Gli scolari e gli studenti più poveri beneficiano meno dell’istruzione pubblica
Asili Nido: l’Italia rischia di perdere un’altra occasione per sostenere i diritti dei bambini e aiutare le famiglie con figli piccoli
[17 Gennaio 2023]
Secondo il rapporto/studio “Transforming Education with Equitable Financing”, pubblicato dall’Unicef e che esamina i dati di 102 Paesi, « I governi non stanno investendo abbastanza in quei bambini che hanno più bisogno di istruzione. I bambini delle famiglie più povere beneficiano di meno dei finanziamenti nazionali all’istruzione pubblica. Attualmente, il 20% più povero degli studenti beneficia solo del 16% dei finanziamenti pubblici per l’istruzione, mentre i più ricchi ne beneficiano del 28%. Nei Paesi a basso reddito, la ripartizione è rispettivamente dell’11% e del 42%».
Il rapporto, che esamina la spesa pubblica dall’istruzione preprimaria a quella terziaria, fa notare che i bambini che vivono in condizioni di povertà hanno meno probabilità di accedere alla scuola e abbandonano la scuola prima. Sono anche meno rappresentati nei livelli di istruzione più elevati, che ricevono una spesa pubblica pro capite molto più elevata. E’ anche più probabile che questi bambini vivano in aree remote e rurali generalmente scarsamente servite.
I dati dimostrano che i bambini delle famiglie più ricche beneficiano di oltre 6 volte l’importo del finanziamento dell’istruzione pubblica rispetto agli studenti più poveri. Nei Paesi a reddito medio, come la Costa d’Avorio e il Senegal, gli studenti più ricchi hanno ricevuto una spesa pubblica per l’istruzione circa quattro volte superiore rispetto ai più poveri. Il gap di spesa è minore nei Paesi ad alto reddito, o fino a 1,6 in più tra i due gruppi, con Paesi come Francia e Uruguay che sono all’estremità superiore del gap.
Eppure, dal rapporto, emerge che «Solo un aumento di un punto percentuale nell’allocazione delle risorse dell’istruzione pubblica al quintile più povero di studenti potrebbe potenzialmente far uscire 35 milioni di bambini in età scolare da quella che l’Unicef ha definito “povertà dell’apprendimento”».
La direttrice esecutiva dell’Unicef Catherine Russell ha commentato: «Stiamo fallendo i con i bambini. Troppi sistemi educativi in tutto il mondo stanno investendo poco in quei bambini che ne hanno più bisogno. Investire nell’istruzione dei bambini più poveri è il modo più conveniente per garantire il futuro ai bambini, alle comunità e ai Paesi. Il vero progresso può arrivare solo quando investiamo in ogni bambino, ovunque».
Anche prima della pandemia di Covid-19, i sistemi educativi di tutto il mondo stavano in gran parte non soddisfacendo i bisogni dei bambini, con centinaia di milioni di studenti che frequentavano la scuola ma non acquisivano le competenze di base in lettura e matematica. Secondo stime recenti citate dall’Unicef, «A livello globale, due terzi di tutti i bambini di 10 anni non sono in grado di leggere e comprendere una storia semplice».
Per questo il rapporto chiede un’azione urgente per garantire che le risorse per l’istruzione raggiungano ogni studente e delinea 4 raccomandazioni: lo sblocco dei finanziamenti pubblici a favore dell’equità per l’istruzione; dare la priorità ai finanziamenti pubblici per l’apprendimento di base; monitorare e garantire un’assegnazione equa degli aiuti all’istruzione nei contesti umanitari e di sviluppo e investire in modi innovativi per fornire istruzione.
Concetti che, rapportati all’italia, riprendono anche, in un comunicato congiunto sulle Criticità attorno al sistema educativo 0 – 6 anni, l’Alleanza per l’infanzia, una rete nazionale di più di 30 organizzazioni (compresa l’Unicef) e associazioni impegnate nella promozione e tutela dei diritti dei bambini e ragazzi e dei loro genitori. Include e EducAzioni, un network di 10 reti e alleanze del civismo attivo, del terzo settore e del sindacato che hanno l’obiettivo del contrasto alla povertà educativa e della promozione dei diritti delle bambine, dei bambini e degli e delle adolescenti in Italia.
