Democratica del Congo produce la maggior parte del cobalto. Molti minerali legati alla transizione energetica si trovano anche in un gruppo di Paesi in via di sviluppo senza sbocco sul mare, alcuni dei quali sono tra le nazioni meno sviluppate del mondo.

2 Il mercato dei minerali per la transizione energetica sta crescendo in modo massiccio. 

Il passaggio a un sistema energetico pulito porterà a un enorme aumento della necessità di questi minerali. Secondo l’International energy agency, tra il 2017 e il 2022, la domanda di litio è triplicata, la domanda di nichel è aumentata del 40% e la domanda di cobalto è aumentata del 70%.

Se il mondo vuole passare davvero alle energie rinnovabili e raggiungere le emissioni net zero di gas serra, l’utilizzo dei minerali della ransizione energetica dovrà aumentare di 6 volte entro il 2040. Questo spingerebbe il valore di mercato dei minerali di transizione a oltre 400 miliardi di dollari.

3 Le economie dei Paesi ricchi di minerali potrebbero trarne vantaggio.

Con politiche e salvaguardie efficaci, l’estrazione di queste sostanze potrebbe dare il via a una nuova era di sviluppo sostenibile, creando posti di lavoro e aiutando i Paesi a ridurre la povertà. Ligia Noronha, segretaria generale aggiunta delle Nazioni Unite e capo dell’ufficio di New York dell’Unep, afferma che «Nelle giuste condizioni, per alcuni paesi, i minerali della transizione energetica potrebbero essere assolutamente trasformativi».

4 Ma ci sono diverse preoccupazioni.

«Non possiamo ripetere gli errori del passato con uno sfruttamento sistematico dei paesi in via di sviluppo ridotti alla produzione di materie prime di base», ha recentemente avvertito il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres. I gruppi per i diritti umani hanno messo in guardia contro le violazioni dei diritti umani in tutto il settore, comprese le miniere nei Paesi in via di sviluppo. In alcuni siti sono stati segnalati anche casi di lavoro forzato.

Se condotta in modo non sostenibile, l’attività mineraria può devastare l’ambiente, provocando deforestazione, inquinamento delle acque e quel che è noto come dewatering. Tanto per fare un esempio, per estrarre una tonnellata di litio sono necessari 2 milioni di litri d’acqua. Ma circa il 50% della produzione globale di rame e litio è concentrata in aree con scarsità d’acqua.

5 L’Onu sta lavorando per garantire l’estrazione sostenibile dei minerali.

L’Onu ha istituito il Working Group on Transforming the Extractive Industries for Sustainable Development per garantire che i minerali legati alla transizione energetica siano gestiti in modo equo e sostenibile. L’iniziativa è stata  lanciata nel 2023 , con l’obiettivo di creare fiducia, affidabilità e sostenibilità nelle catene di approvvigionamento di questi minerali.

e per capire come fare (e come è stato fatto) niente è più utilile che evitare di ripetere il sanguinario fallimento della RDC. Corey Pattison, del Disasters and Conflict Branch dell’Unep spiega che nella Repubblica Democratica del Congo «L’Unep  sta lavorando con il governo della RDC per sviluppare un piano nazionale per l’estrazione di minerali   come il cobalto. Questo piano mirerebbe a ridurre al minimo l’impatto ambientale dell’attività mineraria. Esaminiamo inoltre se le istituzioni locali e internazionali possano contribuire a risolvere i conflitti legati all’estrazione mineraria, anche attraverso processi come la condivisione delle entrate e la risoluzione dei conflitti».

Il territorio della RDC, è devastato da più di 30 anni da quella che viene chiamata “la terza guerra mondiale africana” che è soprattutto un conflitto per risorse come legname, petrolio e gas, oro e diamanti e minerali essenziali per la transizione energetica, come il cobalto e il rame.

La Pattison ricorda che «La RDC è una delle regioni più ricche di biodiversità al mondo. E’anche un Paese che si trova ad affrontare molte sfide dello  sviluppo. Si colloca al 179esimo posto su 191 Paesi e territori in tutto il mondo nell’indice di sviluppo umano del 2021 e nel 2018 oltre il 70% dei congolesi, ovvero circa 60 milioni di persone, viveva con meno di 1,90 dollari al giorno. Parte della sfida è che la storia istituzionale della RDC è profondamente segnata dall’estrazione delle risorse, che storicamente non ha portato benefici alle comunità locali. Questa e altre sfide di governance hanno portato all’insicurezza e alla povertà, che creano condizioni favorevoli a cicli di violenza».

Ma la poverissima RDC sarebbe in realtà ricchissima: ha circa 3,5 milioni di tonnellate di riserve di cobalto. e la Pattison sottolinea che «Questo pone la RDC al centro della transizione verso la decarbonizzazione, con i potenziali benefici in termini di investimenti esteri, entrate e creazione di posti di lavoro. Tuttavia, questo massiccio sfruttamento delle risorse ha anche profonde conseguenze negative, come la distruzione di ecosistemi essenziali e l’inquinamento. Anche la governance delle risorse estrattive aumenta le disuguaglianze».

E il degrado ambientale porta ad ulteriori conflitti. Negli ultimi decenni nella RDC si sono susseguiti cicli di violenza etnico/politica nei quali le risorse naturali hanno avuto un ruolo determinante. Secondo il gruppo di esperti delle Nazioni Unite sulla RDC, «E’ chiaro che l’attività mineraria svolge un ruolo piuttosto importante nel finanziamento dei gruppi armati. L’estrazione di queste risorse esercita un’enorme pressione sulla biodiversità del Paese: bracconaggio, inquinamento, deforestazione ed erosione del suolo minacciano la biodiversità».

Per il Disasters and Conflict Branch dell’Unep , «Innanzitutto, la crescita deve essere inclusiva e sostenibile. Dobbiamo collaborare con il governo per promuovere un modello di sviluppo diversificato. Il secondo messaggio è che la transizione verde e lo sviluppo economico della RDC devono concentrarsi sulla creazione di posti di lavoro dignitosi per le comunità, i giovani e le donne emarginate».

La Pattison conclude: «Molte questioni relative all’estrazione del cobalto e alla sicurezza ambientale sono specifiche della RDC, ma la domanda di minerali esercita pressione sugli ecosistemi locali, sulle comunità e sulle aree ospitanti in diverse altre regioni e Paesi. Oltre alla RDC, stiamo attualmente analizzando come queste dinamiche si stanno manifestando in altri Paesi con giacimenti significativi di minerali critici, tra cui Brasile, Madagascar, Myanmar, Repubblica Centrafricana e Kazakistan. Quel che accomuna tutti questi contesti è che lo sfruttamento delle risorse minerarie può rappresentare un’opportunità per aumentare la prosperità, ma allo stesso tempo comporta profondi rischi per le comunità locali e gli ecosistemi. Il mondo deve decarbonizzarsi, ma questo processo deve tenere conto delle esigenze dei Paesi in via di sviluppo».