1,5 milioni di profughi interni solo nella provincia dell’Ituri
La guerra dell’oro tra contadini e pastori nell’Uturi. La cooperativa che si fece setta e diventò un esercito
Trovate fosse comuni nella Repubblica democratica del Congo. Le milizie CODECO e Zaïre fanno strage nei villaggi.
[20 Gennaio 2023]
Dal primo dicembre 2022 al 19 gennaio 2023 nella Repubblica democratica del Congo ci sono stati almeno 195 civili uccisi, 68 feriti e 84 rapiti in attacchi attribuiti alle milizie della Coopérative pour le développement du Congo (CODECO) e del gruppo armato avversario dello Zaïre. I recenti attacchi hanno portato a oltre 1,5 milioni il numero dei profughi interni nella provincia dell’Ituri
La Mission dell’Organization des Nations Unies pour la stabilization en RD Congo (MONUSCO) denuncia che «La violenza esercitata dalla CODECO e da altri gruppi armati su queste comunità vulnerabili è inaccettabile e inumana. La MONUSCO sostiene le autorità congolesi nel quadro delle inchieste giudiziarie su questi attacchi chiede che gli autori siano tradotti di fronte alla giustizia. La Monusco condanna fermamente questi massacri barbari e vigliacchi attribuiti alla CODECO. Non appena sono stati informati degli attacchi, nel fine settimana i Caschi Blu hanno avviato un pattugliamento nell’area».
Ma il peggio doveva ancora venire: nel villaggio di Nyamamba, i Caschi Blu della MONUSCO hanno scoperto fosse comuni dove erano stati sepolti 42 corpi, tra cui 12 donne e 6 bambini. Un’altra fossa comune con i corpi di 7 uomini è stata scoperta nel villaggio di Mbogi, a circa 30 km a est di Bunia, sempre nella provincia di Ituri.
Informazioni preziose su questo misterioso gruppo armato costituito principalmente dalla comunità agricola di etnia Lendu, che compie regolarmente attacchi contro i pastori Hema nella provincia dell’Ituri, si trovano nel rapporto “La CODECO, au coeur de l’insécurité en Ituri” pubblicato nel giugno 2021 dal Groupe de recherche et d’information sur la paix et la sécurité (Grip). La Codeco nasce negli anni ’70 come Codeza, un’importante istituzione Ngiti, fondata da Bernard Kabayonga Kakado con lo scopo era promuovere l’agricoltura nella chefferie di Walendu Bindi, a Irumu, ed era ben radicato nel mercato di Bunia. Kakado, che aveva anche fama di tregone e veggente, ha iniziato a reclutare tra i lavoratori della cooperativa una milizia da impiegare durante le dispute territoriali locali con i Bira. Nella guerra del 1999 – 2003 la Codeco ha aderito alla Force de résistance patriotique d’Ituri (FRPI), scomparendo come cooperativa agricola e trasformandosi definitivamente c in milizia armata. Kakado è morto in prigione nell’ottobre 2011, poco più di un anno dopo essere stato condannato all’ergastolo per crimini di guerra, compreso l’omicidio di oltre 1.200 persone nell’arco di una settimana nel 2002.
Il Grip ricorda che «Dopo diversi anni di pacifica convivenza, nel dicembre 2017 si sono verificate le prime violenze intercomunitarie nel territorio di Djugu, uccisioni di Hema seguite da rappresaglie contro i Lendu. Già nel febbraio 2018 sono stati segnalati attacchi di miliziani Lendu contro postazioni delle Forces armées de RDC (FARDC), apparentemente allo scopo di appropriarsi di armi e munizioni. Sebbene inizialmente questa violenza non fosse stata rivendicata, i leader degli Hema e i prigionieri Lendu non hanno tardato ad attribuirla a una “nuova chiesa” chiamata Codeco. Infatti, dopo la morte del suo capo spirituale, la Codeco emigrò dapprima verso nord – dalla sua culla Ngiti di Irumu ai settori “Lendu-Nord” di Djugu – e poi continuò la sua trasformazione in un’organizzazione religiosa strutturata, generalmente definita come una “setta “. I riti e le pratiche di Codeco sarebbero ispirati da godza, uno spirito malvagio e violento che, secondo i suoi adoratori, era già attivo durante il conflitto precedente, in particolare ordinando l’uccisione degli Hema. Questo termine designerebbe anche la capanna dove i pastori operano incantesimi mistici e invocano gli spiriti dei morti. Il “clero” di Codeco comprende pastori, catechisti, addetti alla sorveglianza della popolazione, coristi e stregoni, tutti vestiti di bianco durante le cerimonie. Le donne talvolta svolgono un ruolo importante, come un’infermiera, diventata segretaria della chiesa Codeco nella sua roccaforte principale, a Lodjo (settore Walendu Pitsi del territorio di Djugu)».
Attorno a questo centro ideologico gravita il movimento armato, che gli stessi adepti della setta chiamarono inizialmente “assaillants” (assalitori), comandato da uno staff composto da ufficiali autoproclamati, con una gerarchia di gradi come nelle forze armate ufficiali e che si autodefinisce soprattutto come gruppo di autodifesa della comunità Lendu per proteggersi sia dalle altre comunità, in particolare dagli Hema, sia dalle FARDC che sarebbero complici degli Hema».
