Materie prime: la Repubblica democratica del Congo contro l’accordo Ue – Rwanda

RDC: le materie prime sono le nostre e il Rwanda le ruba e sostiene e arma la guerriglia M23

[22 Febbraio 2024]

La Repubblica democratica del Congo (RDC) si scaglia contro l’accordo di cooperazione sulle materie prime firmato il 19 febbraio tra Unione europea e Rwanda  e in RDC si moltiplicano le prese di posizioni contro questo memorandum che denunciano il saccheggio dei minerali congolesi da più di 20 anni da parte di alcuni Paesi stranieri, compreso il piccolo ma ben armato Rwanda. E l’esercito ruandese e accusato, anche da diversi governi occidentali e dall’Onu, di partecipare alla destabilizzazione dell’est della RDC  – ricco di minerali strategici, terre rare, petrolio, diamanti  e di risorse naturali – e di avere truppe sul suolo congolese che sostengono dei ribelli dell’M23. una feroce milizia armata che punta proprio al controllo e al traffico delle risorse minerarie.

Il 14 febbraio due militari sudafricani della forza di intervento della Southern African Development Community (SADC) hanno perso la vita in un attacco dell’M23 alla loro base a Mubambiro, nel territorio di Masisi nella provincia del Nord Kivu e tutti sanno che il Rwanda non tollera la presenza della SADC nel territorio congolese e che solo due giorni prima si era lamentata per il dispiegamento di militari sudafricani con la  Mission de l’organisation des Nations unies pour la stabilisation en République démocratique du Congo (Monusco).

Le Forces Armées de la République Démocratique du Congo (FARDC)  accusano direttamente il Rwanda perché le milizie dell’M23 dispongono di armi moderne in dotazione dell’esercito ruandese. E, come evidenziato da fonti Onu e dai profughi in fuga dai combattimenti, l’M23 dispone di un arsenale imponente costituito da fucili d’assalto, mitragliatrici pesanti e leggere, diversi tipi di lanciarazzi, razzi, lanciagranate, granate antiuomo, cannoni senza rinculo, proiettili di mortaio, equipaggiamento per la visione notturna e molto altro. Un equipaggiamento che si è notevolmente rafforzato negli ultimi mesi e che, come fa notare l’Onu,  non può provenire da vecchi stock M23 risalenti al 2012 e 2013.

I ribelli dei gruppi armati vicini al Rwanda riescono ormai a mettere fuori combattimento carrarmati  e aerei delle FARDC e il 18 febbraio la tensione è salita ulteriormente con l’annuncio ufficiale del Rwanda del dispiegamento di mezzi per la difesa aerea totale del suo territorio, in risposta all’introduzione dei droni d’attacco cinesi CH-4 da parte della RDC nelle zone operative. Il 20 febbraio Nicolas de Rivière, rappresentante permanente All’Onu ella Francia presso le Nazioni Unite, è intervenuto al Consiglio  per dire che «La sovranità e l’integrità territoriale della RDC devono essere rispettate» e denunciare «Il dispiegamento  di sistemi antiaerei incompatibili con le capacità di un semplice gruppo armato». L’ambasciatore statunitense all’Onu Robert Wood, è andato oltre e ha chiesto al Rwanda di «Cessare il suo sostegno all’M23 e di ritirare immediatamente le sue forze dal territorio congolese, così come il suo sistema di superficie missili antiaerei che hanno intenzionalmente preso di mira, mezzi aerei della Monusco. L’atteggiamento del Rwanda, in quanto grande contributore alle missioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite, è profondamente preoccupante e merita una seria valutazione da parte della comunità internazionale».

E’ in questo clima di crescenti preoccupazioni per un’escalation più grave dell’eterno conflitto congolese per le risorse che l’Ue ha pensato bene di accordarsi con Kigali proprio sulle risorse. Un memorandum d’intesa simile era già stato concluso nell’ottobre 2023 tra l’Ue e la RDC con l’obiettivo di  «Sviluppare le competenze nel settore minerario e migliorare la trasparenza e la tracciabilità» in particolare per lo sfruttamento di giacimenti di tantalio e del niobio (il Coltan), strategici per la fabbricazione delle moderne tecnologie tra cui smartphone e computer.