Le due coalizioni temono che non venga data piena attuazione al PNNR per quanto riguarda la creazione di posti nido e che «Quindi in Italia non si raggiunga nemmeno l’obiettivo del 33% di partecipazione dei bambini/e tra 0 e 3 anni ai servizi educativi nei tre livelli: nazionale, regionale e sub-regionale. Infatti, mentre la nuova Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea fissa l’obiettivo del 45% di copertura entro il 2030 per i bambini/e sotto i tre anni, l’Italia nei prossimi anni rischia di non realizzare – né a livello nazionale, né soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno – neppure quello del 33%, che era stato fissato per il 2010. Occorre intervenire urgentemente per sostenere gli enti locali che sono in forte difficoltà nel reclutamento di figure professionali necessarie, migliorando le procedure per individuare e attrarre persone in possesso delle caratteristiche ricercate e in numero adeguato al fine di evitare ulteriori ritardi e scongiurare l’adozione di risposte emergenziali con gravi rischi per la qualità dei servizi».
Alleanza per l’infanzia ed EducAzioni ricordano che «I nidi non sono solo un importante strumento di conciliazione famiglia-lavoro per i genitori di bambini/e piccoli, sono anche e soprattutto strumenti per promuovere lo sviluppo delle potenzialità di ciascun/a bambino/a, nella prospettiva di costruire una società più equa e inclusiva. Per questo devono essere diffusi capillarmente e resi accessibili, anche economicamente, a tutti i bambini/e a prescindere dallo status occupazionale dei genitori. Devono anche essere qualificati chiaramente come servizi educativi, con personale adeguato e professionalmente preparato. Infatti, elemento fondamentale per garantire la qualità dell’esperienza educativa dei bambini, oltre a spazi e arredi strutturalmente adeguati, progettati e allestiti con cura e attenzione, è proprio la presenza di educatori/educatrici e docenti adeguatamente qualificati.
In questa prospettiva, le due coalizioni segnalano anche «La necessità di prevedere la formazione di un numero adeguato di personale con la qualifica richiesta, che dal 2017 è la laurea universitaria triennale. Occorre con urgenza formare nuove generazioni di educatori e docenti, perché nei prossimi 10 anni i pensionamenti dimezzeranno i docenti delle Scuole dell’Infanzia e gli educatori nei nuovi nidi, costruiti con i fondi PNRR, sono insufficienti. Si stima che per avere un personale in numero sufficiente per far funzionare i nuovi posti previsti dal PNRR occorrano almeno altri 32.000 educatrici/ educatori, oltre a quelli/e attualmente presenti. È urgente una programmazione articolata e congiunta tra Atenei, Amministrazioni regionali e Enti Locali affinché vengano formati educatrici/educatori e docenti in numero corrispondente al fabbisogno previsto nei vari territori. Contestualmente sarebbe opportuno prevedere una formazione per gli educatori/educatrici dei nidi e i docenti della scuola dell’infanzia che rafforzi la costruzione di un percorso in continuità verticale dell’apprendimento del bambino/alunno nel segmento 0-6 anni. Per incoraggiare i giovani a intraprendere questo percorso formativo e la professione di educatori/educatrici della prima infanzia e per garantire la qualità educativa di questi servizi, occorre da un lato riconoscere maggiormente questa professione, nella sua piena specificità e dignità educativa, in continuità con la scuola dell’infanzia, con la scuola primaria e secondaria, dall’altro intervenire radicalmente sulla giungla contrattuale e le disparità sia di trattamento economico, sia di riconoscimento professionale, che caratterizza i rapporti di lavoro, a seconda che si tratti di nidi a gestione pubblica, privata o di terzo settore».
E’ anche essenziale «Monitorare la qualità di tutti i servizi educativi 0-6, anche attraverso strumenti nazionali, come già avviene nel resto del sistema scolastico e in molti altri Paesi europei» e non va trascurata la raccomandazione delle principali agenzie internazionali (Organizzazione Mondiale della Sanità, Unicef, Banca Mondiale) di «Offrire a tutti i neo-genitori opportunità di rafforzamento delle loro capacità genitoriali anche tramite “servizi integrativi” previsti dalla normativa vigente, quali, i Centri Bambini e Famiglie e servizi analoghi, che prevedano il coinvolgimento di genitori (madri e padri) e bambini insieme, per accompagnarli nella scoperta di pratiche utili alla relazione e allo sviluppo del bambino, quali, ad esempio, la lettura condivisa, il gioco e l’esperienza musicale».
Per questo, le associazioni della rete Alleanza per l’infanzia e di EducAzioni auspicano che «La Raccomandazione europea sia recepita con lungimiranza dal Governo nazionale e dalle Amministrazioni regionali e locali. L’Italia può raggiungere gli ambiziosi obiettivi previsti, se saranno messe a disposizione adeguate risorse finanziarie e si procederà a una attenta e articolata progettazione di una maggiore offerta di servizi educativi inclusivi e di alta qualità»
EducAzioni chiede un incontro urgente con il ministro dell’istruzione e del merito per affrontare le questioni legate alla attuazione del PNRR e del Piano di Azione Nazionale Garanzia Infanzia e alla formazione e reclutamento di educatori e insegnanti dei servizi per l’infanzia.