Dietro questa violenza che sarebbe troppo facile derubricare a conflitti etnici intercomunitari e a fanatismo religioso c’è in realtà la guerra per il controllo dell’estrazione dell’oro e delle risorse ambientali che era già riscoppiata alla fine del 2017, Nello stesso anno era venuta fuori la CODECO che è solo una delle decine di milizie che si combattono nel Congo orientale e da allora sono spuntati anche gruppi dissidenti della CODECo come l’Armée des révolutionnaires pour la défense du peuple congolais (ARDPC), l’Armée de libération du Congo (ALC) e il Bon Temple de Dieu (BTD). Altre milizie amate che operano nella stessa area sono: gli Assaillants o Groupe catholique e le Forces de Défense contre la Balkanisation du Congo (FDBC).
I giacimenti d’oro dell’Ituri sono tra i più ricchi dell’Africa. Fin dall’epoca coloniale, gli appetiti che hanno suscitato da parte di coloni, multinazionali, Paesi confinanti e boss locali, sono stati al centro dei conflitti nell’Ituri, sovrapponendosi ai conflitti per la terra. Al Grip spiegano che «I gruppi armati, comparsi alla fine del secolo scorso, si sono presto resi conto che l’estrazione dell’oro avrebbe fornito loro entrate significative, facilitando il loro accesso alle armi e al potere e contribuendo ad esacerbare la violenza dei loro conflitti. Inoltre, non sorprende che Codeco, i suoi rivali e altri gruppi armati più o meno identificati si siano interessati ai giacimenti d’oro, particolarmente numerosi nel territorio di Djugu. Dalla fine del 2019, i combattenti delle fazioni Lendu hanno effettuato un numero crescente di attacchi contro commercianti d’oro e centri minerari e hanno imposto tasse ai minatori nei territori di Djugu e Irumu. Diversi lavoratori cinesi coinvolti nell’estrazione dell’oro sono stati uccisi in questi attacchi, che sembrano aver raggiunto il picco nel luglio 2020, dopo aver conquistato i territori di Mahagi e Aru. In risposta, il gruppo Zaïre si è schierato in alcuni di questi centri per proteggere i minatori, la maggior parte dei quali appartiene alla comunità Hema»
La stragrande maggioranza dell’oro dell’Ituri viene esportato illegalmente in Uganda dove viene raffinato e poi riesportato a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, dove lo comprano i ricchi occidentali che fanno shopping o grandi imprese. Il gruppo di esperti delle Nazioni Unite sulla RDC ha stimato che «Oltre il 95% dell’oro esportato dall’Uganda nel 2019 non era di origine ugandese». Il Grip è convinto che «Il progetto per un impianto di raffinazione dell’oro a Bunia potrebbe, se si concretizzasse, consentire un migliore controllo delle esportazioni illecite». Ma è rimasto un progetto irrealizzato.
Nel gennaio 2021 le milizie dell’ Union des révolutionnaires pour la défense du Peuple Congolais (URDPC) hanno invaso un’importante concessione mineraria a Mongwalu, uno dei principali siti auriferi dell’Ituri, nel territorio di Djugu. Una concessione della Mongwalu Gold Mining (MGM), il cui principale azionista è la compagnia australiana, Vector Resources Limited85. L’URDPC ha rivendicato parte della concessione della MGM per destinarla all’estrazione artigianale dell’oro per la popolazione locale. In cambio della loro ritirata, i miliziani lasciarono almeno un centinaio di cercatori d’oro artigianali che simpatizzavano per la loro causa e che accettarono di consegnare all’URDPC gran parte del minerale estratto. L’URDPC voleva imporre un’amministrazione parallela a Mongwalu e nell’area circostante, ma due settimane dopo è stata sloggiata da un’offensiva delle FARDC.
Per uscire da questo colossale caos, da questa sanguinosa guerra che dura da oltre 30 anni tra l’indifferenza del mondo che ne consuma come frutti insanguinati le materie prime, occorrono riforme di vasta portata e misure strutturali per raggiungere una pace duratura nell’Ituri e nel resto della RDC.
Secondo il GRIP, «Queste riforme dovrebbero mirare fondamentalmente a ripristinare l’autorità statale su tutto il territorio della Repubblica, attraverso lo sviluppo di servizi e infrastrutture pubbliche, in particolare nei settori dei trasporti, dell’istruzione e della sanità. Dovrebbero includere la lotta ai privilegi e alla corruzione, fenomeni che mantengono la sfiducia della popolazione nei confronti dei rappresentanti statali e della magistratura, la cui indipendenza, protezione e risorse dovrebbero essere rinforzati. E, naturalmente, dovrebbe essere intrapresa una profonda riforma del settore della sicurezza, a cominciare dalla messa in sicurezza delle scorte di armi e munizioni e la lotta contro le consuete “fughe” dagli arsenali delle quali sono complici alcuni elementi delle FARDC. Dovrebbe includere la rivalutazione degli equilibri, il perseguimento sistematico degli autori di racket e altri abusi contro i civili, nonché il regolare trasferimento
Di truppe e ufficiali il più lontano possibile dal proprio territorio. Infine, data la presenza di elementi o gruppi armati provenienti dai Paesi vicini, la diplomazia regionale dovrebbe essere parte integrante di un processo di risoluzione dei conflitti dell’Ituri, al fine di sviluppare la cooperazione militare e gli accordi di sicurezza bilaterali tra la RDC e l’Uganda, il Sud Sudan e il Rwanda, soprattutto ai rispettivi confini».