Ma Thierry Breton, commissario per il mercato interno dell’Unione europea, ha presentato il Rwanda come «Un importante fornitore di tantalio, stagno, tungsteno, oro e niobio, con riserve di litio». Inoltre, l’Ue prosegue il suo programma di cooperazione militare con il Rwanda, compresi gli scambi e l’addestramento dei soldati ruandesi, e ha recentemente versato 20 milioni di euro all’esercito ruandese. 100 milioni di euro per finanziare gli agricoltori ruandesi e  260 milioni di euro per un programma pluriennale per il Rwanda. L’Ue e i suoi Stati membri restano tra i principali partner finanziari del Rwanda.

Il 21 febbraio Lucha – mouvement citoyen si è detto indignato per «La compiacenza dell’Unione Europea nei confronti del Rwanda nell’aggressione e nel saccheggio delle risorse naturali della Repubblica Democratica del Congo. Il fatto che l’Unione europea continui a finanziare il Rwanda e continui la sua partnership militare con l’esercito ruandese nonostante l’evidenza del suo coinvolgimento nella destabilizzazione e nel saccheggio della RDC è complicità nella guerra di aggressione che Paul Kagame conduce contro il nostro Paese da tre decenni».

Lucha si rivolge direttamente ai leader europei: «Sapete che i soldati ruandesi che addestrate e finanziate finiranno probabilmente per essere schierati in Congo per continuare la guerra di aggressione che infuria lì. Sapete che il denaro che darete al Rwanda probabilmente rafforzerà la sua capacità di causare danni, compromettendo la pace e la sicurezza nel Kivu. Sapete benissimo che gli accordi minerari che firmerete con il Ruanda serviranno a riciclare le risorse minerarie saccheggiate dall’esercito ruandese in Congo, come in passato. Sapete benissimo che il Rwanda dipende in gran parte dagli aiuti internazionali e che qualsiasi minaccia di interruzione del sostegno finanziario potrebbe spingere questo Paese a ritirare le sue truppe dal Congo dove seminano il terrore. Lo sapete ma non fate  assolutamente nulla».

E il portavoce del governo di Kinshasa, Patrick Muyaya, ha fatto notare che «Il sottosuolo ruandese non è pieno di questi materiali e trae i suoi minerali dalla RDC». Il ministero degli esteri della RDC ha aggiunto che «Il governo si aspetta dalle autorità dell’Unione Europea un chiarimento su questo comportamento ambiguo mentre continuano ad affermare la loro volontà di contribuire alla fine della crisi della sicurezza nel Congo orientale e dello sfruttamento illecito delle sue risorse naturali».

Il premio Nobel per la pace 2018, il congolese Denis Mukwege, ricorda che «La guerra nell’est della RDC è principalmente economica e lo sfruttamento o il commercio illecito di minerali è riconosciuto come una delle cause principali delle violenze».

Oggi la Commissione europea, pur condannando l’azione dei gruppi armati antigovernativi nell’est della RDC, ha confermato l’utilità dell’accordo col Rwanda. Peter Stano, portavoce di Josep Borrell, capo della diplomazia Ue, ha detto che «L’Unione Europea è sempre un attore obiettivo, non si schiera, ha sempre avuto un approccio equilibrato, ha condannato in numerose occasioni il comportamento dei diversi attori di fronte ai gruppi armati nella parte orientale della RDC».

Ed è lo stesso Stano a ricordare che «Ci sono più di 100 gruppi armati nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Abbiamo ripetutamente sottolineato l’obbligo per tutti gli Stati della regione di cessare ogni sostegno diretto o indiretto a questi gruppi armati. Ma abbiamo anche intrapreso azioni decisive: abbiamo messo in atto un regime restrittivo, cioè un quadro di sanzioni che ci permettono di prendere di mira gli attori coinvolti in gravi violazioni dei diritti umani, nell’ostruzione del processo elettorale e anche nei conflitti armati».

E l’Unione europea difende l’accordo firmato lunedì con il Ruanda e rigettato dal governo congolese che lo  accusa di volersi impossessare di risorse altrui. Attraverso il suo “Portale Globale”, l’Ue si dice «Pronta a collaborare con partner pronti a impegnarsi in progetti  sostenibili e responsabili», come l’accordo con il Rwanda che consente la fornitura di quelle che l’Ue classifica come materie prime critiche e che, almeno in RDC, sembrano grondare sangue, miseria, disperazione e guerra.