Guerra in Ucraina, Banca mondiale: il più grande shock per le materie prime dagli anni ’70

La transizione verso l'energia pulita potrebbe essere ritardata

[27 Aprile 2022]

Secondo il rapporto “Commodity Markets Outlook pubblicato dalla Banca mondiale. «La guerra in Ucraina ha inferto un grave shock ai mercati delle materie prime, alterando i modelli globali di commercio, produzione e consumo in modi che manterranno i prezzi a livelli storicamente elevati fino alla fine del 2024. L’aumento dei prezzi dell’energia negli ultimi due anni è stato il più grande dalla crisi petrolifera del 1973. L’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, di cui Russia e Ucraina sono grandi produttori, e dei fertilizzanti, che dipendono dal gas naturale come input di produzione, sono stati i maggiori dal 2008».

Presentando il rapporto, Indermit Gill, vicepresidente della Banca mondiale per la crescita equa, la finanza e le istituzioni, ha evidenziato che «Nel complesso, questo rappresenta il più grande shock per le materie prime che abbiamo sperimentato dagli anni ’70. Come allora, lo shock è aggravato da un’impennata delle restrizioni al commercio di cibo, carburante e fertilizzanti. Questi sviluppi hanno iniziato a sollevare lo spettro della stagflazione. I responsabili politici dovrebbero cogliere ogni opportunità per aumentare la crescita economica interna ed evitare azioni che danneggeranno l’economia globale».

Il “Commodity Markets Outlook prevede che «I prezzi dell’energia aumenteranno di oltre il 50% nel 2022 prima di diminuire nel 2023 e nel 2024» e che  «I prezzi non energetici, compresi agricoltura e metalli, aumenteranno di quasi il 20% nel 2022 e si ridurranno anche loro negli anni successivi. Tuttavia, i prezzi delle materie prime dovrebbero rimanere ben al di sopra della media quinquennale più recente. In caso di guerra prolungata o sanzioni aggiuntive alla Russia, i prezzi potrebbero essere ancora più alti e più volatili di quanto attualmente previsto».

A causa dei blocchi del commercio e della produzione legati alla guerra in Ucraina, nel 2022 il prezzo del petrolio greggio Brent dovrebbe raggiungere una media di 100 dollari al barile, il livello più alto dal 2013 e con un aumento di oltre il 40% rispetto al 2021. I prezzi dovrebbero calare a 92 dollarinel 2023, ben al di sopra della media quinquennale di 60 dollari al barile. Nel 2022 i  prezzi del gas europeo dovrebbero essere due volte più alti rispetto al 2021, mentre i prezzi del carbone dovrebbero essere più alti dell’80%, con entrambi i prezzi ai massimi storici.

Ayhan Kose, direttore del Prospects Group della Banca mondiale che ha redatto l’Outlook , sottolinea che «A causa della guerra in Ucraina, i mercati delle materie prime stanno vivendo uno dei più grandi shock dell’offerta degli ultimi decenni. Il conseguente aumento dei prezzi del cibo e dell’energia sta comportando un significativo tributo umano ed economico e probabilmente bloccherà i progressi nella riduzione della povertà. L’aumento dei prezzi delle materie prime esacerba le già elevate pressioni inflazionistiche in tutto il mondo».

E mentre la carestia sta diventando fame e morte nel Corno d’Afrioca e in altri Paesi in guerra ma dimenticati, quest’anno i prezzi del grano aumenteranno di oltre il 40%, raggiungendo il massimo storico e la Banca mondiale fa notare che «Questo eserciterà pressioni sulle economie in via di sviluppo che dipendono dalle importazioni di grano, in particolare dalla Russia e dall’Ucraina».

Inoltre, passando ad altre materie prime preziose per l’industria, «Si prevede che i prezzi dei metalli aumenteranno del 16% nel 2022 prima di diminuire nel 2023, ma rimarranno a livelli elevati».

John Baffes, senior economist del Prospects Group della Banca mondiale, è preoccupato: «I mercati delle materie prime sono sottoposti a un’enorme pressione, con alcuni prezzi delle materie prime che hanno raggiunto i massimi storici in termini nominali. Questo avrà effetti a catena duraturi. Il forte aumento dei prezzi degli input, come energia e fertilizzanti, potrebbe portare a una riduzione della produzione alimentare, in particolare nelle economie in via di sviluppo. Un minore utilizzo degli input peserà sulla produzione e sulla qualità del cibo, incidendo sulla disponibilità di cibo, sui redditi rurali e sui mezzi di sussistenza dei poveri».

La sezione Special Focus del rapporto fornisce un’analisi approfondita dell’impatto della guerra sui mercati delle materie prime ed esamina anche come i mercati delle materie prime hanno risposto a shock simili in passato, rivelando che «L’impatto della guerra potrebbe essere più duraturo rispetto agli shock precedenti per almeno due motivi. Primo, ora c’è meno spazio per sostituire le materie prime energetiche più colpite con altri combustibili fossili, perché gli aumenti dei prezzi sono stati generalizzati per tutti i combustibili. Secondo,  l’aumento dei prezzi di alcune materie prime sta spingendo verso l’alto anche i prezzi di altre materie prime: i prezzi elevati del gas naturale hanno aumentato i prezzi dei fertilizzanti, esercitando una pressione al rialzo sui prezzi agricoli. Inoltre, finora le risposte politiche si sono concentrate più su tagli e sussidi fiscali, che spesso esacerbano le carenze di offerta e le pressioni sui prezzi, che su misure a lungo termine per ridurre la domanda e incoraggiare fonti di approvvigionamento alternative».

La guerra sta anche portandoci verso modelli commerciali più costosi che potrebbero tradursi in un’inflazione più duratura e il rapporto prevede che «Provocherà una forte diversione del commercio di energia. Ad esempio, ora alcuni Paesi stanno cercando forniture di carbone da località più remote. Allo stesso tempo, alcuni importanti importatori di carbone potrebbero aumentare le importazioni dalla Russia riducendo la domanda da altri grandi esportatori. Questa deviazione sarà probabilmente più costosa perché comporta maggiori distanze di trasporto e il carbone è ingombrante e costoso da trasportare. Deviazioni simili si stanno verificando con gas naturale e petrolio».

E se qualcuno si illudeva che i costi di petri olio e gas alle stelle favorissero il passaggio alle energie rinnovabili si illudeva: «Nel breve termine – dice la Banca mondiale – l’aumento dei prezzi minaccia di interrompere o ritardare il passaggio a forme di energia più pulite. Diversi Paesi hanno annunciato piani per aumentare la produzione di combustibili fossili. Anche i prezzi elevati dei metalli stanno facendo aumentare il costo dell’energia rinnovabile, che dipende da metalli come l’alluminio e il nichel per le batterie».

Per questo la Worlkd Bank esorta i responsabili politici ad «Agire prontamente per ridurre al minimo i danni ai propri cittadini e all’economia globale» e chiede «Programmi mirati di safety-net come trasferimenti di denaro, programmi di alimentazione scolastica e programmi di lavoro pubblico, piuttosto che sussidi per cibo e carburante. Una priorità fondamentale dovrebbe essere quella di investire nell’efficienza energetica, compresa la protezione degli edifici dagli agenti atmosferici».  E il rapporto si conclude Invitando i Paesi ad «Accelerare lo sviluppo di fonti di energia a zero emissioni di carbonio come le rinnovabili».